Almodóvar racconta l’imperfezione al femminile, e fa centro
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Almodóvar racconta l’imperfezione al femminile, e fa centro

di Andrea Giordano

“Madres paralelas”, il nuovo lavoro di Pedro Almodóvar, con Penelope Cruz, fulmina il Lido

L’universo femminile (e femminista), questa volta imperfetto, quanto complesso, ma tanto amato da Pedro Almodóvar, l’autore di culto di titoli come Volver, Tutto su mia madre, Donne sull’orlo di una crisi di nervi e Kika, prende nuovamente forma nel film-apripista della Mostra del Cinema di Venezia, Madres paralelas, tra i film in lizza per il Leone d’Oro. Un’opera intensa, commovente, intrisa di contemporaneità e memoria storica, di resilienza e desiderio, che va dritta, senza paura, ad una verità da ricercare a tutti i costi, personale e collettiva.

Madri parallele dunque, che segnano il ritorno alla Mostra del Cinema di Venezia del regista spagnolo, già premiato nel 2019 col Leone d’Oro alla carriera, nella sua accorata esplorazione riguardo al mondo delle donne: fragili, forti, indipendenti, che questa volta, al di là delle due protagoniste (una sempre formidabile Penélope Cruz, l’attrice più amata, per loro la settima collaborazione, e la bellissima scommessa Milena Smith, 24 anni) tocca molto altro, dal divario generazionale all’ essere-diventare genitori, al confronto con l’inevitabile (e inaspettato), il destino che cambia le carte in tavola, e rimette in discussione. Se da un lato Dolor y Gloria era stato un ritratto autobiografico sul Pedro bambino – uomo – artista, questo ennesimo viaggio, ‘un regalo’, dice la Cruz, invece, prova, partendo dalla maternità (non attesa) di due donne, che gradualmente costruiscono un rapporto solidale e d’amicizia, pronte ad esplorare qualcosa di più universale, in cui molti (molte) protagoniste cercano di far luce su se stesse, quanto su una storia, quella di un Paese, in cerca di ritrovare finalmente pace e giustizia. Pace, conforto, affrontando anche un passato tragico, come quello della Guerra Civile Spagnola, avvenuta tra il 1936 e il 1939, sotto la cruente dittatura di Francisco Franco e dei falangisti, e di quella delle tante fosse comuni (in Spagna mancano i fondi su questo tema) dove si trovano ancora numerosi dispersi, i desaparecisos, uomini, ma non solo, uccisi in quel periodo, e sepolti all’oscuro di tutti. 

Ecco che allora il coraggio magnifico delle donne, di spessore e vita, che attraversa lo sguardo di madri, amiche, complici, generazioni, quelle che d’un tratto devono affrontare un cambiamento cruciale per le loro esistenze, quelle, che dall’altro, vogliono chiudere una parentesi tragica della loro vita, guardando al futuro, e non più indietro. Unite, insieme, solidali, nonostante tutto e tutti, nonostante un destino, a volte fatale e beffardo, che deve, e può, essere esorcizzato e affrontato.

«Da piccolo sono stato cresciuto, educato, da figure femminili onnipotenti, ha detto Almodóvar, e che per molto tempo mi hanno ispirato. Adesso volevo raccontare madri imperfette, con qualcosa da risolvere nella loro vita, prive di quel senso materno. Volevo altresì far luce sulla situazione in Spagna e sul suo rapporto con la memoria storica, una questione ancora sospesa, un debito morale che abbiamo nei confronti dei tanti desaparecidos, rapiti, gettati nelle fosse comuni, e privi di dignità: dar visibilità al fatto che finché non avremmo pagato davvero questa cosa, non potremmo chiudere la nostra storia recente e riguardo a quello che successe all’epoca». E sulla Cruz, aggiunge «La ammiro come attrice, parliamo lo stesso linguaggio, ogni volta, riesce a darmi il massimo. È una grande lavoratrice, non spreca mai tempo, e soprattutto ha una fede cieca in me. Questo da coraggio nel sentirmi più forte»