Gilles Villeneuve, il funambolo della Formula 1 in 10 scatti iconici
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Gilles Villeneuve, il funambolo della Formula 1 in 10 scatti iconici

di Digital Team

Moriva 40 anni fa nel maledetto incidente di Zolder. Tutto passione e coraggio, sempre oltre il limite, bucò i cuori di tutti. Per primo quello dello scorbutico Enzo Ferrari, che tanto lo amava

Gilles Villeneuve ha vinto solo sei gare, mai un mondiale, eppure è rimasto nella storia della Formula 1 e della Rossa: nessuno come lui ha alimentato il mito del Cavallino. Enzo Ferrari, gigante scorbutico e illuminato che in lui rivedeva Tazio Nuvolari, lo amava tanto, anche se quando sbagliava gli levava contro grandi urla.
«Quando mi guardo indietro vedo tutti quelli che ho amato. E tra loro vi è anche questo grande uomo, Gilles Villeneuve. Io gli volevo bene», disse dopo la sua morte il Commendatore, che sorprese tutti quando nel 1977 decise di ingaggiarlo, allora sconosciuto campione canadese di motoslitte, per sostituire Niki Lauda, bi-campione del mondo.

Gilles Villeneuve
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Gilles Villeneuve nella Ferrari 312T4 n. 12 al Gran Premio di Gran Bretagna sul circuito di Silverstone a Northampton, 14 luglio 1979

Carattere non facile, volto candido da bambino, Gilles Villeneuve in pista era istinto puro. «Per lui guidare una motoslitta sulla neve o una Formula 1 sull’asfalto non faceva differenza. Si sarebbe comportato allo stesso modo al volante di un trattore o di una utilitaria», ha detto recentemente di lui Piero Ferrari, vicepresidente della Scuderia di Maranello.

«Per lui guidare una motoslitta o una Formula 1 non faceva differenza»

Combattivo, dallo stile di guida irruento e generoso, tutto cuore e coraggio, Gilles Villeneuve ha regalato inseguimenti e derapate da brividi, battaglie all’ultimo respiro, cercando varchi impossibili. Sempre oltre il limite. Come quel maledetto 8 maggio 1982, 40 anni fa, quando durante le qualifiche del Gran Premio del Belgio a Zolder centrò la ruota posteriore della McLaren di Jochen Mass e la sua Ferrari 126 C2 volò in alto, carambolando più volte su sé stessa per poi franare disastrosamente sul terreno: la vettura a pezzi, lui sbalzato via contro le reti di recinzione. Moriva a soli 32 anni.

Gilles Villeneuve
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Gilles Villeneuve prima della gara di Brands Hatch, 15 aprile 1979, Fawkham, Inghilterra

In quei giorni Villeneuve portava con sé una rabbia che, con il suo solito impeto temerario, trasferiva sull’asfalto. Solo due settimane prima a Imola c’era stata la grande incomprensione con il compagno di squadra Didier Pironi. O meglio, il grande tradimento secondo Gilles Villeneuve, uomo di audacia e lealtà, legato al codice d’onore della pista. Le due Ferrari erano in testa, Villeneuve davanti, Pironi dietro, quando dal box si alzò il cartello con la scritta “Slow”, ovvero mantenere le posizioni e abbassare il ritmo per non mettere a repentaglio la doppietta rossa. Villeneuve alzò il piede dall’acceleratore, Pironi lo sorpassò e arrivò primo. Fu la fine di un’amicizia.
A fine gara Gilles Villeneuve aveva perso il suo consueto sguardo dolce, era furioso: «Credevo di avere un amico, un onesto compagno di squadra. Invece è un imbecille». E poi la parola fine: «Con lui ho chiuso, non gli parlerò mai più».

Gilles Villeneuve
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Gilles Villeneuve, 23 settembre 1980

Gilles Villeneuve aveva una purezza d’animo antica. Adorato dal pubblico per il suo folle ardore, non era però uno sprovveduto e metteva correttezza e amicizia sopra a tutto. «A me non interessa vincere il mondiale, a me interessa correre più veloce»: una frase che è tutta l’essenza dell’Aviatore, come era stato soprannominato per i suoi continui “voli”, incidenti e fuoripista. Un pilota che sfidava la velocità per spirito di avventura.

«Macinava semiassi, cambi, frizioni, freni»

«Con la sua capacità distruttiva che macinava semiassi, cambi, frizioni, freni ci insegnava anche cosa fare perché un pilota potesse difendersi in un momento di necessità», le parole di Enzo Ferrari. «È stato un campione di combattività, ha aggiunto notorietà a quella che la Ferrari già aveva».
Uno dei suoi primi incidenti fu davvero tragico e rischiò però di troncargli la carriera sul nascere: nel Gran Premio del Giappone del 1977, nel tentativo di sorpasso Villeneuve urtò la Tyrrell a sei ruote di Ronnie Peterson e la sua Ferrari schizzò oltre il guardrail uccidendo un commissario di percorso e un fotografo. Per Villeneuve sembrava già la fine. Ma Enzo Ferrari aveva visto in lui qualcosa di speciale.

Gilles Villeneuve
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Alain Prost e Gilles Villeneuve al Gran Premio di Monaco, 1 giugno 1981

A lanciarlo nella leggenda fu il Gran Premio di Francia del 1979, con quello che fu ribattezzato il duello di Digione, uno dei più spettacolari della storia della Formula 1: negli ultimi tre giri Gilles Villeneuve, in crisi con i freni, battagliò per mantenere la seconda piazza contro René Arnoux su Renault, ruota contro ruota, come all’autoscontro. «È stato pazzesco, ma solo Gilles poteva farlo», ricordò poi Arnoux. «Mi fidavo perché era Gilles. Forse non avrei provato a combattere così ferocemente con un altro pilota. Gilles era la spontaneità stessa».

«Mi fidavo perché era Gilles Villeneuve»

Dal canto suo Gilles Villeneuve, con genuinità impavida e disarmante, ad Arnoux diceva: «René, finché abbiamo lo sterzo e i freni possiamo fare qualcosa». Ecco chi era Gilles Villeneuve.
Per i quarant’anni dalla morte la Rai presenta il documentario L’Aviatore di Giangiacomo Di Stefano, che ripercorre la storia del campione canadese, su Raiplay dall’8 maggio e in prima serata su Rai 2 il 10 maggio.