Il basket come fonte d’ispirazione per l’arte
David Hammons, Untitled, 2000. © David Hammons. Courtesy de l'artiste et Pinault Collection. Photo Florent Michel

Il basket come fonte d’ispirazione per l’arte

di Elena Bordignon

Che lo sport sia uno delle fonti di ispirazione di molti artisti è risaputo. Trionfi, vittorie, collaborazioni, ma anche sfide, istinti brutali, cadute: gli stimoli che uno sport come il basket suscita, solletica l’estro artistico sempre a caccia di emozioni forti e immagini incisive.

L’arte contemporanea ha fatto spesso man bassa dell’iconografia legata allo sport e il basket sembra essere quello che maggiormente stimola la creatività degli artisti, per più di una ragione. Soprattutto negli Stati Uniti, è risaputo che il basket è molto più di un gioco di squadra, è anche una forma culturale e sociale. Dalla sua invenzione alla fine del ‘800 come attività ricreativa per ragazzini turbolenti all’industria miliardaria di oggi, il basket è diventato una forma espressiva e il soggetto di molte opere d’arte.
Di esempi ne potremmo fare a decine, ma ci concentriamo su quelle opere che, oltre ad avere un forte impatto visivo, approfondiscono il tema del basket anche per il suo valore simbolico.
Iniziamo col citare uno tra gli artisti più celebrati negli Stati Uniti, David Hammons, autore di opere dissacranti e ironiche. Hammons ha realizzato una serie di disegni facendo rimbalzare su della carta dei palloni da basket coperti di “sporcizia di Harlem”. Distintosi per il suo modo di trattare temi legati agli stereotipi e ai pregiudizi sulle questioni razziali, Hammons ha esplorato con quest’opera le associazioni e i cliché legati all’esperienza e alla cultura dei neri americani.
Nel 1986, per un progetto di arte pubblica, Hammons ha realizzato Highers Goal: cinque pali del telefono borchiati con tappi di bottiglia, con alla cima dei tabelloni da basket, completi di canestro e rete, sempre ricoperti di tappi.

Nell’importante galleria di David Kordansky a Los Angeles, Derek Fordjour ha dipinto un ritratto di Michael Jordan che, in pantaloncini e canotta gialli, raccoglie da un albero delle mele, come fosse un Adamo contemporaneo in un surreale paradiso, dove lo attende una Rolls Roice.
Nella sua mostra alla Lisson Gallery di Chelsea, Hungh Hayden ha presentato dei canestri da basket realizzati con rattan, capelli e rami di vite essiccate. L’effetto è quello di oggetti molli e cadenti, che solo vagamente ricordano i gesti veloci e muscolari dell’attività sportiva. L’artista ha voluto ricordare le sedie fatte a mano di quando era bambino, mischiate con uno dei simboli più indiscussi della cultura visiva americana, appunto il canestro del basket.
Tra le opere più iconiche non possiamo non citare quelle dei due massimi artisti pop, i quadri di Andy Warhol dedicati agli atleti, in particolare il ritratto del giocatore di basket Kareem Abdul-Jabbar e la serie di sculture tank di Jeff Koons: delle teche dove uno, due o tre palloni da basket vengono inseriti in teche di vetro, fluttuanti e statici, apparentemente immersi nell’acqua.
Per citare dei giovani talenti, abbiamo scelto tre artisti che lavorano in questa lunga tradizione di riferimento al basket per meditare su questioni sociali, parlare direttamente alle loro comunità o semplicemente evidenziare la bellezza del gioco. Awol Erizku, artista di origini etiopi ma di casa a Los Angeles, nella sua ricerca unisce storia dell’arte e hip hop con la diaspora africana. Prendendo ispirazione dalle sculture minimaliste di Donald Judd, crea delle composizioni con ciò che trova per strada. Tra questi oggetti il tabellone e il canestro del basket sono gli oggetti che usa con molta frequenza.

Kevin Beasley vive e lavora a NY e utilizza scultura, suono, video e performance per produrre opere che riflettono sia sulle sue esperienze personali che collettive, in relazione al concetto di ‘razza’. In una mostra recente da Casey Kaplan a New York, Beasley ha esposto una serie di collage realizzati con le maglie della NBA,  comprese quelle dei giocatori Stephen Curry, Draymond Green, James Harden, Derrick Rose e John Wall. Le opere sono degli omaggi alle stelle della NBA, ma hanno anche un doppio significato: i nomi dei giocatori richiamano sia delle spezie – curry, rose – che altri concetti come l’avidità, l’apatia, lo sfruttamento, la xenofobia e il conflitto globale.Meno impegnata è la ricerca di Victor Salomon che in diverse opere ha messo al centro proprio i tabelloni da basket: o rifacendoli in mosaico di vetro colorato, oppure trattando la rete del canestro come fosse un preziosissimo lampadario liberty.  Due anni fa ha restaurato un intero campo da basket all’aperto a Los Angeles con la tecnica del kintsugi, che consiste nel riparare ceramiche rotte con oro e argento liquidi. Lui ha riempito crepe e imperfezioni con questa tecnica, impreziosendo un luogo altrimenti abbandonato e in balia di giocatori scalmanati.
Ultimo esempio che esula dallo stretto ambito dell’arte è quello che si è creato nella moda, grazie alla collaborazione tra l’artista Josh Smith e Givenchy. Per la collezione Primavera/Estate 2022, l’artista ha realizzato per il marchio una borsa dove la lanterna di zucca tipica delle feste di Halloween incontra un pallone da Basket. Il risultato è una simpatica pochette da portare, non senza un po’ di ironia!