Incredibile, ma questa è arte?
Tracey Emin, My Bed, 1998

Incredibile, ma questa è arte?

di Elena Bordignon

Tra provocazione e ricerca del sensazionalismo spesso l’arte ha avuto esiti decisamente imprevedibili. Vi raccontiamo un po’ di opere d’arte irriverenti

L’inizio della fine sembra coincidere con una figura importantissima per l’arte contemporanea: parliamo del padre dell’arte concettuale, Marcel Duchamp, quando nel 1917 presentò in una mostra un orinatoio capovolto, dal titolo “Fontana”. Dopo questo affronto provocatorio – perchè così venne recepito – Duchamp coniò il termine ‘ready-made’ (manufatto di serie), per definire “tutte quelle cose che non erano opere d’arte e che non corrispondevano a nessuno dei termini accettati dal mondo dell’arte”. Ma prima dell’orinatoio, ci furono una ruota di bicicletta, uno scolabottiglie e perfino una pala per spalare la neve. E’ passato oltre un secolo e ancora oggi il mondo dell’arte spesso si strugge per gli azzardi di alcuni artisti irriverenti. 

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Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta (1913 [1951], New York, MoMA

Basti pensare a Maurizio Cattelan che non ha lesinato su opere d’arte che non solo hanno fatto storcere il naso a più di un critico, ma che hanno anche fatto inorridire chi di arte non ne mastica per niente. Pensiamo ai tre bambini impiccati in Piazza XXIV Maggio a Milano, ma potremmo citare anche la banana attaccata con lo scotch venduta a 120mila dollari durante la fiera d’arte Art Basel Miami, o il cesso d’oro 18 carati esposto nell’autunno 2016 al Guggenheim di New York. Al di là delle provocazioni, di sculture che sembrano tutto fuorché opere la storia dell’arte, da oltre un secolo, ne è costellata. Senza voler stilare una lista esaustiva, siamo andati alla ricerca di opere che, al di là della bizzarria o della provocazione, hanno suscitano la semplice domanda: ma questa è arte?

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Maurizio Cattelan, America Foto Guggenheim Museum

Che pensare della ‘Merda d’artista’ di Pietro Manzoni, del vuoto esposto nel 1958 da Yves Klein o dei 12 cavalli esposti alla galleria L’Attico di Roma da Joseph Kosuth? Ha giocato sul filo del pericolo invece, Chris Burden che nel 1971 ha chiesto ad un amico di sparargli una rivoltellata in un braccio per poi immortalare il gesto in una fotografia, Shooting Piece. Ma potremmo citare anche la nota performance Rhythm 0 dell’artista Marina Abramović, avvenuta nella galleria Studio Morra di Napoli nel 1974. L’artista serba – a cui sarà dedicata una grande retrospettiva dal 23 settembre al 10 dicembre 2023 alla Royal Academy of Arts di Londra – per sei ore è diventata un vero e proprio oggetto a cui il pubblico poteva fare (quasi) tutto ciò che voleva: schiaffeggiarla, percuoterla con rami spinati, toglierle capelli e vestiti. 

Avvicinandoci all’oggi, negli anni ’90 il noto fotografo americano Andres Serrano ha fatto una serie di fotografie che suscitò scalpore e indignazione: The morgue (1992) è costituita da immagini macabre e scioccanti di dettagli di persone defunte ritratte negli obitori. Sempre di Serrano anche la nota Piss Christ: la foto raffigura un piccolo crocefisso di plastica immerso in un bicchiere di vetro contenente l’urina dell’artista. Sempre di quegli anni ricordiamo l’inglese Tracey Emin, che espose nel 1998 alla Tate Britain, My Bed, composta dal suo letto sfatto attorniato da bottiglie di liquore vuote, oggetti personali e abbigliamento intimo. Negli stessi anni veniva alla ribalta anche Damien Hirst, con l’opera che lo rese uno degli artisti più famosi al mondo: un grande squalo dentro una vasca trasparente di formaldeide. Poi vennero le sue farfalle iridescenti imprigionate in lacca brillante, le pillole colorate in cabinets per medicinali e il teschio umano ricoperto da più di 8000 diamanti. 

Un altro artista inglese la cui ricerca si allontana decisamente da quelli che sono i labili confini espressivi dell’arte, è Jeremy Deller, definito da un noto critico come «pifferaio magico della cultura popolare». Tra le sue opere più famose citiamo Battle of Orgreave (2001): un’esposizione composta da video, fotografie, documentazioni, oggetti e disegni che commemorava uno scontro tra poliziotti e minatori avvenuto nello Yorkshire del sud nel 1984. 
Anche la ricerca di Elmgreen and Dragset, il duo di artisti danesi, con più di un’opera ha attirato l’attenzione per l’umorismo arguto e sovversivo, tra cui il progetto Prada Marfa, una boutique di Prada inaugurata nel 2005, situata nel deserto texano o la grande installazione Short Cut del 2003 per la Fondazione Trussardi: una macchina che traina una roulotte che sbuca all’improvviso nell’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele di Milano. 

Un altro duo che potremmo citare è quello svizzero di Fischli-Weiss con il loro più noto capolavoro, il video The Way Things Go (1986-1987) in cui scatole, piatti, pezzi di legno, candele, copertoni e teiere crollano sotto un domino inarrestabile, rincorrendosi in una catena di reazioni dagli aspetti comici e surreali. Sempre nell’ambito delle stranezze, concludiamo con un’opera scaturita da quella che è stata definita l’“insana genialità’ di Wim Delvoye, la grande installazione Cloaca (2000). L’artista ha creato artificialmente i processi digestivi di un essere umano: in una bocchetta si inserisce frutta, verdura, altro cibo; questi passano per una serie complicatissima di tubi e contenitori dove si coltivano i batteri adibiti alla digestione, poi, alla fine dei vari processi, escono feci umane.