Kevin Spacey sta per tornare ed è pronto a raccontare la sua storia

Kevin Spacey sta per tornare ed è pronto a raccontare la sua storia

di Andrea Giordano

Kevin Spacey, l’attore Premio Oscar, torna a parlare in pubblico dopo 5 anni di silenzio. L’appuntamento sarà il 16 gennaio al Museo del Cinema di Torino

Kevin Spacey, il doppio Premio Oscar per American Beauty e I soliti sospetti, ha finalmente deciso di interrompere il digiuno di parole, concedendosi per la prima volta il 16 gennaio prossimo, in una Masterclass col pubblico (sold out da giorni) e poi ad un incontro prima della proiezione di uno dei suoi film più rappresentativi, American Beauty appunto. Un evento nell’evento unico, organizzato nell’ombra e scrupolosamente da Marco Fallanca. Il colpo a cui tutti miravano, in particolare negli Stati Uniti, lo ha sferrato invece l’Italia, il Museo del Cinema di Torino, che ha messo in piedi (restrizioni e limiti inclusi) quello che si preannuncia davvero uno degli appuntamenti di inizio 2023 più importanti. Ma ripercorrere le tappe di un interprete del calibro di Spacey capace di attraversare qualunque ruolo, e diventare uno dei simboli assoluti di Hollywood, è una sfida sempre affascinante.

Dal teatro al cinema, e viceversa

Dagli studi di recitazione alla Juilliard e a New York nel 1981, Spacey fa infatti il suo debutto prima sul palcoscenico in Enrico IV, Parte I a Central Park, instaurando così un rapporto cruciale col teatro, che negli anni sarà uno dei linguaggi in cui si esprimerà al meglio, vincendo nel 1991 un Tony Award con Lost in Yonkers di Neil Simon, ma lavorando in particolare anche come Direttore artistico dell’acclamato dello storico Old Vic di Londra (dal 2013 al 2015). L’esordio al cinema arriva invece nel 1986, la pellicola è Affari di cuore, diretto da Mike Nichols. Il resto, se pensiamo agli anni ’90, è storia da leggenda e indiscussa. Prima con Alan J. Pakula in Giochi d’adulti, nel 1994 è sul set di Il prezzo di Hollywood dove interpreta Buddy Ackerman, mentre dal 1995 al 1999 arrivano i ruoli memorabili. Da I soliti sospetti di Bryan Singer (nel ruolo di Roger ‘Verbal’ Kint) al serial killer di Se7en di David Fincher, l’attore americano (nato a a South Orange, nel New Jersey) inizia oltremodo a dirigere colleghi come Matt Dillon, Faye Dunaway e Viggo Mortensen, succede in Insoliti criminali.

Altre perle di recitazione arrivano poco dopo: L.A. Confidential di Curtis Hanson, Mezzanotte nel giardino del bene e del male di Clint Eastwood, Il negoziatore di F. Gary Gray, e la seconda svolta (più relativa statuetta) di American Beauty di Sam Mendes, nei panni di Lester Burnham. Un viaggio straordinario, il suo, nel quale non si possono dimenticare, altri titoli, The Big Kahuna, Un perfetto criminale, La vita di David Gale, il suo Lex Luthor in Superman Returns, 21, e chiaramente, dal 2013 al 2017, la serie House of Cards (dove è stato anche produttore esecutivo), interpretando il cinico Frank Underwood, per cui vince tutto, dal Golden Globe, a due SAG Award, ricevendo ben cinque nomination consecutive al Premio Emmy.  

Tra accuse di molestie, (prime) assoluzioni e rinascite

Amato e idolatrato da diverse generazioni, ben voluto da Presidenti come Clinton e Obama, (santo o demone?), per Spacey l’incubo personale e artistico arriva nel 2017, a causa di una serie di accuse pesantissime di molestie e abusi. Tutto è iniziato il 29 ottobre di quell’anno, poco dopo l’uscita di Baby Driver e sull’onda globale del successo della serie, House of Cards, in onda su Netflix, dalla quale fu successivamente licenziato, proprio nel momento in cui a tenere banco c’era il caso del produttore Harvey Weinstein, processato e finito in manette.

A puntare il dito l’attore Anthony Rapp, per un fatto accaduto (dichiarava) nel 1986, quando Spacey aveva 26 anni e lui solo 14. Un caso, per cui erano stati chiesti 40 milioni di dollari di risarcimento per cui, 5 anni esatti dopo, una giuria di New York lo ha assolto, perché il fatto non sussiste. Nel frattempo altre voci si sono mosse contro Spacey, dagli otto membri della troupe di House of Cards, al figlio dell’attore Richard Dreyfuss e quello della giornalista Heather Unruh (poi archiviato), fatti risalenti al periodo in cui era direttore artistico dell’Old Vic, accuse per cui non si è scritta la parola fine. Da qui l’esilio forzato, la decisione di interrompere ogni attività, per farsi anche curare dalla dipendenza da sesso.

Per la prima rinascita (pubblica) e artistica bisogna attendere il 2019. A riuscire nella prima impresa unica il poeta italiano Gabriele Tinti, che lo porta al Museo nazionale romanzo di palazzo Massimo di Roma, nel quale recita dal vivo una delle sue poesie, Il pugile a riposo. Nel frattempo nuove imputazioni (le ultime a maggio di quest’anno), condanne di risarcimenti, battaglie legali e udienze per rivendicare la propria innocenza, ma anche spiragli per riprendere a recitare, come L’uomo che disegnò Dio diretto da Franco Nero, e l’imminente 1242 – Gateway to the West, regia di Péter Soós. Tappe di avvicinamento, a intervallare l’attesa, che terminerà il 16 gennaio: un momento liberatorio, voluto, per ringraziare la stampa italiana e il pubblico, nel quale racconterà solo (chissà) la sua storia di attore, dialogando col direttore del Museo del Cinema, De Gaetano, ricevendo infine l’ambita Stella della Mole. Così, per un attimo, il talento ritornerà in scena e saremo lì ad ascoltarlo.

In apertura Kevin Spacey tiene il suo cane nero mentre è seduto su una panchina fuori dal ristorante. (Foto di Ian Cook/ archivio storico di Getty Images)