Mai così “Reale”: Kristen Stewart incarna Lady Diana
Courtesy of Pablo Larraín

Mai così “Reale”: Kristen Stewart incarna Lady Diana

di Andrea Giordano

“Spencer,” la nuova pellicola di Pablo Larraín, riporta in vita Lady D, e regala a Kristen Stewart il ruolo della vita

Una fiaba tratta da una tragedia vera.L’incipit non ammette repliche, la storia, quella che di lì a poco verrà raccontata, i tre giorni cruciali della vita di Diana Spencer, dalla vigilia del Natale 1991 a Santo Stefano (il Boxing Day come lo chiamano in Inghilterra) stanno per prendere forma. Malinconica, avvolta da una bellezza impareggiabile, aristocratica, molto più di chi la circonda, sa che il suo tempo a corte, nella famiglia reale, sta per concludersi, e lo deve manifestare. Cerca la svolta, il cambiamento, perché soffrire, in silenzio, inascoltata, non deve più accadere. Spencer, l’ultimo lavoro di Pablo Larraìn, in concorso per il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia che qualche anno fa aveva già tratteggiato la figura di Jackie Kennedy, in Jackie, adesso azzarda il tentativo, spingendosi col suo tocco stilistico, fino all’interno del gotha della monarchia, raccontando, non è comunque la prima volta, un momento cruciale della Principessa del Galles, la più amata dal popolo british, e non solo.

Rinchiusa in una gabbia dorata, com’è la dimora di Sandringham House, seguita, circondata da regole e restrizioni, rituali e ossessioni, a cui spesso vorrebbe sottrarsi, foto istituzionali, cene di circostanza, apertura dei regali. Ma lì ci sono William ed Henry, da proteggere, a cui insegnare con forza che la libertà ha un prezzo, così il desiderio di dar sfogo alla propria indipendenza, gli ideali in cui bisogna credere, quella volontà di spiccare il volo ed essere normale. La vita non è solo quella, esiste un mondo fuori, una realtà reale, nella quale potersi ritrovare davvero. Kirsten Stewart arriva ad incarnarla forse realizzando il suo miracolo d’attrice più importante, nelle movenze, in quelle timidezze e insicurezze, nelle debolezze di fronte all’esposizione mediatica, ai fotografi, agli inchini, a quel peso-responsabilità che si porta dietro da quando si è sposata con Carlo. Troppo soffocante il regime, troppo stretto. Lei, capace di generare come non mai affetto, amore incondizionato, tra la gente, tanto e forse più della regina Elisabetta stessa, sente di dover trovare altre strade.

«Credo che Diana, da vera outsider avesse quest’aria di normalità, intimità e amicizia che attirava le persone, desiderava solo ricevere le stesse cose in cambio, racconta Kristen Stewart. Per certi versi è ancora un personaggio misterioso, che fa sentire gli altri così bene, ma dentro sta così male. Non ci sono tante donne così nella storia: lei si faceva notare immediatamente. Nel mondo della moda c’è sempre l’aspirazione di elevare persone e prodotti, renderli intoccabili, lei invece era una persona bellissima e splendidamente vestita, ma toccabile. Dava l’impressione di potersi togliere le scarpe e venir lì a parlare con te. Noi donne, prosegue, non dobbiamo fare tutto, possiamo scegliere i nostri riferimenti. Io non amo la rigidità imposta, ma a me è permesso fare un errore, spaventarmi, a lei no. Era la donna più famosa del mondo, le sue foto erano ovunque, ma nessuno può veramente sapere come si sentisse, voleva solo avere la possibilità di raccontare una storia».

E il film ci porta proprio in quella direzione, in un lasso di tempo breve, dove la vediamo lottare con la bulimia, nonostante i menù creati dallo chef ufficiale, uno dei pochi a parlarle in confidenza, insieme all’assistente personale, Maggie, l’autolesionismo, divisa tra le visioni di Anna Bolena, di cui legge vita e morte, e che le appare come rivelatrice e portatrice di verità, e le imposizioni. Alla fine, gli abiti per ogni occasione, colazione, pranzo, cena, le borse di Chanel, gli abiti-must, quello da sposa disegnato da David ed Elizabeth Emanuele, le giacche di lana merinos, cedono il passo finalmente a jeans e T-shirt, al McDonald, là dove riesce, o comincia, ad assaporare l’evasione tanto attesa. Londra sembra diversa allora. C’è qualcosa di romantico allora anche nell’interpretazione della Stewart, una nostalgia affascinante, dolorosa, che sembra fluttuare sopra il grigiore dei tanti occhi puntati, capaci di minarne lo spirito e quell’energia vitale. Non è perfetta, eppure macina realismo, al punto da trovarla una delle migliori Diane viste tra piccolo e grande schermo, chissà, se, papabile, di qualche premio tra qualche giorno. L’icona Lady D e il suo magnetismo, dunque, tornano ad una contemporaneità, e così tutto può rinascere.