L’archeologia futura di Daniel Arsham

L’archeologia futura di Daniel Arsham

di Elena Bordignon

L’artista ci racconta la sua fascinazione per il tempo che passa e come riesce a proiettare le sue opere in quello che lui chiama ‘futuro archeologico’. La sua ultima sfida? Uno smatphone di ultima generazione

Mischia archeologia e fantascienza, per realizzare degli oggetti che sembrano provenire da un futuro remoto. L’artista newyorkese Daniel Arsham è affascinato da come l’azione nel tempo trasforma gli oggetti quotidiani, rendendoli reperti archeologici che sembrano dei resti di lontane civiltà. La sua opera scultorea presenta calchi erosi di vari oggetti, realizzati con materiali geologici come sabbia, selenite e cenere vulcanica, per farli sembrare come fossero stati dissotterrati dopo essere stati sepolti per secoli. Riflettendo perfettamente il fenomeno dell’obsolescenza tecnologica, con la sua “archeologia fittizia” Daniel Arsham sembra beffarsi del concetto del ‘nuovo a tutti costi’ per ribaltarne il significato: il fascino del futuro è da ricercare nelle pieghe misteriose del passato. Oltre a lavorare con prestigiose gallerie e istituzioni museali, Arsham ha stretto importanti collaborazioni: ha creato scenografie per la Merce Cunningham Dance Company, ha lavorato per Adidas, ha collaborato con Dior e Pharrell Williams e nel 2020 è diventato direttore creativo per la squadra NBA Cleveland Cavaliers nel suo stato natale dell’Ohio.
La sua ultima sfida è la collaborazione con Xiaomi. L’artista ha trasformato l’ultimo modello Xiaomi 12T Pro in una vera opera d’arte – a edizione limitata – dall’estetica ‘Future Archeological’ che caratterizza le sue opere. Come ci racconta nell’intervista che segue, Arsham ha trattato la texture dello smartphone come fosse un materiale scultoreo, sottoposto all’erosione del tempo. “Ho concepito Xiaomi 12T Pro come se fosse una scultura il cui scopo esula dall’essere un oggetto funzionale; tra 20 anni le persone che lo possiederanno, non lo useranno più come un semplice smartphone ma come un oggetto scultoreo, legato a un particolare momento storico e che va al di là della sua funzionalità’ – racconta Daniel Arsham.

Le tue fonti di ispirazioni sono decisamente diverse. Dalla statuaria antica agli oggetti di uso quotidiano. Cosa ti attrae della realtà che ti circonda?

L’arte dovrebbe essere presente nella vita quotidiana delle persone, quindi gran parte del mio lavoro riguarda l’esplorazione e il coinvolgimento del mondo, al di là dei canali tradizionali dell’arte.

Danza, tecnologia, architettura, performance: come riesci a sintetizzare i diversi ambiti nelle tue ricerche?

Lavoro con molti mezzi espressivi diversi, fluttuando avanti e indietro tra design, tecnologia e arte. Sono sempre molto curioso di esplorare nuove discipline e le loro intersezioni, trovando in esse l’opportunità per espandere il modo in cui trasmetto le idee nel mio lavoro.

Nelle tue opere recenti, sembra che tu voglia raccontare la decadenza della società contemporanea. Che visione hai della realtà? Sei fiducioso?

Tendo a pensare al mio lavoro come a un invito per le persone a impegnarsi e ad interpretare le loro posizioni all’interno dei loro particolari momenti nel tempo.

Quando lavori in studio, ascolti e ti lasci ispirare della musica? Cosa ascolti di solito?

Di solito ascolto molto hip hop. Ultimamente sto ascoltando la colonna sonora di Euphoria e il nuovo album Drake. In generale, quando sono in studio, tendo a sentire un ampio mix di cose disparate.

Negli anni hai stretto molte collaborazioni. In quella recente con Xiaomi, hai immaginato uno smartphone molto particolare. Ci racconti come hai concepito Xiaomi 12T Pro?

Dopo uno schizzo iniziale di come pensavo dovesse essere l’oggetto e il suo packaging, ho fotografato un vero pezzo di bronzo con delle erosioni al suo interno. Con queste immagini abbiamo iniziato a fare delle prove e testate diverse tipologie di superficie per lo smartphone. Il team Xiaomi mi aveva inizialmente contattato, presentandomi questa straordinaria tecnologia di stampa che avevano sviluppato. Lavorando a stretto contatto con il loro team di sviluppo, abbiamo cercato di produrre dei campioni del telefono ricreando il tipo di bronzo patinato che applico nelle mie opere. Le superfici dei miei lavori sembrano apparentemente ossidate nelle ultime migliaia di anni all’interno di un lasso di tempo geologico molto lungo. Le superfici devono rivelare parti in bronzo lucidato e più riflettente, e parti ossidate che includano così anche la trama fisica della superficie dello smartphone. Lo stesso packaging è realizzato con il tipico materiale di imballaggio, ma creato su più livelli, con diverse funzionalità all’apertura dei vari strati, senza contare la stampa all’esterno che si avvicina molto all’idea di un pezzo di bronzo. Anche per quanto riguarda il software, ho creato una schermata di blocco unica che imita la colorazione e la superficie dello smartphone.

Come nelle tue opere, anche in Xiaomi 12T Pro, lo smartphone è rivestito di una patina di obsolescenza. Cosa ti attrae nella rappresentazione del tempo che passa?

Sono sempre stato interessato sia all’archeologia che alla fantascienza, così come al concetto di compressione ed espansione del tempo all’interno delle mie opere. Questo interesse si è poi tradotto nel prendere oggetti dalla nostra cultura attuale per proiettarli in un ‘futuro archeologico’ attraverso il loro cambiamento materiale. Se guardiamo a questo particolare smartphone, tra 10 o 20 anni potrebbe essere già obsoleto, sostituito da una nuova tecnologia futura, sia per quanto riguarda il suo dispositivo che la sua forma. Ma questo smartphone sarà sempre collegato a questo particolare momento come un oggetto scultoreo, preso dal presente e spinto nel suo “futuro archeologico”.