Torna l’appuntamento mensile dedicato ai consigli letterari. Un periodo incerto, in cui cambiano velocemente l’umore, il tempo, le intenzioni. Questa volta parliamo dell’arrivo dell’autunno. E di come affrontarlo con una buona lettura.

Quattro bambini girano spensierati per le strade del centro di Firenze, li sento gridar: “Vendesi mascherina usata…mascherina usata a 50 centesimiii”, qualcuno di loro ride, uno, il più piccolo, porta un pallone da calcio sotto al braccio mentre si avviano ai giardinetti poco lontani. Penso spesso, in questi giorni, alle matite perfettamente appuntate e in gradazione di colore, allo zaino dei Power Rangers o di Sailor Moon che tutti noialtri, vent’anni fa, portavamo sulle spalle a metà settembre, quella timidezza acustica che strideva nei primi saluti dopo due mesi di vacanze, il primo giorno di scuola.

Penso spesso alle braccia alate dei nostri genitori che ci lasciavano sospesi sulla porta.

Era facile, allora, cominciare anche l’autunno.

Jonathan Franzen, se posso permettermi, è un autore che dovreste leggere proprio in questa stagione. Pensavo di citarvi qualcosa da Le Correzioni ma poi mi sono ricordato di Più lontano ancora (Einaudi), una raccolta di riflessioni e racconti che l’Autore scrisse su un’isola dell’Oceano Pacifico (Masafuera) qualche tempo dopo l’uscita di uno dei suoi lavori più fortunati, Libertà. Franzen, che si destreggia fra fiction e realtà, che ha una tenuta narrativa saldissima sia quando parla di relazioni e social network che quando descrive paesaggi e animali, in questo testo fa i conti con la solitudine, col superfluo, con il senso di pesantezza della perdita e in ogni pensiero, a suo modo, mira a descrivere la tensione faticosa che noi uomini facciamo a rimanere lucidi e vigili di fronte alla nostra (dis)umanità.

Nadia Terranova, che nel 2015 vinse il Premio Bagutta opera prima con Gli anni al contrario (Einaudi) pubblica oggi Come una storia d’amore (Giulio Perrone editore), un libro di piccoli, delicatissimi, racconti che sono una sorta di dedica alla sua città di adozione, Roma, e più nello specifico al peculiare, cosmopolita, quartiere del Pigneto. Fra il mercato rionale, i tram e le botteghe di zona, quello dell’Autrice è un cammino a ritroso di chi si è spostato per scelta ed è rimasto per amore, di chi dedica a un luogo la sacralità e l’attenzione del passeggero. Il testo è una celebrazione al cambiamento, un inno a ciò che risorge multiforme. C’è una stagionalità, nelle pagine, che ruota e che impernia l’umore del lettore, lasciandolo pronto a nuove avventure, euforico e leggermente spaventato, proprio come ogni settembre.

Qualche settimana fa, grazie al sito di Nuovi argomenti, mi sono imbattuto in una dozzina di versi di Anna Maria Carpi, traduttrice della lirica tedesca contemporanea e autrice di saggi, romanzi e poesie. E non si sa a chi chiedere (Marcos y marcos) è un lavoro che ho amato molto: definito come una sorta di diario “post-moderno”, le parole dell’Autrice planano sopra emozioni e cronaca, realtà ed astrazioni, descrivendo un’incertezza gravida, che ci accomuna e ci fa disperare, eppure generosa, quasi confortante. Prima del dolore, oltre la felicità, resta questo senso di dubbio e di eterna ricerca di asilo come “rifugiati, a tavola in cucina che ceniamo, c’è vino e carne, il dolce, anche la frutta, aranci kiwi noci, poi il whiskino, caloriferi accesi, sul divano mano nella mano davanti alla TV, undici e mezzo in diretta le ultime notizie, e in queste ore forse un nuovo orrore.”

Anche Non buttiamoci giù (Guanda), irriverente, comico e molto crudo romanzo del talento inglese Nick Hornby, potrebbe valere un posto nella rosa dei libri per l’autunno, sebbene sia ambientato nella notte di San Silvestro, su un alto grattacielo londinese. La storia di un presentatore televisivo alle prese con una drammatica crisi esistenziale e in preda ad un forte istinto suicida, si incastra con quella di altri tre esseri umani, perdenti si potrebbe pensare sulle prime, che con lui devono dividere l’ultimo piano dell’imponente struttura assecondando, tutti, lo stesso desiderio: andarsene per sempre. Perdenti, dicevamo. O forse? Forse – suggerisce il romanzo, diventato anche un fortunato film con una magistrale Toni Colette ad interpretare la problematica Maureen Thompson – sentinelle disorientate, in attesa, bisognose. Con un ritmo di dialoghi serrati, la prosa asciutta e tagliente dell’autore di Alta Fedeltà, il romanzo sa infondere stupore, e grazia, anche senza eccessi né grandi speranze.

Speriamo sia lo stesso, per quest’autunno.