LoCar: dialogo tra arte, storia e paesaggio in un nuovo parco sculture

LoCar: dialogo tra arte, storia e paesaggio in un nuovo parco sculture

di Digital Team

Intervista a Barbara Crimella ideatrice, insieme a Daniela Gambolò, del programma di riqualificazione artistica e territoriale lungo il Cammino di Carlo Magno, dalla Lombardia al Trentino

Arte, storia e territorio. Sono questi i valori di LoCar, un progetto volto alla riqualificazione del territorio legato al Cammino di Carlo Magno, secondo la leggenda, avrebbe cavalcato l’imperatore romano durante la sua campagna di cristianizzazione dei luoghi compresi tra Lovere (BG) e Carisolo (TN), attraverso la Val di Sole e la Val Rendena e i comuni che si trovano lungo il fiume Serio tra la Lombardia e il Trentino.

All’interno di LoCar di inserisce un nuovo progetto, Parco Sculture, che prende il via con due opere,  The Place of Soul and Wind e Re LoCar, un’occasione per ridare bellezza a questi spazi naturali di grande valore ambientale e paesaggistico che altrimenti rischierebbero l’abbandono e l’incuria.

Il piano prevede l’istallazione di una serie di opere che verranno realizzate nei prossimi 5 anni sui 180 km del cammino, attraverso un disegno di riconversione territoriale, a disposizione dell’intera collettività, che rappresenterà di fatto un unicum a livello nazionale.

Re LoCar è opera dell’artista Tomaso Vezzoli e si trova a Carisolo (TN), tappa finale del cammino di Carlo Magno, mentre The Place of Soul and Wind, di Barbara Crimella, ideatrice dell’intero progetto insieme a Daniela Gambolò, apre il percorso. E proprio la stessa Crimella ci ha voluto raccontare di più della sua opera, dedicata al vento, e del progetto.

Ci racconti un po’ del tuo percorso?

Sin da bambina il disegno, la pittura e la realizzazione di piccole sculture con i materiali più disparati come tessuti, plastiche, cartone e legno, sono sempre state la mia unica passione. Ho frequentato il corso di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera con maestri e guide importanti. La mia ricerca artistica inizialmente si è focalizzata sull’analisi e conoscenza del mio corpo, realizzando opere che rappresentavano la mia pelle riprodotta in silicone, e diverse performance che coinvolgevano altre persone. Mi sono anche occupata della progettazione e realizzazione di vetrine e allestimenti, ricerca per stilisti, customizzazione di capi di abbigliamento. Amo in particolare modo la scultura, soprattutto mi piace concepire opere di grandi dimensioni, incastonate in paesaggi sia urbani sia naturali, capaci di innescare un dialogo tra l’interiorità dello spettatore e il luogo in cui vive, attraverso il raggiungimento di uno stato di sospensione temporale. La mia vita artistica ha avuto una svolta quando sono stata selezionata per una residenza artistica prima in India e in seguito presso il Borgo degli Artisti di Bienno, dove insieme a Daniela Gambolò, direttrice del Borgo, si è creata una sinergia creativa, che ci ha portate a ideare il progetto LoCar arte in cammino, un parco sculture che si snoda lungo il percorso di quasi 180 km.

Da dove nasce questo nome?

Il nome sta per Lo di Lovere e Car di Carisolo, tappe iniziale e finale del cammino, ma è anche il nome Carlo con le sillabe invertite. LoCar è stato inaugurato il 19 marzo con la mia scultura The Place of Soul and Wind a Berzo Inferiore e Bienno e con la scultura della mascotte del progetto Re LoCar, realizzata in cedro del Libano dallo scultore Tomaso Vezzoli, posizionata a Carisolo, tappa finale del cammino.

Per la realizzazione delle opere del Parco Sculture, hai utilizzato materiali sostenibili?

Assolutamente sì. È fondamentale per il mio lavoro che l’opera sia realizzata con materiali del luogo perché si possa integrare col paesaggio e le sue tradizioni. Per il progetto The Place of Soul and Wind, ho utilizzato materiali locali della Vallecamonica e naturali, come il porfido. Mi piace far trasparire le diverse lavorazioni effettuate, come nel caso della mia scultura Soglia, posizionata sul colle di San Michele a Berzo Inferiore, nella quale un elemento orizzontale in porfido racchiude la pietra naturale, i segni della sua estrazione e il taglio fatto dalle macchine. 

Perché l’idea di tante croci?

La croce racchiude in sé una forte simbologia e attraversa la storia e i luoghi sin dai tempi più antichi. Diverse sono le testimonianze ritrovate in Valle anche tra i segni delle incisioni rupestri. Ne ero rimasta affascinata sin da quando avevo realizzato l’opera Confessionale per la mostra Across the Cross. Ma è stato nel 2019, quando vidi oltre 100 croci differenti nel vecchio cimitero di Bagolino durante una mia flânerie, che ne rimasi rapita. Sembravano parlarmi come il vento. Il vento è sacro, è una preghiera del mondo, porta voci e odori da posti lontani, allo stesso modo la croce è testimonianza di un vissuto, un simbolo, un legame tra passato e presente. Ho voluto rappresentare nella mia opera croci differenti per dare l’idea di una comunione tra popoli e religioni. Il progetto The Place of Soul and Wind in Vallecamonica vuole infatti essere un omaggio al vento Ora del lago (Ora del Lach): ora, dal latino, significa anche preghiera, una preghiera che viene affidata al vento. Ecco che le croci sono il simbolo più intenso per poter descrivere questo concetto e allo stesso tempo recuperare questi luoghi, sottolineandone la loro importanza storica e la carica spirituale.

Ti avvali di collaboratori per realizzare le opere?

Mi confronto e collaboro con alcuni professionisti e collaboratori lungo tutto il percorso creativo: dal brainstorming iniziale alla realizzazione finale. Ne deriva uno scambio costruttivo, capace di arricchire entrambe le parti e che spesso sfocia in un legame continuativo. Per esempio in Giappone ho avuto l’opportunità di realizzare un’opera di land art in bamboo, facendomi aiutare da maestri: avvalermi della loro conoscenza è stato come apprendere un nuovo sapere.

Ci indicheresti 5 opere che hanno segnato la tua visione dell’arte? I tuoi “maestri”? A chi ti sei ispirata?

Difficile dire quali opere in particolare, più che altro ho artisti o architetti di cui mi appassionano la loro ricerca e le loro opere in relazione con lo spazio come Louise Bougeois, Richard Serra, Ando Tadao, Christo, Alexander Calder.

Quali influenze si ritrovano nella tua arte?

Sicuramente il concetto less is more è diventato molto forte all’interno del mio lavoro e la relazione col paesaggio e la cura dei particolari naturali su cui focalizzarsi sono diventate fondamentali. Ci sono delle sinergie molto profonde. Un esempio è il Giardino che realizzeremo insieme al maestro Enzo Satoru Tabata, Jukai e Vaprio Zanoni quest’anno, in occasione di Orticolario 2022.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Il mio desiderio è continuare a realizzare opere pubbliche, in dialogo con il paesaggio in cui sono inserite e in grado di evidenziarne le peculiarità intrinseche. Credo che ogni artista sia chiamato a diventare portavoce delle sinergie esistenti e provenienti dalla storia, dal sottosuolo, da ciò che esisteva prima in un determinato sito da conservare, e in qualche maniera debba creare un legame con ciò che esiste o che esisterà sulla superficie del suolo stesso. Una sorta di testimonianza storica, che parte dall’analisi e indagine scientifica delle peculiarità del territorio e del vissuto del luogo stesso, una relazione tra sotto e sopra, tra passato e presente, tra ciò che non vediamo e ciò che quotidianamente ci circonda, ma non siamo capaci di vedere e osservare.