Intervista al regista del film super raffinato che ha fatto scandalo

Nicolas Winding Refn, l’acclamato regista culto di titoli come Pusher e Drive, per un giorno diventa professore universitario, alla IULM di Milano, evento inserito nel progetto di Sky Academy, per presentare la sua ultima fatica, The Neon Demon (da ieri in sala) in concorso all’ultimo Festival di Cannes.

Un fascino apparentemente introverso, che nasconde invece un personaggio unico e di stile, che ama scandalizzare con gusto ed eleganza. In questo caso lo fa in una delle sue opere più complete “un horror senza horror” come sottolinea, dove si intravedono tracce che rimandano alle visioni di nomi come David Lynch o Dario Argento, “uno dei miei punti di riferimento”, dichiara, ma nel quale invece torna a imporre quei linguaggi, fotografici, sperimentali, ricchi di suggestioni, che oggi lo contraddistinguono come uno degli autori visionari e maggiormente ambiziosi.

La storia vive e si sviluppa sullo sfondo di una Los Angeles dal doppio volto, reale ed artificiale, quello dei sobborghi nascosti da un lato, contrapposta alle illusioni del mondo patinato e delle scalate sociali.

Ed è qui che la sua nuova musa-lolita, Elle Fanning, si muove per diventare la migliore delle modelle, scatenando gelosie e ritorsioni, facendola piombare, inevitabilmente, in un vortice di giochi pericolosi e ambigui. Refn racconta così il culto della celebrità, attraverso una ricerca raffinata, a tratti feticista, senza mai perdere il controllo sulla propria personalità.

“Il film è nato un giorno, alzandomi una mattina, e rendendomi conto, che per quanto ci provassi non ero per niente così attraente come pensassi. L’idea non mi non è sembrata male. Ho immediatamente pensato come sarebbe stato raccontare l’ossessione per la perfezione, il potere che scatena in chi non la possiede, vista però dal punto di vista di una teenager, ogni uomo in realtà ha una sedicenne che porta dentro di se. La bellezza in fondo non è tutto, qui è l’unica cosa”.

Un titolo che rimanda alle sue luci e ombre. “Sono nato negli anni ’80 proprio quando il neon era una tendenza viva, un elemento futuristico diffuso, ma glamour, aveva una sua identità, così ho pensato alla combinazione con l’entità demoniaca, il veleno che scatena invidie e violenza. Penso che rappresentare il male sia eccitante, più sono complessi i personaggi, maggiormente li ricordiamo, ammirandone la forza e l’iconicità.

“Una parte di noi – conclude – deve essere esorcizzata attraverso le immagini, talvolta ci può fare repulsione, ma da una parte scatena qualcosa di profondamente emozionale, è lì che voglio innescare la reazione”.