Perché Queer non è il film migliore di Guadagnino ma è il più sentito
Credits: Yannis Drakoulidis

Perché Queer non è il film migliore di Guadagnino ma è il più sentito

di Simona Santoni

Fedele all’adolescente che è stato, il regista siciliano amato a Hollywood porta sul grande schermo il libro di Burroughs. Tenera e brutale, una storia d’amore gay tra eroina, mescal e desiderio. È il suo film più personale, senz’altro, ma non il più bello

Tenero e brutale, Queer è una storia d’amore e di dipendenza, dal 17 aprile al cinema. Con Daniel Craig  perso tra drink, droghe e desiderio. «Il mio film più personale», ha detto Luca Guadagnino.

Annunciato come il suo film più bello, in verità non lo è. Sicuramente più pulsante e sincero di Bones and all, meno costruito e attento all’estetica di Chiamami col tuo nome, non è però la vetta del regista siciliano amato a Hollywood. Ecco perché.

Queer film Guadagnino
Credits: Yannis Drakoulidis
Daniel Craig e Drew Strarkey in “Queer”

Queer, il film di Guadagnino che esaudisce il suo sogno

Guadagnino adatta il romanzo breve Queer di William S. Burroughs, scritto tra il 1951 e il 1953 ma pubblicato solo nel 1985 perché considerato troppo scandaloso e ricco di omosessualità.
Il suo viaggio con Queer è iniziato quando ha letto il libro da adolescente. «Mi sono reso conto che ho pensato a William Burroughs, ho cercato William Burroughs e ho parafrasato William Burroughs per tutta la vita», ha detto nelle note stampa il regista, che con Chiamami col tuo nome regalò un Oscar alla miglior sceneggiatura a James Ivory.

Presentato in concorso alla scorsa Mostra del cinema di Venezia, da cui era uscito a mani vuote, Queer esaudisce il sogno che aveva il Guadagnino teenager. «Ho letto il libro a 17 anni. Da ragazzo volevo cambiare il mondo attraverso il cinema», aveva raccontato al Lido.

Ambientato nella Città del Messico degli anni ’50, vede Daniel Craig nei panni di William Lee, un espatriato americano sulla quarantina, che conduce una vita solitaria in mezzo a una piccola comunità americana, tra incontri occasioni con altri uomini, tequila ed eroina. L’arrivo in città del giovane Eugene Allerton (Drew Strarkey) lo spinge però a stabilire finalmente un legame significativo con qualcuno.

 «Il collegamento molto profondo che c’è tra i due personaggi, la descrizione su pagina di quello che c’è tra loro, l’assenza di giudizio: tutto questo mi ha cambiato per sempre», ha detto Guadagnino. «Il film Queer ora è qui perché voglio essere fedele a quel giovane che ero e che ha sempre pensato di voler portare il romanzo sul grande schermo».

Queer film Guadagnino
Photo by Dominique Charriau / WireImage / Getty Images
Drew Starkey, Luca Guadagnino e Daniel Craig al Lido di Venezia sul red carpet di “Queer”, 3 settembre 2024

Il sesso come un balletto di coreografie

In Queer è il personaggio di Craig ad amare e a desiderare di più, perdutamente. Il giovane ed enigmatico compagno non disdegna ma è distante. Anche se l’intento di Guadagnino non è raccontare un amore non contraccambiato, il loro rapporto si sviluppa come una dolce e tormentata ossessione.
«Questa è una storia universale sull’amore e sul modo in cui le persone possono ricambiare l’amore o sulla tragedia di non essere nello stesso posto nello stesso momento, ma entrambi innamorati»: le parole del cineasta.

Molto esplicito, il film mostra il sesso tra i due come una danza di corpi muscolosi all’unisono. Ci sono armonia ed eros, in una fisicità che si dispiega con libertà e charme. A guidare Craig e Strarkey nel loro ballo sensuale sono stati i coreografi Sol León & Paul Lightfoot. L’ex 007 ha fatto prove per mesi prima di girare.

Il terzo atto non è presente nel libro originale ma Guadagnino ha sentito necessario aggiungerlo, nello spirito di Burroughs. Nel racconto, i personaggi principali Lee e Allerton incontrano il dottor Cotter ma non viene data loro l’ayahuasca. Gli sceneggiatori hanno invece immaginato dove li avrebbe portati l’ayahuasca se l’avessero trovata.

Queer film Guadagnino
Credits: Yannis Drakoulidis
Immagine del film “Queer”

Il Guadagnino migliore? Io sono l’amore

C’è senz’altro più cuore in Queer che nel film precedente di Guadagnino Bones and all (2022), storia di amore e cannibalismo che invece a Venezia aveva vinto il Leone d’argento alla regia. E c’è meno artificio che in Chiamami col tuo nome (2017), altra love story gay dall’estetica affascinante ma poco viscerale.

Tra mescal ed eroina, la dipendenza d’amore, alcol e droga che percorre Queer è però molto ancorata alla Beat Generation e agli anni ’50 e fatica a tessere una connessione contemporanea. La narrazione è tortuosa, anche se riesce a trasferire sbandate e muri del desiderio.

Alla scorsa Mostra del cinema di Venezia, il direttore artistico Alberto Barbera aveva descritto Queer come il film più bello di Guadagnino. Ma secondo noi non è così.
Il nostro preferito? Io sono l’amore, anno 2009, ancor oggi saldamente al primo posto della sua filmografia. Algido e allo stesso tempo così sottilmente passionale, nelle meraviglie architettoniche di Villa Necchi a Milano, in un impianto visivo sorprendente, ergeva Tilda Swinton a eroina romantica, tra ipocrisie borghesi e disfacimento famigliare.

Queer film Guadagnino
Credits: Yannis Drakoulidis
Daniel Craig e Drew Strarkey in “Queer”

Le tante nuove avventure di Guadagnino

Infaticabile, dopo aver inanellato a distanza di poco tempo Challengers e Queer, Guadagnino ora sta lavorando al thriller After the hunt, su una professoressa universitaria che deve confrontarsi con il suo passato segreto. Nel cast Julia Roberts, Chloë Sevigny e Andrew Garfield. Quest’ultimo voleva lavorare con il regista italiano già in Io sono l’amore, ma poi non riuscì  per impegni.

In cantiere c’è anche Camere separate, tratto dal romanzo omonimo di Pier Vittorio Tondelli. Storia di uno scrittore italiano che piange la morte del suo fidanzato pianista, avrà nel cast la diva francese Léa Seydoux e il britannico Josh O’Connor, che già Guadagnino ha diretto in Challengers.