Rob Reiner, il ritorno di un culto

Rob Reiner, il ritorno di un culto

di Andrea Giordano

A Cannes abbiamo incontrato il grande regista per parlare  di passato e futuro, di Stephen King e del progetto di girare  il sequel del suo film culto del 1984, This is Spinal Tap

«Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha?». La battuta finale di Stand by Me – Ricordo di un’estate, adattamento cinematografico del 1986 di un racconto di Stephen King, Il corpo, è rimasta nella memoria di tanti, come anche il resto di quel film, che parla di amicizia e fratellanza, storia di formazione che tocca temi universali e trasversali. È anche un film sulla nostalgia (il protagonista torna con i ricordi a un evento che ha segnato la sua infanzia nel 1959), diventato a sua volta oggetto di nostalgia e uno dei film simbolo di quegli anni 80 ritornati di gran moda. Lo diresse Rob Reiner, grande regista capace di passare dalla commedia irriverente al cinema politico e d’impegno, marchiando quel decennio con capolavori come Harry ti presento Sally e Misery non deve morire, ma anche con un film meno noto che col tempo è diventato un culto: This is Spinal Tap è infatti un mockumentary, girato nel 1984, su una fittizia band heavy metal chiamata appunto Spinal Tap. Regista, produttore, sceneggiatore e attore, abbiamo avuto il privilegio di incontrare Reiner durante l’ultimo Festival di Cannes per parlare proprio del suo progetto di girare un sequel di quell’esilarante finto documentario che dovrebbe arrivare nei cinema a inizio 2024: «È difficile da spiegare: quando è uscito la prima volta la gente non l’ha capito, pensavano fosse vero. Venivano da me e dicevano: “Perché dovresti fare qualcosa su una band heavy metal così scarsa e di cui nessuno ha mai sentito parlare?” Ho detto, beh, è solo una satira, stiamo cercando di prendere in giro il sistema. E forse ci siamo riusciti. Sono passati 40 anni e adesso lo adorano. Me ne sono reso conto nel 2012: mi trovavo a una raccolta fondi per l’ex presidente Obama e c’era Elon Musk. Si presentò con un nuovo modello di auto Tesla: me la mostrò e poi, seduti nell’abitacolo, accese lo stereo e fece partire Hell Hole, una canzone tratta da quel film. Non un caso: abbiamo cambiato il lessico delle cose, senza accorgercene seriamente».


Rob Reiner attends the photocall of “This Is Spinal Tap” during the 75th annual Cannes film festival at Majestic Beach on May 18, 2022 in Cannes, France. (Photo by Andreas Rentz/Getty Images)

Ancora oggi Reiner si conferma una voce piena di energia, sempre un po’ fuori dal coro e rivendica senza timore un certo sguardo nostalgico, ma non per questo meno epico. Tra i suoi successi può vantare anche quello di essere riuscito a non deludere uno scrittore esigente come King: «Inizialmente nessuno studio voleva finanziare Stand by Me, in pochi ci credevano», ricorda Reiner. «Poi siamo riusciti a trovare sette milioni di dollari, coinvolgendo attori incredibili, a partire da River Phoenix e Kiefer Sutherland. È il mio lavoro, che preferisco, narra di scoperta, di pubertà, di quanto un legame forte tra quattro ragazzi possa effettivamente riflettersi in ognuno, anche oggi, pensando alla propria di vita, ai ricordi di un’estate, alle strade da percorrere, al destino. A differenza del testo originario mi concentrai molto sul personaggio di Gordie, che nel libro era più un osservatore, rendendo invece vivo il suo viaggio. Per questo è piaciuto a King, che dopo averlo visto mi disse che tra i film tratti dai suoi libri era “di gran lunga il migliore”. Non era uno di tante parole: sentire quelle fu liberatorio».