Roberto Benigni e Jamie Lee Curtis, Leoni d’Oro (alla carriera)
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Roberto Benigni e Jamie Lee Curtis, Leoni d’Oro (alla carriera)

di Andrea Giordano

La Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia celebra col massimo riconoscimento due grandi come Roberto Benigni e Jamie Lee Curtis

Protagonisti agli antipodi, verrebbe da dire, eppure così assolutamente simili nel diventare globali, a segnare una svolta, nell’imporre la propria visione, sul mondo, sull’arte, sulla recitazione e regia, sul provocare e fare spettacolo, iscrivendo il proprio nome nel libro storico del cinema. Roberto Benigni e Jamie Lee Curtis, celebrati alla Mostra del Cinema di Venezia, il primo, ieri nella serata d’apertura, che oggi concederà una masterclass, la seconda (l’8 settembre), sono entrambi i Leone d’Oro alla carriera, il premio più importante, per suggellare una vita professionale ricca, variegata, in cui di fatto si sono sempre messi in discussione.

Da un lato Benigni, nei 700 anni dalla morte di Dante, la sua ossessione-passione per la Divina Commedia, portata in giro per tutto il mondo, da divulgatore eccelso, lui che non avrebbe mai bisogno di presentazioni, ricordando (basterebbe) quel capolavoro che è La vita è bella, tre Oscar, tra cui la sua interpretazione, e la ventata irregolare, quanto rivoluzionaria, portata nel sistema. Esuberante ed irruente, ma ai limiti della gioia estrema, fin dagli esordi, a teatro, in televisione, e poi al cinema, già sublime provocatorio in Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci, o nel Pap’occhio di Arbore, o al debutto (a episodi) da regista in Tu mi turbi. Benigni, il campione di incassi, dietro-davanti la cinepresa, con Johnny Stecchino, La vita è bella, Il Mostro, Il piccolo diavolo, Non ci resta che piangere (co-diretto con Massimo Troisi) è diventato oltremodo il volto amato-voluto da autori cult come Jim Jarmusch (Daunbailò, Taxisti di notte, Coffee&Cigarettes), Woody Allen (To Rome with Love), Blake Edwards (Il figlio della pantera rosa), Marco Ferreri, Matteo Garrone (straordinario il suo Geppetto nell’ultimo Pinocchio) e quel genio assoluto di Federico Fellini, ne La voce della luna, accanto a Paolo Villaggio, scoprendosi, lì, ulteriormente sognatore e poetico. Innovatore e dissacratore, ha espresso una satira (e comicità) esplosiva, che ancora oggi non trova eredi, pensando alla galleria di personaggi che è riuscito a costruire.

Dall’altro Jamie Lee Curtis, figlia dei grandi Tony Curtis e Janet Leigh, che riceverà il riconoscimento, prima della proiezione fuori concorso di Halloween Kills, diretto da David Gordon Green, in sala poi dal 15 ottobre. Il quarto episodio di una saga horror, tra le più famose, in cui, a partire dal 1978, allora fu Halloween – La notte delle streghe di John Carpenter, nei panni di Laurie Strode, si è imposta tra i volti di culto del cinema americano. Proprio il direttore della Mostra di Venezia, Alberto Barbera, nel motivare la decisione, l’ha definita come “naturale incarnazione della star capace di calarsi in ruoli di attrice versatile e disponibile, con grande carisma e personalità non comune’. Un’artista a tutto tondo: scrittrice di libri per l’infanzia (l’ultimo pubblicato risale al 2018, Me, Myselfie & I: A Cautionary Tale), produttrice, doppiatrice, filantropa, attiva da anni nella ricerca fondi a favore dei bambini affetti da Aids, per Jamie Lee Curtis parla soprattutto una carriera lunga 40 anni, che l’ha vista toccare praticamente tutti i generi cinematografici, dalle commedie come Knives Out, Un pesce di nome Wanda, Una poltrona per due di John Landis, passando ai film d’azione quali True Lies di James Cameron, o Blue Steel – Bersaglio mortale, fino ai ruoli drammatici, come ne Il sarto di Panama, o Amore per sempre

Leoni versatili, che da Venezia non si fermano, ma anzi sono pronti a ruggire in altri progetti.