Tre idee per parlare di stile alla mostra del cinema

Cinema e moda, da sempre binomio affascinante e pieno di suggestioni, storie, simboli, esercizi di stile, autoriali, biografici, estetici, non a caso da qualche anno esiste addirittura il Fashion Film Festival a testimoniarne la tendenza. Eppure sa sempre sorprendere. Lo dimostrano alcuni lavori visti alla Mostra di Venezia, che da tempo detta (alcune) regole.

A partire dal ritratto inedito e ironico di Franca Sozzani, Franca: Chaos and Creation, messo in atto dal figlio, Francesco Carozzini, già affermato videomaker e fotografo. In macchina, tra la neve di Central Park, ecco che una delle editor più famose al mondo, insieme all’amica Anna Wintour (“abbiamo personalità diverse, ma lei è davvero una di potere”), decide di confessarsi. “Sono cocciuta, ho preferito sbagliare con la mia testa, facendo sempre il contrario di quello che dicevano le ricerche di mercato. Perché mi sono sposata la prima volta? Ero già vestita.” Il periodo a Londra, la contaminazione delle mini e degli stivali, la sua idea di leggerezza e sogno (“lì bisogna essere grandiosi”), scandiscono le testimonianze-ricordi degli amici-riferimenti. Da Yves Saint Laurent, “uno dei pochi ad essere riuscito a stravolgere i canoni uomo-donna”, così come Bruce Weber, “colui che mi ha insegnato a rompere le regole ed essere libera”, a Gianni Versace, “icona giovane ancora oggi”, con il quale coniò e lancio l’idea delle supermodels, e da lì tutti i grandi, Lagerfeld, Donatella Versace, Jeff Koons, Baz Luhrmann a celebrarla in punta di piedi, senza neanche troppo clamore.

Se la moda è racconto, i Miu Miu Women’s Tales, arrivati agli episodi 11 e 12 e presentati nella sezione de Le giornate degli Autori, sono ancora l’essenza artistica di come si possano descrivere scenari e personaggi, metropolitani e trasversali. Da Nara e Tokyo, con Seed di Naomi Kawase, a That One Day, nella periferia di New York sotto lo sguardo di Crystal Moselle, a osservare le skaters, sono due tocchi davvero raffinati e ribelli.

Nocturnal Animals poi, seconda prova da regista per Tom Ford, dopo quella di A Single Man. Tratta dal libro Tony and Susan di Austin Wright, con protagonisti Jake Gyllenhall ed Amy Adams, che si incentra su una (ex)coppia, che “rinasce”, seppur a distanza e dalle pagine di un libro, in tutto il suo dolore, senso di colpa-vendetta e di occasioni mancate. Ed è qui che il grande designer americano si ripropone come regista colto, minimalista e brutale, che fa, ancora, la differenza. Perché, come dice lui: “Lo stile deve servire alla sostanza. E questa storia cerca di trovarla. Perché c’è bisogno di un messaggio, lo scopo di un film è anche quello di farti pensare”.