Wes Anderson a Cannes con il suo brillio di colori e star

Wes Anderson a Cannes con il suo brillio di colori e star

di Simona Santoni

Tinte pastello, simmetrie raffinate, personaggi stravaganti, il regista americano torna con il suo attesissimo film “The French Dispatch” e la sua estetica inconfondibile. E con uno stuolo luccicante di divi, da Tilda Swinton a Timothée Chalamet, capitanati dalla solita adorabile faccia da schiaffi di Bill Murray

Un nuovo film di Wes Anderson è sempre una festa. Di colori che svuotano la tavolozza, di simmetrie raffinate, di idee bizzarre e di star intriganti (più hipster che glam). E al Festival di Cannes con The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, suo decimo film, il regista americano dall’estetica inconfondibile si supera. Divi luccicanti come paillettes: accanto agli aficionados di Anderson, Owen Wilson, Adrien Brody, Tilda Swinton, Edward Norton, Willem Dafoe, Léa Seydoux, Jeffrey Wright, Saoirse Ronan, Mathieu Amalric, ci sono Benicio del Toro, Timothée Chalamet, Christoph Waltz, Elisabeth Moss, Liev Schreiber… E poi c’è Bill Murray, ovviamente, che con The French Dispatch segna la nona collaborazione con Wes Anderson, già presente dal secondo film Rushmore del 1998.

Film in concorso, The French Dispatch finora è stato bloccato dalla pandemia: doveva svelarsi a maggio 2020, in occasione del Festival di Cannes saltato. Ora finalmente si mostra. Debutto con red carpet al Grand Théâtre Lumière di Cannes lunedì 12 luglio. Il brillio di star ed entusiasmi però non cancella il Covid-19 di un’edizione del Festival che ha voluto finalmente esserci, pur tra tamponi, mascherine, prenotazioni online e protocolli sanitari macchinosi, e che purtroppo ha le sue prime possibili defezioni: l’attrice francese Léa Seydoux, destinata ad essere la regina di Cannes, presente non solo in The French Dispatch ma pure in tre altri film (e tre film su quattro in concorso), forse non calcherà la Montée des Marches perché positiva al virus: è asintomatica ed è nella sua casa parigina in attesa di negativizzarsi. E anche lui, Wes Anderson, il costruttore di mondi di fantasia a tinte pastello, da I Tenenbaum a Moonrise Kingdom a Grand Budapest Hotel, forse seguirà a distanza le fortune del suo lavoro.


Bill Murray nel film The French Dispatch

The French Dispatch è «una lettera d’amore ai giornalisti ambientata in un avamposto di un giornale americano in una città francese immaginaria del XX secolo», ha detto lo stesso Anderson. Il film ruota attorno alla vita di un settimanale che assomiglia molto alla “bibbia” degli intellettuali newyorchesi, il periodico di critica, satira e reportage The New Yorker. È infatti una sorta di omaggio al New Yorker, di cui Wes Anderson è fedele lettore fin dall’adolescenza, tanto da averne ammassato una collezione che risale agli anni ’40.
Nel film si chiama The French Dispatch il supplemento del settimanale immaginario Evening Sun di Liberty, Kansas. Questo distaccamento francese ha sede nell’altrettanto immaginaria città francese di Ennui-sur-Blasé, nella Francia del Dopoguerra. La città che ha fatto da location in realtà è Angoulême, nel sud-ovest transalpino, antica capitale dell’Angoumois, le cui celebri cartiere fabbricano carta di lusso; i suoi palazzi del XVIII e XIX secolo testimoniano il passato di potere e ricchezza. 

In questo giornale in terra francese il direttore, che capeggia dalla sua stanza con su scritto “No crying” (“Vietato piangere”), è interpretato da quella faccia da schiaffi di Bill Murray: per il suo ruolo Anderson si è ispirato al leggendario fondatore del New Yorker, Harold Ross, che nel 1925 immaginò un nuovo giornale di sensibilità metropolitana, dal tono sofisticato. Il personaggio di Jeffrey Wright si rifà allo scrittore e collaboratore del New Yorker James Baldwin. Quello di Owen Wilson è modellato su Joseph Mitchell che per il New Yorker scrisse ritratti memorabili di dimenticati derelitti, solitari, depressi, nostalgici.


Gli uffici di The French Dispatch

Descrivendo redattori e stravaganze di redazione, intanto The French Dispatch racconta anche tre storie narrate dallo stesso periodico, che anche in questo caso spesso si ispirano ad articoli veri del New Yorker. La storia sull’occupazione studentesca del maggio 1968 prende spunto dall’articolo in due parti The Events in May: A Paris Notebook di Mavis Gallant. Il mercante d’arte di Adrien Brody è ispirato a Lord Joseph Duveen, mercante inglese che acquistava dipinti in Italia, Francia, Inghilterra e Russia per rivenderli in America (tratteggiato nell’articolo del 1951 The Days of Duveen).

«La storia di The French Dispatch non è facile da spiegare», ha detto Anderson. È su un «giornalista americano con sede in Francia che crea la sua rivista. È più un ritratto di quest’uomo, di questo giornalista che lotta per scrivere quello che vuole scrivere. Non è un film sulla libertà di stampa, ma quando parli di giornalisti parli anche di quello che sta succedendo nel mondo reale».

Per vedere il film in Italia dovremo aspettare l’11 novembre. Negli Stati Uniti The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun dovrebbe essere rilasciato a ottobre 2021, dopo una proiezione a settembre al New York Film Festival.

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