Controllare la filiera dalla A alla Z, immersi nei boschi del vicentino: un’impresa che sembrava impossibile

Per raggiungere lo Spinechile Resort bisogna inerpicarsi sulle colline che circondano il comune di Schio, in provincia di Vicenza: un tornante dopo l’altro ci si immerge nei boschi e, giunti in Contrà Pacche, si può ammirare il sogno fatto realtà di Corrado Fasolato, uno chef già avvezzo ai riconoscimenti (tre forchette del Gambero Rosso, due stelle Michelin), ma che qui sta costruendo qualcosa di particolare.

‘Il sogno era di avere un ristorante circondato da un terreno in cui coltivare e allevare, un luogo in cui seguire la filiera dal momento in cui si pianta a quello in cui si consuma. Volevo farlo perché non è mai stato facile avere frutta e verdura belle, e in generale c’è sempre qualche difficoltà con le materie prime. Al giorno d’oggi è complicato trovare a livello locale un produttore che ti dia, non dico la costanza perché è impossibile averla, però un prodotto buono una tantum. Per esempio, è difficilissimo trovare una buona soppressa, che pure è delle nostre parti’.

Così, dopo aver trascorso 25 anni lontano dai suoi luoghi d’origine, chef Fasolato è tornato a casa e insieme alla moglie Paola, al figlio e alla figlia, ha ristrutturato ‘un casale ancorato allo sperone di una montagna’ e ha cominciato a sviluppare il discorso legato alla coltivazione, puntando nel futuro ‘all’allevamento e anche all’ospitalità, costruendo dei bungalow in modo che i clienti che vengono a mangiare possano fermarsi, degustare una colazione, passeggiare in mezzo ai boschi’.

Si tratta di un progetto ‘molto ambizioso, quasi impossibile, e infatti tutti ci dicevano che non poteva funzionare, mentre oggi sta andando a gonfie vele considerato che ho il 95-96% di occupazione annua del ristorante, cifra altissima per la ristorazione’. Certo, una parte del successo è figlia di una strategia che tiene conto della crisi economica: ‘Abbiamo deciso di proporre un’offerta che sta funzionando grazie a un rapporto qualità/prezzo buono: vendiamo il menù a 60 euro, che per uno stellato non è tanto’.

A fronte di sogni e progetti, il conferimento della stella Michelin ha un sapore tutto particolare rispetto ai precedenti riconoscimenti, quelli che ‘dovevo spartire con gli altri, perché io ero il dipendente di un albergo che mi dava una brigata di 8-10 persone’. Con lo Spinechile Resort, invece, ‘siamo partiti da zero e da un luogo che sapevo essere ricco di potenzialità, ma che era praticamente sconosciuto. La stella la sento in modo più completo, perché qui lavoro con la mia famiglia, in quello che è il mio luogo, che ho costruito di sana pianta e tutto di tasca mia. Sono più orgoglioso, ecco’.

Un orgoglio che aiuta a sopportare gli orari di lavoro (‘noi dormiamo cinque ore per notte’) e che conferma la bontà di ‘interrogarsi ogni giorno su come migliorare. Forse è questo il motivo per cui la stella è arrivata in breve tempo, nel giro di nove mesi’. Inoltre, ‘ho sempre pensato che se porto in tavola una cosa che coltivo io, è un modo di dare qualcosa di esclusivo al cliente, una cosa pregiata’.