Esperienza maturata sul campo e passione per la composizione dei piatti: ecco le parole del neo ingresso nella Guida Michelin

‘Riceviamo moltissimo dai clienti, anche in termini di rapporti umani, e questo è il primo motore che ci fa alzare al mattino e andare contenti al lavoro. Non so come sarà in futuro, ma se continuasse così ci farei la firma’: quando la Guida Michelin 2014 ha assegnato una stella al Ristorante San Martino di Scorzè, comune nella provincia di Venezia, chef Raffaele Ros e sua moglie Michela (sommelier) hanno coronato un percorso durato anni e portato avanti con costanza.

Pur riconoscendo il valore di questo traguardo, però, la filosofia di fondo non cambia: ‘Le nostre idee sono quelle che avevamo già nel 1996 e il nostro focus è sempre il cliente, quindi se non fosse arrivata la stella avremmo comunque continuato così. È indubbiamente cambiata l’affluenza della gente, che viene appositamente anche da lontano, da Milano, Modena o Ferrara, e questo ci riempie di orgoglio, ci fa capire che abbiamo raggiunto un traguardo prestigioso. Anche se mi piace pensare alla stella non come a un punto d’arrivo ma come a un primo gradino per continuare a mantenere un’altissima qualità e accontentare al meglio i nostri clienti’.

A sentirlo parlare, l’atteggiamento di chef Ros è quello di uno che ha visto passare parecchia acqua sotto i ponti, e che per esempio dimostra di avere i piedi ben piantati a terra quando nota che grazie alla stella Michelin ‘c’è stato un buon 40% di clientela nuova, e in questo periodo non è davvero poco’. Soprattutto tenendo conto che dopo la crisi finanziaria ‘la clientela, per un ristorante medio-alto come il nostro, è diminuita dell’80%’.

Il pragmatismo di chi la sa lunga emerge anche dalle scelte in cucina: ‘Nel menù cerchiamo di avere piatti un po’ più cerebrali e piatti molto semplici fatti principalmente con materia prima di ottima qualità’. Questo perché ‘noi cuochi non possiamo stressare il cliente con idee magari anche molto spinte. Vanno bene due o tre piatti di questo tipo, ma devono essercene anche di riconoscibilissimi, perché c’è chi non vuole andare al ristorante a sfasciarsi la testa per capire cosa vuole dire lo chef: preferisce rilassarsi e magari scegliere un piatto più tranquillizzante’. 

Il risultato di questa impostazione è ‘una cucina che definirei tradizionale, rivisitata con un po’ di attenzione, non troppo spinta, soprattutto con le migliori materie prime che abbiamo nella nostra regione: siamo poco distanti dal mare, e il pesce da noi la fa da padrone, ma anche poco distanti dalle zone di caccia in montagna, e d’inverno ci capita di servire cacciagione’. Sono ammesse anche sporadiche incursioni di ingredienti che arrivano da lontano: ‘abbiamo inserito alcune carni spagnole, una novità per il nostro territorio, in modo da stimolare la curiosità dei clienti’. Ovviamente, ‘le adattiamo al nostro gusto, perché l’identità territoriale resta il centro gravitazionale’.

Il Ristorante San Martino, nato dall’evoluzione della vecchia trattoria della famiglia di Michela Ros, ha un’altra peculiarità: si propone come galleria d’arte. ‘Si tratta di un progetto valutato insieme all’architetto che ha ridisegnato gli interni: lui ha realizzato pareti bianche, nude, molto ampie, dove di volta in volta ospitare gli artisti che avessero voglia di esporre le loro opere. I clienti sono contenti, vedo che apprezzano, e siamo già al quinto e sesto artista esposto: in questo momento sono due, una scultrice e un pittore’.

Non è ancora tempo di creare sinergie fra quadri e piatti, perché ‘non sappiamo mai cosa arriverà con il prossimo artista’ e l’indeterminatezza impedisce una programmazione in tal senso. Però, confida Raffele Ros, ‘col tempo ho sviluppato una passione per la composizione del piatto, mettendo le pietanze in un modo da creare per esempio una scacchiera, o un’alternanza di alti e bassi e colori, e così ottenere un gioco di luci, di altezze, di cromatismi. Questo è un fondo uno degli aspetti centrali dell’alta cucina: a parità di ingredienti ogni chef realizza il suo piatto in maniera differente, perché diversa è l’idea che vuole trasmettere’.