Gin made in Italy e Marconi 46, panoramica sulla produzione italiana
Poli Distillerie

Gin made in Italy e Marconi 46, panoramica sulla produzione italiana

di Aldo Fresia

Esistono decine di gin italiani, ognuno diverso dall’altro: ecco le prime dritte per orientarsi e un paio di consigli sui cocktail

Non facciamoci ingannare dal fatto che il gin è tipicamente associato al Nord Europa, dove è nato quattro secoli fa, perché in Italia ne produciamo decine di varietà, molto diverse una dall’altra. Abbiamo ad esempio il Vallombrosa, che prende il nome dall’omonima località toscana ed è prodotto da monaci benedettini, o il Solo Wild Gin, ottenuto dalle bacche di ginepro selvatico delle coste di Sardegna. E abbiamo anche il Marconi 46, che sfruttiamo come guida per un’iniziale panoramica sul gin made in Italy.

Come tutti i distillati di questo genere, anche quelli nostrani partono dalla fermentazione di orzo e frumento e dall’aggiunta delle cosiddette botaniche, cioè una miscela di erbe, spezie, piante e radici alla quale non possono mancare le bacche di ginepro. Le botaniche sono uno dei principali elementi che determina la differenza tra un gin e l’altro: Vallombrosa e Solo Wild Gin si affidano esclusivamente al ginepro selvatico locale, Dol Gin (prodotto in provincia di Bolzano) mescola 24 botaniche, mentre Fred Jerbis (prodotto in provincia di Pordenone) ne sfrutta ben 43.

Nel Marconi 46 (il numero indica la gradazione alcolica) le botaniche sono ispirate ai boschi dell’Altopiano di Asiago e sono pino mugo, pino cembro, cardamomo, coriandolo, foglie di menta, uve di moscato, oltre alle immancabili bacche di ginepro.

L’idea di Jacopo Poli, dell’omonima distilleria di Schiavon (VI), è stata di produrre un gin che ricordasse i boschi dove il padre lo portava a passeggiare, e di sfruttare «Crysopea, il nostro alambicco a bagnomaria sottovuoto, che permette di distillare a basse temperature catturando così la freschezza di ogni singola botanica».

Fra l’altro, ci ha raccontato sempre Jacopo Poli, tutto è nato per un moto di sano orgoglio: «Ero in visita a una distilleria di gin, nel 2012, e il titolare mi disse che gli italiani sapranno anche fare delle grappe eccellenti, ma è meglio che non osino cimentarsi nella produzione del gin, essendo troppo difficile. Che sfida, pensai». Circa tre anni più tardi è nato il primo gin distillato da Poli Distillerie, dopo quattro generazioni di grappe e liquori.

Marconi 46 è un dry gin, cioè il tipo meno dolce e più secco (diverso ad esempio dall’inglese Old Tom, che ha una piccola percentuale di zucchero). Ha una peculiare morbidezza data dall’uva di moscato e un carattere molto balsamico. Proprio per questo dev’essere utilizzato con cautela come ingrediente di un cocktail, ad esempio scegliendo un’acqua tonica amarognola per il classico gin tonic ed evitando di inserirlo nella ricetta di un Negroni, perché non dà il meglio di sé insieme al vermouth rosso e al bitter amaro.

Come sempre, in questi casi e considerata l’enorme varietà di gin in circolazione, il consiglio è quello di trovare un cocktail bar come si deve e farsi consigliare dagli esperti.