Il primo gin brasiliano sa di Foresta Amazzonica e Italia

Il primo gin brasiliano sa di Foresta Amazzonica e Italia

di Paolo Briscese

Fino a pochi anni fa il gin era quasi sconosciuto in Brasile. Oggi Negroni e mixology si fan largo tra le Caipirinha. Merito dell’Amázzoni Gin di Arturo Isola, genovese trasferitosi a Rio a capo della più grande distilleria artigianale di gin dell’America Latina. Che si racconta

Sa di Foresta Amazzonica, di sole carioca e anche d’Italia il primo gin mai prodotto in Brasile. Si chiama Amázzoni e dietro la sua trasparenza cristallina ha una storia mirabolante di cambiamenti radicali e felici intuizioni e, soprattutto, il volto gentile e appassionato di Arturo Isola.
Dai caruggi e dal mare di Genova, Arturo, architetto e designer, nel 2009 si è trasferito nella Rio de Janeiro di grattacieli e favelas tra oceano e natura, verso le braccia aperte del Cristo Redentore. Nel 2017 il grande inatteso salto verso i fine spirits, da pioniere. In un Paese chiassoso e vivace che profuma di cachaça e canna di zucchero, annaffiato da Caipirinha e a lungo a secco di Negroni e Gin Tonic, insieme al socio artista Alexandre Mazza ha realizzato il suo gin “dell’altro mondo”, dagli ingredienti esotici e orgogliosamente verdeoro. Si sarebbe accontentato di produrne poche bottiglie per sé e per gli amici e ora invece guida la più grande distilleria artigianale di gin dell’America Latina, la prima distilleria di gin della storia del Brasile.

Arturo Isola
Credits: Amázzoni Gin
Arturo Isola, architetto genovese trasferitosi in Brasile e oggi a capo della più grande distilleria artigianale di gin dell’America Latina

A metà strada tra Rio de Janeiro e San Paolo, nella valle del Paraiba, in un’antica fazenda di caffè del XVIII secolo, tra fiumi, palme imperiali, vaste pianure e piantagioni, ecco La Cachoeira, il paradiso di alambicchi e spezie di Arturo Isola. Che ci ha aperto con entusiasmo. Non sorprende che nel 2018, ad appena un anno dal debutto di Amázzoni Gin, abbia vinto a Londra ai World Gin Awards il Premio di Miglior Produttore Artigianale del Mondo, unica distilleria latinoamericana con tale onore.
La sua missione: amalgamare ed esaltare i doni della terra incantata che abita e lo spirito della sua gente, nel rispetto di una plurisecolare tradizione di degustazione. A pensare che l’ormai ex architetto genovese 14 anni fa si era trasferito in Brasile più che altro per amore. Oggi chi l’ha portato in Brasile è felicemente sposata, ma con un altro, e lui pure, con un’altra. Ed è il produttore del gin più venduto in Brasile, esportato in 15 Paesi. «E siamo solo all’inizio», sorride lui.

La distilleria La Cachoeir
Credits: Amázzoni Gin
La distilleria La Cachoeira

Arturo, la sua è una storia incredibile. Di successo. Ha lasciato alle spalle Genova, in cui è nato, e una carriera ben avviata come architetto per stabilirsi in Brasile. Come si è avvicinato all’universo dei fine spirits?

«Per caso e per necessità. Nei primi anni a Rio la Caipirinha faceva parte del mio percorso per capire e abituarmi agli usi locali della mia nuova realtà brasiliana ma quando, dopo qualche anno, ho chiesto un Negroni, come ero abituato a fare in Italia, la risposta è stata semplice: non c’è Negroni senza gin e il gin in Brasile non esiste. Il giorno dopo abbiamo comprato un alambicco amatoriale e cominciato a capire come distillare gin in casa».

Quando e come si è convinto a puntare tutto su quello che ora è il suo mondo?

«Ho studiato tutta la vita per essere architetto e avrei continuato felice dopo aver fatto qualche bottiglia del mio gin per amici e famiglia. Piano perfetto, non fosse che la distilleria a cui mi sono rivolto per fare queste poche bottiglie della mia ricetta mi rispose: “non possiamo produrre un distillato che non sappiamo cosa sia, però abbiamo tanto spazio qui, perché non ti fai tu la tua distilleria?”. Quel giorno tornando a casa mi son detto: il mio ultimo progetto di architettura sarà la prima distilleria di gin nella storia del Brasile. La mia».

Qual è stata la sfida più grande nella produzione del gin Amázzoni?

«Convincere i brasiliani che c’era vita oltre la cachaça, il distillato nazionale e, fino al lancio dell’Amázzoni, l’unico distillato mai prodotto qui. Ce l’abbiamo fatta, anche grazie al premio di miglior gin artigianale al mondo vinto a Londra nel 2018, e ora qui si beve più gin che cachaça».


Arturo Isola

Quali sono le materie prime principali utilizzate per il suo gin e come vengono selezionate?

«Amázzoni è un prodotto religiosamente artigianale, il che significa non solo fatto a mano e con ingredienti freschi, ma anche le scelte più difficili anche nei minimi dettagli per garantire l’unicità del prodotto. Usiamo 10 botaniche, molte delle quali derivanti direttamente dalla Foresta Amazzonica (alla quale abbiamo dedicato questa missione), alle quali aggiungere l’acqua che sgorga nella proprietà della nostra distilleria. Lo sapeva che quasi il 50% di un distillato è acqua? Ecco, noi abbiamo la nostra».

Come trova l’equilibrio tra il rispetto della tradizione del gin e i nuovi sapori e ingredienti così squisitamente brasiliani?

«Al momento della concezione nel 2016 mi son detto: sarò il primo a fare il gin in Brasile e l’ultimo nel mondo. In questo paradosso risiede l’essenza della sfida di rispettare 400 anni di storia del gin ma innovando la ricetta per esaltare l’origine brasiliana. Come? Con botaniche classiche mischiate con altre mai usate prima in gin, rappresentando cinque biodiversità di questo immenso Paese a scala monumentale che è il Brasile. E chiaro: alcol di cereali e non di canna di zucchero che, anche se più facile da trovare a buon mercato, richiama troppo la sensazione della cachaça».

L’india guaranì Naià che diventò una stella, secondo la leggenda amazzonica, è il manifesto della distilleria. Perché? 

«Perché il sogno di Naià era di diventare una stella, anche a costo di sacrificare la sua vita: allo stesso modo anche noi abbiamo messo in gioco tutta una vita per fare qualcosa di diverso e mai fatto prima. È così che anche Amázzoni è diventato una stella».

La Cachoeira
Credits: Amázzoni Gin
Gli alambicchi nella distilleria La Cachoeira

Quante tipologie di gin produce e quante bottiglie all’anno?  

«Circa 300.000 bottiglie all’anno divise in tre tipi: l’Amázzoni classico, l’overproof Rio Negro e l’old tom Maniuara. La trilogia Amázzoni offre esperienze di gin estremamente diverse tra loro tutte accomunate dagli stessi criteri severissimi di qualità. Tre prodotti ispirati alla saggezza popolare delle popolazioni indigene che portiamo in giro per il mondo per consapevolizzare i nostri consumatori sui problemi della Foresta e del poco tempo che resta per salvarla».

Bottiglie in vetro riciclato e non solo. Ci parli del vostro sforzo di sostenibilità.

«Non è un vanto ma un obbligo. Sostenibilità è sempre stato un pilastro di marca e prodotto, dal processo di produzione alle pratiche di governance dentro all’azienda che premiamo le donne. Amázzoni è una marca che omaggia le guerriere della leggenda greca, le prime a battersi alla pari con gli uomini. È per questo che alla distilleria solo donne lavorano il liquido dopo che esce dall’alambicco. La forza della marca è la coerenza».

Il nome Amázzoni è anche la dichiarazione palese di un legame forte con la Foresta Amazzonica e la natura brasiliana. Oltre a produrre un ottimo gin, quali sono le vostre missioni per la conservazione della Foresta Amazzonica e dei suoi indigeni? 

«La Foresta Amazzonica è il polmone del mondo ma nessuno come il Brasile ci è così in simbiosi. Il 60% del territorio brasiliano è occupato dalla Foresta e chi vive qui deve occuparsene. L’acqua che piove a Rio è la stessa che evapora dagli igarapé (piccoli fiumi, ndr) nella Foresta, è un sistema unico e anche se molte marche nel mondo hanno scelto un proposito etico (davvero o per finta) noi ci siamo davvero dentro. Amázzoni da sempre sostiene una Ong chiamata Vem do Xingu, che protegge le popolazioni indigene come strumento più efficace per difendere la Foresta della quale vivono. La Foresta esiste da sempre in pace con la gente che la abita. I problemi sono arrivati quando hanno cominciato a sopraggiungere interferenze da fuori».

Anche l’estetica delle bottiglie e delle etichette è estremamente intrigante: ci racconti.  

«Io architetto e designer, il mio socio artista… Bottiglie ed etichetta: è stato facile. La parte più difficile è stata fare il liquido!».

Arturo Isola
Credits: Amázzoni Gin
Arturo Isola, produttore dell’Amázzoni Gin

Oggi si sente più italiano o più brasiliano? Cosa ha portato di italiano nel suo gin made in Brazil? 

«L’Italia sarà sempre la mia terra, i miei sono là, ma il Brasile mi ha cambiato e mio figlio Elio è nato qui, dove sono felice e resto. Da sempre il mondo progredisce attraverso questi scambi culturali provocati da migrazioni di persone e abitudini e l’Amázzoni sicuramente ha beneficiato di un occhio italiano in questo mondo al contrario». 

Quando è arrivato in Brasile al bancone di un bar era difficile essere accontentati nel chiedere un Negroni. Ora il Negroni si è fatto strada tra le tante ordinazioni di Caipirinha? 

«Negroni e non solo. Tutto l’universo della mixology è fiorito con cocktail bars, corsi, masterclass. La Caipirinha continua ad avere appeal ma in cinque anni qui è cambiato tutto e, con orgoglio, posso dire che Amázzoni è stato una locomotiva di questa rivoluzione».

I brasiliani che non conoscevano il gin oggi la ringraziano?

«Per così poco? Sono io che ringrazio loro! Un popolo gioioso e allegro, anche nella sfortuna, che mi fatto crescere come uomo. Obrigado Brasil».