Le birre gose, salate e di moda
(Credits: eddieberman/iStock) – 15 maggio 2018

Le birre gose, salate e di moda

di Aldo Fresia

Cosa sono, perché la ricetta non è stata dimenticata e quali meritano di essere assaggiate

La diffusione sempre più capillare delle birre artigianali ha portato alla progressiva affermazione di stili diversissimi fra di loro e ha abituato il pubblico ad aromi insoliti rispetto al classico “sapore di birra”. È per esempio il caso delle gose, dal gusto spiccatamente salato e ormai protagoniste delle sperimentazioni birraie contemporanee. Non si tratta però di una novità, bensì del recupero di una tradizione tedesca secolare che per un certo periodo era stata dimenticata.

LE MINIERE SALINE DI GOSLAR
Difficile rintracciare l’origine di una birra, perché c’è stato un periodo nel quale la si faceva in modo casalingo, senza particolare attenzione per le materie prime e con un controllo minimo, se non addirittura nullo, sul processo di fermentazione. Il risultato erano spesso birre non necessariamente gradevoli e soprattutto poco stabili (il sapore cambiava di volta in volta). Una traccia di uniformità si registra però durante il Medioevo nella città tedesca di Goslar, in Bassa Sassonia: la presenza di miniere di sale fa sì che l’acqua utilizzata per produrre birra, quella del fiume Gose, abbia un contenuto salino maggiore del consueto.

DA GOSLAR A LIPSIA
A un certo punto i giacimenti iniziano a esaurirsi e così l’attività di estrazione va in crisi, spingendo alcuni mastri birrari a cercare fortuna 170 chilometri più a est, presso Lipsia. Si tratta di professionisti che hanno imparato a controllare il processo di fermentazione e che dunque possono trasferire lo stile salato anche lontano dalle acque che l’hanno prodotto. Documenti della municipalità di Lipsia attestano la presenza della gose già a metà del XVIII secolo e proprio da qui decolla la sua fortuna, tanto che spesso questo stile è associato a Lipsia, nonostante sia nato altrove.

ABBANDONO E RECUPERO
Per ragioni che restano fumose, fra la prima e la seconda guerra mondiale la sua fortuna va declinando e nel 1945, complici anche le distruzioni belliche, chiude i battenti l’ultimo birrificio di gose rimasto attivo fino a quel momento. Piccoli e piccolissimi produttori continuano a imbottigliarla per conto di locali tedeschi selezionati, ma entro la metà degli anni Sessanta è di fatto scomparsa. Per fortuna, negli anni Ottanta Lothar Goldhahn ricostruisce la sua ricetta e convince un birrificio di Berlino Est a ricominciarne la produzione per poi venderla presso il proprio bar. In questo modo vengono gettati i semi della rinascita, che inizia alle soglie del nuovo millennio e che ormai ha preso piede in tutto il mondo: una rinascita che non riguarda solo la distribuzione, ma anche la produzione.

CONSIGLI DI ASSAGGIO
In linea di massima le birre gose hanno una bella freschezza, con i sentori salati bilanciati dal coriandolo e da note acidule e fruttate: si abbinano splendidamente ai salumi e ai formaggi erborinati. Se guardiamo ai birrifici artigianali italiani, le gose da assaggiare sono quella del Birrificio del Ducato (Kiss Me Lipsia, con sale dell’Himalaya) e quella del Birrificio Toccalmatto (Salty Angel, con sale Maldon e ribes rossi). Molto valide anche l’austriaca Snake Charmer (di Bevog, con note affumicate) e la statunitense Hose (De Garde Brewing, invecchiata in botti di quercia).