Margarita, il cocktail messicano
(Credits: Ekaterina Molchanova/iStock) – 6 marzo 2018

Margarita, il cocktail messicano

di Aldo Fresia

Nasce a Tijuana, ma partendo da New York: ecco la storia del Margarita, con la ricetta e un paio di consigli per prepararlo al meglio

La storia dei cocktail è spesso fumosa, soprattutto alle origini, quando ancora le ricette non erano un patrimonio da tramandare. Nel caso del Margarita ci sono almeno tre persone che nel corso degli anni si sono vantate di averlo inventato, ma la storia più affascinante non prevede un nome, bensì un percorso. Inizia con la costruzione del ponte di Brooklyn, fa una pausa a Tijuana e poi torna negli Stati Uniti per il definitivo lancio globale: oggi è il più venduto cocktail classico al mondo tra quelli a base di tequila ed è il sesto nella classifica generale, che vede, dal primo posto a scendere, l’Old Fashioned, il Negroni, il Whiskey Sour, il Dry Martini, il Daiquiri e appunto il Margarita.

UN PONTE ALCOLICO
Anno 1883, città di New York. L’inaugurazione del ponte di Brookyn, che collega il quartiere omonimo con l’isola di Manhattan, favorisce un boom economico portando a una netta accelerazione nella movimentazione delle merci e delle persone. Il mondo dei drink conosce un analogo impulso positivo, concentrato soprattutto sul Whiskey Daisy, che come suggerisce il nome è a base di whiskey e in particolare di bourbon. Il successo del cocktail si diffonde, la ricetta pure e sempre più barman inaugurano le loro versioni personali (quelli che tecnicamente si chiamano twist).

LA PAUSA IN MESSICO
Salto in avanti nel tempo, fino agli anni Venti e Trenta: la fama del Whiskey Daisy ha percorso tutti gli Stati Uniti, verso sud e verso ovest, ed è arrivata fino in Messico nella città di Tijuana, appena al di là del confine. Qui si diffonde il twist che prevede di sostituire whiskey con tequila, distillato tradizionale messicano ottenuto dalla fermentazione del cuore dell’agave blu. Cambia anche il nome, perché il Tequila Daisy diventa presto il Margarita (daisy significa margherita, che in spagnolo si dice appunto margarita). Con questo nome, e con una ricetta leggermente diversa, il cocktail torna negli Stati Uniti intorno al 1939.

LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Nel 1941 gli Stati Uniti entrano in guerra schierandosi con gli Alleati e il successivo sforzo bellico produce una riduzione dei distillati prodotti in patria. La richiesta però non cala e ciò avvantaggia il tequila, che viene importato in quantità sempre maggiori sostenendo al tempo stesso la fortuna commerciale del Margarita. Terminato il conflitto, nei primi anni Cinquanta viene pubblicata e diffusa in tutto il mondo la ricetta ufficiale di questo cocktail, dando il definitivo impulso alla sua diffusione planetaria (alla quale contribuisce anche l’invenzione della versione frozen, con ghiaccio tritato, amatissima durante i mesi estivi).

LA RICETTA
Ormai esistono decine di versioni, che si differenziano per le proporzioni fra gli ingredienti o per l’aggiunta di piccole varianti. Una ricetta facile da preparare prevede due parti di tequila, una di triple sec (liquore aromatizzato all’arancia) e una di succo di lime: shakerare energicamente e poi versare in una coppa, guarnendo con una fettina di lime o di limone e, volendo, un po’ di sale sul bordo.

TRE CONSIGLI
Per fare le cose al meglio, un primo consiglio è di spremere il lime senza andare troppo a fondo, perché la parte vicina al bianco della buccia è più amara e non si sposa benissimo con gli altri ingredienti. Secondo consiglio: non tutti amano il sale sul bordo del bicchiere, meglio dunque spolverarlo solo per metà, così ognuno sceglie da che parte bere. Il terzo e ultimo consiglio è di provare a sostituire il tiple sec seguendo la ricetta di Patrón, uno dei brand di tequila premium più celebri e trendy al mondo: 35 ml di Patrón reposado, 15 ml di Patrón Citrónge (liquore all’arancia), 25 ml di succo di lime e 5 ml di sciroppo di agave.