Sake, come scegliere quale assaggiare
(Credits: lathuric/iStock) – 27 febbraio 2018

Sake, come scegliere quale assaggiare

di Aldo Fresia

L’esportazione di sake è in crescita da anni in tutto il mondo, ma come distinguere i prodotti di qualità?

Non è propriamente un distillato e nemmeno un vino, ma in fondo poco importa riuscire a classificarlo con esattezza: il sakè, o sake, è un prodotto a sé stante, autentico portabandiera del Giappone. Ancora di più in questi ultimi tempi, caratterizzati un’impennata delle esportazioni a livello globale.

SAKE: DI COSA SI TRATTA
Il sake si ottiene dalla fermentazione dell’amido di riso. Ne esistono di vari tipi e di varie qualità, ma senza entrare nel tecnico basti sapere che i migliori sono quelli con il maggiore Seimai Buai e il numero minore di ingredienti aggiunti. Il Seimai Buai è la percentuale di levigatura dei chicchi di riso: più è alta, più sono stati rimossi gli strati esterni e dunque maggiore è la quantità di amido puro (contenuto nel nucleo) che ogni chicco apporta al processo di fermentazione. I sake premium sono inoltre quelli ottenuti esclusivamente da riso e acqua, o al massimo con un’aggiunta di alcol non superiore al 10% del peso del riso.

IL SAKE ALLA CONQUISTA DEL MONDO
Dal 2006 l’esportazione di sake ha conosciuto un costante aumento e nel 2016 ha superato per la prima volta i 200mila ettolitri. Nel 2017 la tendenza non ha accennato a ridursi e ha anzi registrato un +19% rispetto all’anno precedente. Una delle ragioni che spiegano questo trend è il fatto che è cresciuto a livello globale il numero di ristoranti giapponesi e contestualmente è incrementata la quantità di sake servita mediamente in ognuno di essi. Un ulteriore elemento che sta nutrendo l’esportazione è la sempre maggiore presenza di prodotti di elevata qualità.

SAKE: QUALI TIPOLOGIE ASSAGGIARE
Fra i paesi importatori, i capofila sono Stati Uniti, Corea del Sud, Cina e Taiwan, ma pure in Italia è ormai facile incappare in ristoranti ed enoteche che offrono una bella varietà di sake. In alcuni casi sono nati persino dei veri e propri Izakaya, cioè i tipici locali giapponesi che servono bevande e cibo (per esempio, a Milano c’è il Saketeca Go). In cerca di un prodotto davvero capace di rendere onore alla tradizione secolare del sake, si può tenere conto di quanto detto poco fa intorno al Seimai Buai e all’assenza di aggiunte. Un’ulteriore indicazione è di puntare sul tokutei meishoshu, cioè il “sake per occasioni speciali”, che rappresenta circa il 30% della produzione giapponese e che si distingue dal “sake normale” (futsuu-shu).

SAKE: I NOSTRI CONSIGLI
Dovendo indicare tre bottiglie, dalla meno costosa alla più cara, il nostro consiglio è di assaggiare il Konishi Hiyashibori Gold (medaglia d’oro assoluta al Fine Sake Awards Japan 2014 e recuperabile a un eccellente rapporto qualità/prezzo: intorno ai 20 euro), l’Asabiraki Kyoku (75-80 euro) e l’Uroko Hizou invecchiato cinque anni in grotta, una prelibatezza che richiede un investimento attorno ai 100 euro.