Spumanti dell’Italia centrale
(Credits: MarkSwallow/iStock) – 6 giugno 2017

Spumanti dell’Italia centrale

di Aldo Fresia

In Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria ci sono aziende vinicole che sfruttano uve autoctone, o vitigni internazionali, per realizzare bollicine con metodo classico o ancestrale

Dopo aver dedicato uno spazio allo spumante prodotto nell’Italia del Sud, vale la pena di scoprire le chicche provenienti dalle regioni centrali del nostro paese, lasciando fuori quelle, come ad esempio la Toscana, che non vanno molto d’accordo con questo mondo. Parliamo ancora di bollicine; quando entrano in scena termini tecnici rimandiamo alla nostra guida, che spiega cos’è il metodo classico, quello charmat, cosa significa brut e via dicendo.

ABRUZZO: MARRAMIERO BRUT
Nel cuore dell’Abruzzo, per la precisione a Rosciano, in provincia di Pescara, la famiglia Marramiero coltiva uva sin dall’inizio del secolo scorso, facendo crescere vitigni caratteristici dell’Italia centrale, ma ospitando anche varietà internazionali. È il caso ad esempio delle uve utilizzate per il Marramiero Brut, cioè Chardonnay e Pinot Nero, tipiche dei grandi metodi classici, che affinano in bottiglia per 36 mesi e che producono un vino elegante, con profumi fruttati e gusto sapido ed equilibrato. Dettaglio interessante: il Marramiero Brut ha un ottimo rapporto qualità/prezzo.

MARCHE: PERUZZI
Nel piccolo comune di Monte Roberto, in provincia di Ancona, si trovano i tre ettari di terreno della famiglia Peruzzi, metà dei quali coltivati con sistema biologico. Dei suoi due metodi classici, il consiglio è di assaggiare il Peruzzi millesimato ottenuto da 100% di Verdicchio, vitigno autoctono della zona, che riposa per almeno 40 mesi sui lieviti in bottiglia: è uno spumante dosaggio zero e rigorosamente bio, caratterizzato da sentori agrumati al naso e da freschezza piacevolmente amarognola al palato.

UMBRIA: GRAN CUVEÉ BRUT
L’azienda agricola La Palazzola si trova a pochi chilometri da Terni e produce bolle seguendo il metodo ancestrale. Si tratta di una lavorazione che prevede di far iniziare il processo di fermentazione dell’uva in acciaio e poi di rallentarla fino a bloccarla, in modo da conservare un contenuto di zuccheri sufficienti a far ripartire la fermentazione dopo l’imbottigliamento, senza ulteriori aggiunte di zuccheri e lieviti. La Palazzola produce sette bollicine differenti: interessanti il Brut prodotto con uva tipica del centro Italia (Vermentino, Trebbiano) e il Blanc de noir ottenuto dalla vinificazione in bianco del Cabernet Sauvignon. La bottiglia che La Palazzola mette sugli scudi è però la Gran Cuveé Brut, che si ottiene da 85% di Pinot Nero e 15% di Chardonnay fatti fermentare per il 70% in acciaio e il restante 30% in legno. Un vino molto fresco e sapido, con persistenti aromi di frutta.