I trend del 2018 per gli spiriti
(Credits: orcearo/iStock) - 23 gennaio 2018

I trend del 2018 per gli spiriti

di Aldo Fresia

Whisky, gin, tequila e distillati vari: ecco le tre tendenze principali che ci attendono quest’anno

Fare previsioni sul trend dei distillati nei prossimi dodici mesi è un po’ come guardare in una sfera di cristallo piuttosto opaca. È però vero che alcune tendenze sembrano affacciarsi all’orizzonte con forza particolare, promettendo di estendersi anche al di fuori del pubblico dei super appassionati o degli operatori del settore. Quelle su cui fissare l’attenzione sembrano tre.

PIÙ SPERIMENTALI CHE MAI
Nel corso del 2017 abbiamo assistito alla commercializzazione di esperimenti curiosi e in edizione limitata: per esempio il gin con dentro i pezzi di Harkey-Davidson, oppure quello aromatizzato con i petti di tacchino, o ancora un bourbon whiskey che fa un secondo periodo di affinamento in botti precedentemente utilizzate per i single malt scozzesi di Islay (quelli molto affumicati e torbati). Sono distillati che consentono ai piccoli produttori di mettere sotto i riflettori le loro abilità artigianali e di far girare il proprio nome tra gli appassionati: due caratteristiche che nutrono un trend in netta affermazione e che promette di portare sul mercato vere e proprie chicche.

CHILOMETRO ZERO
Già esistono prodotti che dichiarano la provenienza delle loro materie prime e che privilegiano quelle a chilometro zero: un esempio fra gli altri è quello del gin Vallombrosa, prodotto dai monaci della Congregazione Benedettina di Vallombrosa utilizzando le bacche di ginepro che crescono vicino all’abbazia. Un altro esempio è fornito da certe tequila e certi mezcal, che puntano sul terroir in modo simile ai produttori di vino. Se però fino a qualche anno fa questa era una relativa eccezione, ora è netto aumento il numero dei distillatori che tentano di valorizzare il territorio, un po’ come fanno ormai da tempo i grandi ristoranti. Non sarà sempre possibile, ovviamente, perché alcune materie prime non crescono ovunque, ma in assenza del chilometro zero prepariamoci a etichette che specificano puntigliosamente da quale area vengono i cereali di un whisky o le botaniche di un gin.

L’INVASIONE DALL’ORIENTE
Il mondo dei whisky è sempre più all’insegna dei produttori orientali e in modo particolare giapponesi: non scopriamo oggi nomi del calibro di Nikka, Yamazaki o Hibiki, ma gli analisti di settore sottolineano che nel 2017 questi tre brand sono definitivamente usciti dalla nicchia dei consumatori esperti e sono stati i più venduti all’interno dei maggiori cocktail bar mondiali: tutti si aspettano un’ulteriore impennata nel corso del 2018, complice anche la pulizia e morbidezza dei loro sapori e di conseguenza la facilità di bevuta per i neofiti. Con un’ulteriore realtà orientale pronta ad alzare la testa presso il grande pubblico, quella cioè del taiwanese Kavalan, che nel 2015 si è aggiudicato il World Whisky Award per il migliore single malt al mondo.