Sergio Bernal

Sergio Bernal

Fuoco del flamenco, grazia della danza classica, la stella spagnola splende in contaminazioni e creatività. Ora in Italia con due spettacoli, il ballerino si racconta con sincerità, parlando di paure e ambizioni. Uno dei suoi sogni? «Diventare architetto e sindaco di Madrid»

di Simona Santoni

Angelico e sensuale, Sergio Bernal sul palco incarna il fuoco e la passione del flamenco e la celestialità e la gentilezza della danza classica. Sempre centrando l’eccellenza. In un mix di carisma, bellezza e potenza scenica.

Ballerino madrileno di contaminazioni e creatività, di spirito e fisicità, protagonista assoluto della danza spagnola e stella internazionale, quando lo incontriamo a colpirci è la sua energia generosa. Occhi di cielo e sorriso amabile, Sergio Bernal ci parla con il cuore in mano, con sincerità calda. Ci rivela la paura di dover smettere di ballare e di perdere quella che da sempre è la sua voce. Ma ci contagia di entusiasmo per la sua voglia di architettura e per l’amore per la sua città. Uno dei suoi sogni? «Diventare architetto e sindaco di Madrid».

Oggi trentaquattrenne, è da quando aveva 4 anni che Sergio Bernal vive sulle punte. Vide il film Billy Elliot e capì che voleva danzare. Già primo ballerino del Balletto nazionale di Spagna, lo lasciò nel 2019 per fondare la sua propria compagnia, la Sergio Bernal Dance Company. Con la quale ora porta nei teatri storici e lirici italiani due spettacoli, Una noche con Sergio Bernal e SeR.
Con l’Italia ha un legame speciale, tanto che nella nostra intervista sfoggia un buon italiano!

Sergio Bernal
Foto: Nico Bustos
Sergio Bernal, “bailaor” di flamenco e “bailarín” classico

Stai portando in Italia due spettacoli. “SeR” è un progetto molto personale, una playlist della tua vita, da Beyoncé a Vivaldi, con passi alla Michael Jackson. Ci puoi raccontare?

«“SeR” vuol dire “essere” in italiano. È uno spettacolo nato durante la pandemia, nel lockdown, dopo che avevo lasciato il Balletto nazionale di Spagna. È una ricerca su me stesso, per capire chi sono veramente. Esplora tutte le emozioni che ho dentro di me: la paura, la vergogna, la tristezza, ma anche l’amore, la voglia di fare, la passione. Volevo raccontare tutto questo al pubblico visto che è stato il primo spettacolo realizzato con la mia compagnia, avviata da poco. È un lavoro di introspezione da condividere con gli spettatori».

Una Noche con Sergio Bernal invece è un racconto per quadri che si ispira alla cultura gitana, tra l’eleganza della danza classica e il fuoco del flamenco, che culmina in una versione inedita del Boléro

«Esatto. Racconta tutto il repertorio che ho messo in scena in carriera. È la scelta di tutti i pezzi che mi hanno fatto diventare il ballerino che sono. Ci sono i brani più importanti della danza spagnola, come Il cappello a tre punte e il Boléro o Orgia, c’è anche il flamenco con tutta la sua forza, con tre musicisti dal vivo che suonano chitarra e percussioni e la voce di Paz de Manuel. Ci sono tanti stili diversi, anche più contemporanei, c’è la danza classica, ad esempio con Il cigno, sulle celebri note de La morte del cigno interpretata memorabilmente da Maya Plisetskaya, per la prima volta fatta per un uomo. È una selezione di pezzi che mostra la varietà dei linguaggi che ho come ballerino».

Di solito cosa porti sul palco nei personaggi e nelle coreografie? Più le tue sicurezze o le fragilità? Più gioie o più paure?

«Dipende dal pezzo che interpreto e dalla storia che racconta ma sicuramente sempre metto nelle mie esibizioni la mia insicurezza perché sono una persona insicura. Su molte cose sono fermo e ho una direzione ben chiara, però di fondo sono un insicuro. Quindi quando salgo sul palco la prima emozione che arriva è la mia insicurezza. Poi, pian piano, arrivano anche la fiducia in me, la voglia di far vivere emozioni e di regalare bellezza, tutto quello che sono».

Sergio Bernal
Foto: Damiano Mongelli
Sergio Bernal. Tra i suoi progetti, uno spettacolo su Yves Saint Laurent

Come sta andando finora la tournée?

«Abbiamo iniziato a Trieste ed è stato bellissimo. Il pubblico italiano è un pubblico appassionato, pieno di energia, capisce perfettamente la storia dell’arte, credo dipenda dal fatto che l’arte è nata in Italia, oltre che in Grecia. Sa perfettamente quello che sta guardando.

L’Italia ormai è la mia seconda casa. Nei giorni scorsi sono stato a Roma, ho avuto l’opportunità di recarmi all’ambasciata di Spagna, situata in un palazzo spettacolare in piazza di Spagna, e quindi in municipio e dal terrazzo c’è una vista superba su tutta Roma. Quella bellezza non la puoi trovare da nessun’altra parte. Ci sono delle città magnifiche in Italia, penso anche a Venezia, che adoro. Quindi con il pubblico italiano abbiamo una responsabilità molto importante».

Come fai a saper così bene l’italiano?

«L’ho imparato perché mi piace tantissimo e perché sono venuto tante volte in Italia. Ho un gruppo di persone qui, per lavoro, che sono anche amici. Parlo con loro per tutto il tempo e riesco a imparare qualcosa. Ma devo ancora migliorare».

Danza classica e flamenco, come convivono in te? Sei il primo, credo, a farli vivere insieme…

«Ti faccio un esempio che ha un po’ a che fare con la moda. Io mi sento una persona molto classica, anche il mio fisico probabilmente è molto classico, però posso convivere con una moda più moderna. Posso indossare con sicurezza qualcosa di più audace per avere un’altra immagine.

Similmente, il flamenco e la danza classica convivono perfettamente: la danza classica mi dà la base, la tecnica e probabilmente anche la bellezza estetica che il flamenco non dà. Al contrario il flamenco mi dà la forza e tutte quelle emozioni che nascono dalla pancia e fuoriescono. Una supporta l’altro».

Sergio Bernal
Foto: Nico Bustos
Sergio Bernal, già primo ballerino del Balletto nazionale di Spagna

A proposito di moda, che rapporto hai con la moda? Come ti piace vestirti?

«Ancora non lo so, ogni giorno cambia un po’. Adoro la moda perché è anch’essa arte e io amo tutte le arti. Da ballerino convivo con la moda, è sempre presente sul palco, rende lo spettacolo più ricco. Ma anche quando esci dal teatro il pubblico si aspetta di vedere qualcosa di simile a quanto vissuto in scena. È quindi importante mantenere quell’essenza e quella bellezza: la moda mi dà questo. Alcuni stilisti sono stati per me vera e propria fonte d’ispirazione».

Quali stilisti?

«Ce ne sono tanti. Sicuramente Yves Saint Laurent, uno di quelli che più mi ha toccato. E poi John Galliano, ho amato Christian Dior, mi piace Giorgio Armani, che tutto quello che fa è così elegante! Ma anche Dolce&Gabbana e Valentino, con cui ho lavorato realizzando un piccolo spettacolo sulla sua vita. Ho avuto l’opportunità di conoscere Pier Bergé, compagno di Saint Laurent per tantissimi anni. La moda da sempre mi affascina».

Magari in futuro farai qualche spettacolo legato al mondo della moda?

«Spero. Abbiamo due progetti in divenire, uno di questi sulla vita di Saint Laurent: è il mio sogno. Ho bisogno però di tempo per poterne parlare.

Sono 30 anni che ballo e ora voglio raccontare belle storie, come quella di Saint Laurent: ha avuto momenti veramente difficili ma anche tanta bellezza, anche nella relazione con Bergé. È stato un rivoluzionario, ha messo la donna alla stessa altezza dell’uomo. Raccontare la sua storia sul palco è un sogno che spero di realizzare presto».

Quanto sei perfezionista nella danza e nella vita fuori dal palco?

«Tanto, cosa a volte non così positiva. La danza è una disciplina che ha bisogno di precisione, è un’arte di equilibrio, quindi si deve essere molto perfezionisti e lavorare tantissimo. Però ho capito che a volte fuori dalla perfezione si trova l’armonia, che è ancora più bella. Perché la perfezione a volte è noiosa.

L’armonia dà movimento, sonorità, un odore assolutamente diverso. Ora sto imparando, anche con la mia psicologa, ad arrivare soprattutto all’armonia. Questo anche nella vita di tutti i giorni perché alla fine è necessario trovare la pace, impossibile da conseguire nella perfezione: nulla sarà mai perfetto».

Sergio Bernal
Photo by Aldara Zarraoa/Getty Images
Sergio Bernal a Madrid, 7 novembre 2023

Tu porti la cultura spagnola nel mondo. Quanto ti senti madrileno?

«Mi sento madrileno al cento per cento. Uno dei miei sogni è diventare un giorno sindaco di Madrid. Per lavoro viaggio tantissimo ma torno sempre alla mia città. Non è bella come Roma e Venezia ma la adoro. La fa diventare stupenda la gente che la abita. Ha un’energia meravigliosa che ti fa uscire, andare per le strade e condividere la vita. Madrid, come la Spagna in genere, ha una cultura ricchissima, anche se non sappiamo bene come venderla».

Il tuo luogo del cuore a Madrid?

«C’è una piazza piccolissima, dietro il Teatro reale e il Palazzo reale, con una vista pazzesca su di essi e sulla Casa de Campo, il parco più grande di Madrid, verdissimo e stupendo. Quando morirò voglio che parte delle mie ceneri siano portate in questa piazzetta. E poi un po’ in Giappone, un po’ ad Ibiza che adoro e un po’ a Roma».

Quindi anche in Giappone?

«Sì, amo il Giappone. Vorrei le mie ceneri sul Monte Fuji, un luogo di una bellezza incredibile che tutti nella vita dovrebbero vedere almeno una volta. In primavera sul vulcano c’è ancora la neve, con una luce incredibile. C’è un silenzio che ti abbraccia. È un’immagine indimenticabile». 

Hai dovuto attraversare momenti difficili nella tua carriera da ballerino?

«Sì, tanti. È una carriera in cui non ci si ferma mai, si lavora per fare sempre meglio, per aggiungere movimenti mai fatti prima e ogni volta è un iniziare da capo. È un percorso difficile che non finisce mai. E la stanchezza spesso arriva e fa veramente soffrire. Ricordo quando uscii dal conservatorio: non sapevo in che direzione andare, se mi avessero preso al Balletto nazionale, ero in bilico. Ma l’età intanto avanza e non ti puoi fermare.

E poi c’è la propria immagine davanti a uno specchio con cui fare i conti. Si diventa giudici di se stessi: la gamba si può tirare più su, il braccio si può spostare di qua… È un continuo lavorare su di sé. E poi, proprio quando hai più esperienza, intanto il corpo va giù. Se sei architetto a 34 anni hai ancora tempo per diventare Norman Foster o John Wells, da ballerino no.

Però, dall’altra parte, quando sei sul palcoscenico ci sono dei momenti in cui non si sente niente: sei davanti a mille persone e hai il loro cuore in mano. Quando tu inizi il movimento, tutti iniziano quel movimento con te. E quello ti dà un potere che quasi nessuno ha. Sì, Donald Trump con una firma può decretare una legge che cambia le vite. Ma noi possiamo cambiare le emozioni delle persone e quello rimane per sempre».

Sergio Bernal
Foto: Damiano Mongelli
Sergio Bernal è un mix di carisma, bellezza e potenza scenica

Quando non balli, cosa ti piace fare nel tempo libero?

«Mi piace viaggiare e conoscere città diverse perché adoro l’architettura. Mi rilassa tantissimo visitare Parigi, Roma, Venezia o New York, camminare per le loro strade e guardare i palazzi più belli, capire di che stile architettonico si tratta e l’architetto che li ha progettati. E poi amo la musica e il mare: adoro fermarmi ad ascoltare il movimento dell’acqua».

Un film, Billy Elliot, ti ha illuminato su cosa volessi fare da grande. Di recente hai anche partecipato al film The Opera! di Davide Livermore e Paolo Gep Cucco. Qual è il tuo rapporto con il cinema? Vorrai tornare sul set?

«Sì, mi piacerebbe molto. Spero che arrivi qualche opportunità. In fondo anche un danzatore racconta una storia, ma in diretta. Il linguaggio del cinema è un po’ diverso ma anche noi siamo attori. Ho fatto anche un film con il regista Carlos Saura. Adoro il cinema, da cui ho preso tantissime idee per i miei spettacoli».

Qual è il tuo film preferito?

«Titanic, drammatico ma bellissimo: ci sono immagini spettacolari. Sono tantissimi i film che adoro. Amo Almodóvar, la sua fotografia, il modo che ha di raccontare la cultura spagnola».

Dopo 30 anni di carriera, cos’è per te la danza? La ami ancora come quando hai iniziato?

«La amo ancora tantissimo ma a volte litighiamo. Non so comunicare in un’altra forma che non sia la danza. Ho iniziato a ballare a quattro anni, quindi ho iniziato a parlare della mia vita ballando. Però quando ami tanto qualcosa c’è anche un altro lato della medaglia. Quando per tutta la vita hai comunicato solo in un modo e poi ti tolgono la voce sei costretto a iniziare una vita nuova. E questo mi fa un po’ soffrire. Non riesco ancora ad accettare l’idea che tra 10-15 anni dovrò smettere di ballare. Sto lavorando per riuscirci e pian piano ce la farò.

Sarà un lutto ma sarà anche una nuova nascita, probabilmente fuori dal palcoscenico creando ancora spettacoli e progetti. Durante il mio percorso mi hanno aiutato tante persone quindi voglio ridare quello che la vita mi ha dato, ed è stato tantissimo. Attraverso la danza vorrò aiutare i ragazzi che non hanno la possibilità di frequentare una scuola importante, i nuovi talenti, per dar loro la possibilità di diventare grandi ballerini. È una responsabilità che ho: sarà una mia nuova strada».

Sergio Bernal
Foto: Nico Bustos
Sergio Bernal, dal 2019 co-fondatore della Sergio Bernal Dance Company

Hai ancora un sogno da realizzare?

«Diventare architetto. Un architetto famosissimo e milionario a Parigi», sorride Sergio Bernal. «Sarebbe un sogno avere la possibilità di diventare architetto, adoro l’architettura».

E architetto e sindaco di Madrid al contempo?

«Non male, anche perché Madrid è stata edificata molto a fine anni ’60-’70 e molte costruzioni non sono granché. Devo trovare il modo di buttar giù e rifare: trovi sia un po’ napoleonico?», scherza Sergio Bernal. «Ma lo farei per il bene dei madrileni, perché l’architettura è importantissima, ti fa vedere la vita sotto altre prospettive, ti restituisce il riflesso del sole, ti fa vedere il giusto angolo di cielo. Ti fa avere una casa bella che ti abbraccia ogni giorno. Sì, vorrei tanto diventare architetto».