Dušan Vlahovic

Dušan Vlahovic

Il gol «come una dipendenza», la sicurezza in se stesso, la determinazione a vincere di un ragazzo che pensa al calcio 24 ore al giorno ed è considerato uno degli attaccanti più forti al mondo

di Jason Burt

Dušan Vlahovic sorride mentre pensa al titolo del suo libro preferito. «L’alchimista», dichiara, riferendosi alla storia spiritualmente edificante di un giovane pastore che intraprende un viaggio alla ricerca di un tesoro, ma finisce invece per imparare la propria importanza come persona. «La vita è davvero generosa con chi vive la propria Leggenda Personale», scriveva Paulo Coelho, autore brasiliano del best seller. È facile comprendere perché significhi così tanto per Vlahovic che, a 16 anni appena compiuti, divenne il più giovane marcatore – dopo essere già stato il più giovane giocatore –della gloriosa storia del celebre club serbo Partizan Belgrado e attualmente, insieme a Kylian Mbappé ed Erling Haaland, è uno dei giovani attaccanti più promettenti del panorama calcistico mondiale. In gennaio ha compiuto un altro passo per realizzare la propria Leggenda Personale entrando a far parte della Juventus, la squadra in cui sognava di giocare fin da quando era bambino e che l’ha acquistato dalla Fiorentina per 81,6 milioni di euro. Il viaggio che ha percorso fino a qui è già incredibile. E ha solo 22 anni.


Total Look Giorgio Armani

È proprio quel gol per il Partizan la prima cosa a cui ripensa durante questa intervista. Era febbraio 2016, solo sei anni fa, e aveva da poco firmato il suo primo contratto da professionista. Non ha mai dimenticato l’emozione provata quando segnò, una sensazione quasi travolgente. «In quel momento pensai “Ce la farò”», ricorda. «Mi dissi: “Posso diventare un grande giocatore”. Non sono ancora un grande giocatore, ma sto lavorando per diventarlo». Vlahovic è senza dubbio un marcatore nato, che vive per fare gol. È questo il “carburante” che lo spinge avanti. Si tratta quasi di una “dipendenza”, afferma con una certa esitazione, aggiungendo subito dopo che forse è un’espressione troppo forte. Riflette un attimo per cercare le parole giuste, e le trova. Segnare un gol «è come volare. È esattamente questa la sensazione. Volare». 


Camicia Dsquared2, jeans Levi’s

È una descrizione insolita e Vlahovic spiega cosa intende dire. «Ne stavo parlando con un paio di amici che continuavano a domandarmi “Che cosa provi esattamente quando segni un gol?”. Ho risposto: “Segnare per la tua squadra, per i tuoi compagni, i tuoi tifosi, i tuoi amici è qualcosa che puoi capire fino in fondo solo se hai vissuto direttamente questa esperienza”. Una grande gioia, è ovvio, simile a quella che provo quando sono con la mia famiglia, ma a livello di emozione non esiste niente di paragonabile. È un qualcosa che mi riempie, mi pervade completamente, quindi, quando non provo questa emozione, dopo la partita mi sento a terra, svuotato. Se segno, invece, mi sembra di volare. Mi sento al settimo cielo, volo. È una specie di carburante e una volta che l’hai provato devi averne ancora, e poi ancora, devi a tutti costi vivere ancora quell’emozione. È una dipendenza che ti stimola in ogni momento. È ciò per cui vivo. Specialmente quando lo stadio è pieno, quando senti tutto il tifo, tutti i fan che gridano il tuo nome. È fantastico, incredibile. E il modo migliore per spiegare questa sensazione è paragonarla a volare».


Jeans Versace

Vlahovic sta senza dubbio volando alto, anche se, finora, alla Juventus non ha ancora segnato i gol che si aspettava. Non ha avuto molte occasioni, ma non demorde. Quanto bravo potrà diventare? «Dico sempre che l’unico limite è il cielo e vedo solo l’orizzonte», afferma, proseguendo con la metafora del volo. «Farò tutto ciò che occorre per migliorare. Voglio offrire la versione migliore di me stesso».  Alto, con un fisico imponente e atletico, e determinato a fare sempre di più, Vlahovic è in grado di segnare in tutti i modi possibili: con tap-in rapaci, di testa, su punizione, da lunga distanza e, perdipiù, a ogni stagione migliora. La prima volta che si mise in evidenza aveva 19 anni e giocava nella Fiorentina: partito al galoppo dalla sua metà campo, segnò strappando il pareggio all’ultimo minuto contro l’Inter. L’anno successivo vinse il premio come miglior giovane della Serie A dopo avere messo a segno 21 gol, nonostante la Viola avesse trascorso tutta la stagione lottando per evitare la retrocessione.


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« In tutto il mio percorso, le parole chiave sono sempre state “sognare” e “lavorare duro”. Non mi è mai mancata la fiducia e l’autostima. Mi impegno duramente e con grande determinazione. Queste sono le cose più importanti, il mio slogan, il mio motto. Devi crederci».

Il 2021 è stato tutto suo. Le 33 reti segnate in partite di campionato in un solo anno solare gli hanno permesso di eguagliare il record italiano stabilito da Cristiano Ronaldo. Tra i giocatori dei cinque campionati europei più importanti, solo Robert Lewandowski, che milita nelle fila di un fortissimo Bayern Monaco, ha realizzato un numero più alto di reti. Contando tutte le partite disputate, Vlahovic ha segnato 39 gol. Per gli eccellenti risultati e il suo grande potenziale, Gianluigi Buffon lo ha acclamato come “il miglior giovane al mondo” insieme a Haaland e Mbappé. Christian Vieri lo ha definito, “tra gli attaccanti, il miglior talento in circolazione in Europa insieme a Haaland e il migliore della Serie A”.
Una delle qualità più notevoli di Vlahovic è la sua forza mentale. È stata la sua ferma determinazione a voler giocare nella Juventus a indurre la Fiorentina a considerare che, dato che il suo contratto prevedeva solo un’altra stagione dopo questa, fosse il momento giusto per venderlo. C’erano varie squadre della Premier League che lo avrebbero voluto, prima tra tutte l’Arsenal, e la scorsa estate il Tottenham Hotspur si era mostrato interessato. 

A gennaio, l’allenatore ad interim del Manchester United, Ralf Rangnick, aveva chiesto alla società di cercare di ingaggiarlo, ma lui aveva chiaro a cosa puntare. «Forse il mio agente ne sa qualcosa (circa l’offerta dell’Arsenal, ndr) ma io non ne ho mai parlato con nessuno. Avevo un’unica società in mente, perché la Juventus è la Juventus. Non c’è altro da aggiungere. E ora mi sento onorato di aver ricevuto questa maglia. Mi procura una sensazione incredibile ogni volta che la indosso: è speciale. Anche quando arrivo al Training Center, mi basta indossare il completo da allenamento per provare una grande emozione. Mi identifico completamente con il dna della Juventus, vedo chiaramente che la sua personalità è in linea con la mia. Essere qui significa non arrendersi mai, lottare costantemente, voler vincere sempre, sacrificarsi. È esattamente questo ciò che cercavo e non avevo alcun dubbio in proposito, quindi prendere questa decisione è stato estremamente semplice. Amo l’intera cultura che ruota attorno al mondo della Juventus. Puntano sempre a vincere ed è questa mentalità che mi piace. Comporta anche una certa responsabilità, pertanto voglio vincere il più possibile e voglio vincere tutto con la Juventus».


Camicia e pantaloni
Brioni, calze Nike,
scarpe Church’s

La sua passione per la squadra bianconera è iniziata presto. L’ex attaccante della Juve Valeri Bojinov racconta di avere avuto una conversazione con Vlahovic quando aveva 15 anni e giocavano entrambi nel Partizan. Secondo Bojinov, Vlahovic dichiarò che sarebbe stato «il prossimo Zlatan Ibrahimovic». Quando oggi gli si cita questo aneddoto, alza gli occhi al cielo… «Non è andata esattamente così», afferma, poi però aggiunge: «Bojinov in realtà giocava nella Juventus e c’era anche Ibrahimovic e io continuavo a domandargli com’era lui, che cosa significava giocare in quella squadra, cosa ha fatto per entrare a farne parte. Mi interessavano questi aspetti». Con tono appassionato, prosegue: «Paragonare dei semplici giocatori con i migliori, con grandi campioni che nella loro carriera hanno segnato 400, 500 gol, che hanno vinto 20 o 30 titoli e trofei e hanno raggiunto così tanti traguardi nel calcio, probabilmente è un po’ ingiusto! Non mi dà fastidio, ma è anche vero che quando si fanno paragoni di questo tipo, le aspettative salgono alle stelle e se poi commetti uno o due errori, vieni criticato per non essere stato all’altezza. Tutti abbiamo il diritto di sbagliare, siamo tutti esseri umani. Personalmente, ciò che desidero è avere la mia carriera, compiere il mio percorso».

Ibrahimovic rimane comunque una delle sue icone: «Ci sono due calciatori in particolare, e hanno entrambi giocato nella Juventus. Sono cresciuto con il mito di Cristiano Ronaldo, che ha vinto il suo primo Pallone d’Oro quando avevo solo 8 anni, e poi c’è Ibra. Al di fuori del calcio c’è Novak Djokovic, anche lui è serbo ed è senza dubbio il numero uno, e l’ho sempre ammirato molto. Infine Michael Jordan: non l’ho mai visto dal vivo, ma ho guardato vari servizi e documentari su di lui, mi piace la sua mentalità». Vlahovic è particolarmente affascinato dal suo compatriota Djokovic e ammette che gli piacerebbe moltissimo incontrare questa star del tennis. «Chi non desidererebbe avvicinarlo? È un grande campione. Voglio scoprire di più su come ha realizzato alcune cose. Se parliamo di forza mentale, lui è davvero bravo in questo. Basti pensare a come gestisce certi problemi o a come riesce a giocare sette partite di fila e a superare sette ostacoli per vincere un torneo del Grande Slam. Se credi in te stesso, se hai fiducia, non c’è nulla che ti possa destabilizzare. Devi avere questa forma di forza mentale che, anche se qualcosa andasse storto, ti aiuterà certamente ad affrontare i problemi. Non mi sono esercitato per svilupparla, ritengo che sia una qualità innata nel tuo carattere, fa parte di te».


Camicia Re-Hash, jeans
Levi’s

Quindi si sente sotto pressione? Vlahovic reagisce come se fosse stato insultato. «Mi piace la pressione», afferma. «Mi piacciono le aspettative alte e l’adrenalina che scatenano. Non ho mai patito troppo la pressione; forse quando ero più giovane, ma ora no e probabilmente tra dieci anni mi sentirò ancora meglio al riguardo. Sinceramente non m’interessa molto quando la gente parla di “sentirsi sotto pressione”». La sua voglia di lavorare è leggendaria, incluse le molte ore supplementari sul campo di allenamento. «Non mi voglio mai riposare», ammette, e il tempo che gli rimane per attività extra calcistiche è scarso.

«Mi dedico al calcio 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana e quando vado a casa cosa faccio? Guardo partite di calcio!», racconta. «Le guardo per divertirmi, per rilassarmi, ma anche per imparare e migliorare. Noto delle cose, le analizzo e penso “Io avrei potuto fare questo o quello”. Mi piace trascorrere del tempo con la mia famiglia, che da sempre è la mia forza, e con gli amici. I videogame non mi interessano, e non sono neppure molto bravo a giocarci, preferisco uscire a fare una passeggiata! In passato avevo tempo per leggere qualche libro, ma ora non più. Fondamentalmente mi sono completamente dedicato al calcio e comunque, per me, questo è solo l’inizio. Il meglio deve ancora venire». È così che Vlahovic vive la propria Leggenda Personale.

Photos by Giampaolo Sgura, Styling by Edoardo Caniglia, Grooming: Gabriele Trezzi @BlendManagement using Face D. Styling assistant: Valentina Volpe