

Addio a Vivienne Westwood, la ribelle punk della moda
Indomita combattente, audace stilista e attivista green, è stata ispiratrice di cambiamento responsabile e protesta. Sempre in battaglia
Una chioma di capelli rosso fuoco e paglia, incendiaria come la sua personalità ribelle, da stilista e attivista. Icona punk e ambientalista, Vivienne Westwood ha influenzato non solo la moda, ma la storia contemporanea. Se ne va a 81 anni, morta il 29 dicembre circondata dalla sua famiglia a Clapham, nel sud di Londra, dopo oltre cinquant'anni trascorsi a fare della sua arte un podio politico.

La regina del punk tra moda e provocazioni
Passione e determinazione le compagne di ogni suo giorno, sia quando lavorava nello showroom fino a tardi, sia quando manifestava a Westmister per la battaglia sul clima.
Vivienne Westwood, sì, anche se il suo cognome originario è Swire. Westwood è il cognome del primo marito, con cui è rimasta sposata solo quattro anni: l’abito delle nozze, nel 1962, una sua creazione.
Ma è stato l’incontro con Malcolm McLaren, futuro manager dei Sex Pistols, a cambiarle la vita (oltre a troncare il matrimonio): nel 1971 il duo, spinto dalla voglia di rompere con la generazione hippy da 'Peace and Love”, ha iniziato a confezionare vestiti e ha aperto un negozio al numero 430 di Kings Road a Londra, Let it Rock. La ribellione è servita tra t-shirt porno, capi da motociclista in cerniere e pelle nera, magliette strappate e stampe provocatorie con slogan e grafiche scioccanti e anti-establishment. La boutique fu poi identificata da teschio e ossa incrociate e ribattezzata “Too fast to live, too young to die”, cambiando più volte nome, da “Sex” nel 1974 a “Worlds End” nel 1980: una mecca della moda giovanile.

La vicinanza della coppia con i Sex Pistols, che con il loro inno anarchico e irriverente God save the Queen hanno spolpato classifiche, ha ancorato Vivienne all’universo punk. Il successo era nell’aria. È di quel periodo la celebre t-shirt con il volto della regina Elisabetta con la bocca cucita, rimasta iconica nella fashion-history.
Nel 1981 la prima sfilata a Londra. Il titolo? “Pirates”. L’anno segna anche la fine della storia con McLaren: rimasero partner professionali per altri cinque anni, ma Westwood affermò presto la sua identità di stilista indipendente e leader.

Nel 1985 la collezione iconica Mini-Crini, che combina la costruzione a campana della crinolina vittoriana con la moderna minigonna: è il passaggio verso il mondo sartoriale, più attento alla rielaborazione di guizzi presi dall'abbigliamento storico. Per due decenni si è lasciata ispirare da fonti classiche, dai dipinti di Jean-Honoré Fragonard e Thomas Gainsborough, oltre che da abiti d’epoca britannici, riletti con il suo sguardo audace e controcorrente.
Se negli anni si è allontanata dallo stile bondage e sadomaso degli inizi, non ha mai tradito il suo spirito punk. «Sarò sempre punk», ha detto. «Quello che faccio oggi è ancora punk. Si tratta sempre di gridare contro l'ingiustizia e far riflettere le persone anche se è scomodo».

L’impegno politico e green
Nel 1992 la stilista è stata nominata Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico. Sempre irriverente, è stata fotografata senza mutande appena finita la cerimonia, mentre usciva da Buckingham Palace e faceva roteare la gonna.
Sempre schierata e ultrapoliticizzata, è stata pioniera dell’ambientalismo. Era il 2008 quando invitava l'industria della moda a tenere conto del cambiamento climatico ed esortava i consumatori a non comprare continuamente vestiti nuovi. «Sono una combattente», ha dichiarato più volte.
Nel 2012 ha fondato Climate revolution, piattaforma per scuotere i politici in difesa del clima. Le sue parole: «La battaglia non è più tra classi o tra ricchi e poveri, la battaglia è tra idioti ed eco-consapevoli».
L’ultima eredità del suo impegno green è la “Letter to the Earth”, realizzata a mo’ di video-messaggio per la Cop26 del novembre 2021.

L’altra sua grande battaglia è stata la difesa di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks arrestato nel 2019. Eccola allora in una gabbia gigante davanti a un tribunale di Londra per protestare contro la sua estradizione. Oggi WikiLeaks ha twittato una foto della stilista indomita e una di Assange fianco a fianco, con indosso la stessa maglietta disegnata da Westwood, e la scritta: «Rest in Power».
«La sua palpabile inclinazione alla ribellione e la sua morale anti-sistema sono alla base di tutte le sue azioni, che diventano immediatamente contagiose», aveva detto di lei la regista Lorna Tucker, autrice del documentario del 2019 Westwood. Punk. Icona. Attivista. Un film oggi da vedere e rivedere.