

La rinascita del Made in Italy: dagli stilisti emergenti alle località
La moda italiana è la più chiacchierata. E il Bel Paese funge da passerella per i colossi del fashion system. Inaugurando il Rinascimento del Made in Italy
Così come avvenne nell’Italia del Cinquecento, in cui emergevano Botticelli e Bellini, oggi il Made in Italy sta attraversando il suo Rinascimento. Dopo anni di relativa crisi in termini di creatività, attenzioni e novità. A confermarlo è il report di Lyst, il Google della moda, secondo cui ben 7 marchi sui 10 più chiacchierati del primo semestre del 2023 siano italiani. Un traguardo importante, che evidenzia la capacità della nostra moda di mantenere il grande mito del “fatto a mano in Italia”.
La nascita del fenomeno del “Made in Italy”
Alla fine di questo si parla, e bisognerebbe ringraziare Giovanni Battista Giorgini. L’imprenditore fiorentino portò i buyer di tutto il mondo a Firenze per la prima sfilata di alta moda, molto simile a quelle odierne: tanti vestiti, altrettanti invitati e alcuni fotografi capaci di documentare l’affermazione del fashion system italiano. Ora diviso tra il capoluogo lombardo e quello fiorentino.

Ma il progressivo ripopolamento della Milano Fashion Week, di pari passo all’exploit del Pitti Immagine che ha annunciato la presenza di una faraonica sfilata in collaborazione con l’e-commerce Luisaviaroma, non è casuale. A dettarlo sono i grandi marchi: da Versace a Prada, fino a Dolce&Gabbana, Gucci e Bottega Veneta, i direttori creativi hanno prestato maggior attenzione ai cambiamenti sociali, talvolta anticipandoli. E rivitalizzando il sogno degli abiti “fatti a mano”, anche se in alcuni casi non lo sono. Ma l’importante è che lo sembrino. Chi scegliendo il massimalismo e chi il minimalismo, chi le tendenze sporadiche e chi i passepartout.
Gli stilisti emergenti italiani
Eppure il sistema moda milanese non può resistere, e progredire, senza abili giovani talenti. Questo non è un problema perché è in atto un sotteso quanto silenzioso cambio generazionale, adesso noto anche a chi il settore non lo frequenta assiduamente. Magliano e Quira, ad esempio, si sono posizionati tra i dieci finalisti del LVMH Prize 2023, il concorso dell’omonimo gruppo francese. Poi si aggiungono Federico Cina e Francesco Murano, che raggiungono le celebrità americane al femminile. Oppure Christian Boaro, il quale ha vestito Achille Lauro, e Andrea Grossi, molto apprezzato all’estero.

Insomma, di nuovi volti capaci di affiancare i più affermati, e magari di sostituirli, ce ne abbiamo. Ma manca il coraggio di affidarsi a visioni realmente fresche. Per ora è giusto farli crescere, sbagliare ed assaporare la libertà di sperimentare, però poi bisognerà concederli l’opportunità di dimostrare il presente e futuro della moda italiana. Non potremo mica avere Donatella e Miuccia per sempre.
Il rapporto tra alta moda e territorio italiano
E la rinascita del Made in Italy non parte solo dal lusso o dall’artigianato alla Borsalino, piuttosto è alimentata dalle località dello stivale tricolore. Pucci dimostra fedeltà alle radici fiorentine sfilando il 4 maggio nel capoluogo toscano. Invece Alberta Ferretti a Rimini, precisamente al Castel Sismondo, per la collezione Resort 2024. Anche Louis Vuitton sceglie l’Italia, valorizzando l’insolita Isola Bella sul Lago Maggiore.

Così editori, giornalisti e celebrità verranno catapultati nel territorio italiano, continuando il trend delle sfilate-evento ad alto impatto mediatico. Un fenomeno iniziato da Dior e Dolce&Gabbana tra la Puglia e la Sicilia. Utile per attrarre gente che creda e investa nel Bel Paese, ma pericoloso in termini di ecosostenibilità e attenzione al prodotto in sé, oscurato da contenuti social e momenti virali.
Il futuro della moda italiana
Chissà se questo Rinascimento avrà modo di continuare, è certo però che la crisi post pandemica sia stata arginata con rincari e crescite esponenziali del fatturato. Altrettanto certa è la parità tra Milano e Parigi, perlomeno per marchi - affermati o alle prime armi - ed inventiva

Forse i francesi sono più bravi a sostenere gli emergenti, affiancandoli a veterani del settore o posizionandoli su celebrità e magazine. Oppure azzardando con le nomine dei direttori creativi. Ma qualcosa si sta smuovendo nel sistema moda italiano, anche perché senza le nuove generazioni come può andare avanti l’industria?