Il Premio Strega 2020 e il Grande Romanzo Italiano

Il Premio Strega 2020 e il Grande Romanzo Italiano

di Digital Team

È il suo momento: quattro libri con l’ambizione di raccontare il nostro Paese.

Il 2020 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui il Grande Romanzo Italiano, dopo essere stato a lungo evocato, finalmente apparve. E si moltiplicò. Ci siamo chiesti per anni se questo fosse un Paese dove potesse nascere, alla maniera dell’America (da cui scherzosamente si è mutuata l’espressione Grande Romanzo Americano, definizione del 1868 dello scrittore John William DeForest), una grande storia passata o presente, che potesse svelare il carattere nazionale: i nostri sogni, i nostri miti, le nostre ascese e discese, una saga famigliare o individuale, un’opera altamente ambiziosa, quando non mostruosa.

Non è l’Italia Paese per questo genere, ci si era risposti in tanti, nonostante precedenti piuttosto clamorosi come Il Gattopardo o persino I promessi sposi, o un Fratelli d’Italia di Alberto Arbasino per i più ricercati. L’Italia è Paese di elzeviristi, commentatori intagliatori, piccoli raccontatori, miniaturisti, più che di grandi architetti epici e fluviali, si era sostenuto pure con qualche ragione.

Ebbene, il Premio Strega di quest’anno vede già un Grande Romanzo Italiano in lizza ed è Il colibrì di Sandro Veronesi con il suo italianissimo protagonista, l’oculista Marco Carrera nella sua ascesa e discesa vertiginosa – nelle parole di Alessandro Piperno, «uno spot all’arte del romanzo, in bilico tra poesia e melodramma» – insieme all’esordio al romanzo di un classe ’44, che non ha mai scritto, pur essendo stato un divo dell’editoria degli ultimi 30 anni, ovvero Gian Arturo Ferrari, ex direttore editoriale di Mondadori, che esce con Feltrinelli con una storia di formazione intitolata Ragazzo italiano, e che magari non nella lunghezza (circa 300 pagine), ma sicuramente nell’ambientazione – racconta le speranze e i desideri di un bambino poi ragazzo negli anni tra il Dopoguerra e il Boom – può aspirare a essere inserito nella categoria. C’è poi (ma non tra i finalisti del Premio Strega) Prima di noi di Giorgio Fontana (Sellerio), saga famigliare in 896 pagine che prende lo spazio di più di un secolo (dal 1917 al 2012) e quattro generazioni, tra il Friuli e la Milano contemporanea, e in mezzo due guerre mondiali: un libro che la stessa bandella definisce «vasto ritratto narrativo del Novecento italiano» cosa può essere se non programmaticamente un Grande Romanzo Italiano in potenza?

Non si fa in tempo a mettersi a leggere, che anche il Saggiatore se ne esce con L.O.V.E. di Giancarlo Liviano D’Arcangelo per la bellezza di 845 pagine: che sia un grande, nel senso di imponente e ambizioso, romanzo non vi sono dubbi; sulla dicitura “italiano” forse qualcuno sì: la storia è vero è quella di una famiglia italiana, i Giordano, raccontata a partire dalla morte del capostipite Italo, ma si tratta di una specie di royal family del capitalismo globale (come sono potuti esserlo gli Agnelli o i Berlusconi) e il respiro quindi oltrepassa quello della Penisola e segue la traccia delilliana dell’Ordine del Capitalismo Mondiale.

Tramontata quella New Italian Epic, annunciata con forse eccessivo entusiasmo dai Wu Ming sul finire degli anni Zero, ma che comprendeva cose troppo diverse da loro – romanzi storici, romanzi gialli, romanzi ucronici – per essere una categoria con qualche affidabilità che non fosse semplicemente il gusto dei suoi estensori, non si può non notare che proprio nel momento di massima sfiducia nei confronti della lettura e dei libri in genere, sembra essere venuta agli scrittori italiani la voglia del grande affresco sviluppato dalle 300 pagine in su con il nostro Paese che si emancipa dall’essere sfondo di scenari gialli e criminosi – una sua specialità indiscussa – per diventare luogo di storie che sono insieme maiuscole e minuscole, ma che in ogni caso dicono qualcosa anche di noi.

Ora, se è vero che il Grande Romanzo Americano è anche, se non soprattutto, una storia che ha a che fare con lo sport, grande metafora del carattere nazionale (come il baseball in Underworld di DeLillo), c’è solo da aspettare un Grande Romanzo Italiano in cui c’entri finalmente il calcio.

Articolo pubblicato su ICON 58 di marzo