Alla scoperta di Portovenere tra storia, gastronomia e suggestioni letterarie. Ecco cosa non perdere.

Portovenere ha qualcosa di magico e unico: è un grappolo di case colorate che si affacciano su una baia d’incanto dall’acqua cristallina. Nelle notti silenziose si vive un’atmosfera rarefatta caratterizzata da giochi di luce e ombra, di scroscio e ruggire di onde, di esitare di gozzi che dondolano sull’acqua, di suggestioni di luna e di stelle, come di musica che giunge da momenti di “dolce vita”, di “salotti” e incontri gioviali. “A quelli che giungono dal mare appare nel lido il porto di Venere e qui, nei colli che ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse per tanta dolcezza Atene, sua patria…” scriveva il poeta Giovanni Petrarca, nel 1338, per celebrare questo luogo.

Portovenere si allunga sulla frastagliata costa della riviera ligure di levante, accoccolata nella sponda occidentale del golfo della Spezia, detto anche “golfo dei Poeti”, per le numerose frequentazioni di artisti, poeti e scrittori, letterati e intellettuali. Portovenere è un microcosmo di paesini, quelli di Fezzano, Le Grazie e Porto Venere, e di isole, quelle di Palmaria, Tino e Tinetto. Nel 1997, insieme ai villaggi delle Cinque Terre, è stato dichiarato patrimonio dell’UNESCO.

Portovenere è un caleidoscopio di colori, sensazioni, profumi, sapori, mare e natura selvaggia che si sposano a una comunità di genti calde e solari, che hanno fatto del rito dell’ospitalità uno stile di vita.

Portovenere è magia acquatica di un connubio perfetto tra mare e terra, roccia e cielo. Qui aleggia qualcosa di mistico, un’anima profonda di luogo che conquista il cuore. Si racconta che il nome Portovenere si riferisca a un tempio alla dea Venere, risalente al primo secolo avanti Cristo, che si trovava sul promontorio dove adesso si trova la chiesa di San Pietro. Secondo la leggenda, Venere era nata da una conchiglia uscita dal mare o dalla spuma del mare, che trionfa proprio sotto quel promontorio, con le onde che si spaccano sulle rocce e diverse meravigliose grotte naturali. Questo nome è stato anche connesso all’eremita San Venerio, che viveva sull’isola di Tino.

Ai tempi dei Romani Portovenere era una comunità di pescatori. Divenne poi la base della flotta bizantina nel Tirreno settentrionale, ma fu distrutta dai Longobardi nel 643 d.C. E la sua storia continua a essere ricca e preziosa, avventurosa e coraggiosa. Ci furono gli attacchi dei saraceni e turchi, il periodo in cui divenne feudo di una famiglia di Vezzano prima di passare alla Repubblica di Genova nel dodicesimo secolo, il dominio francese nel 1797, durante il quale nel 1812 si costruì la “Strada napoleonica”, l’attuale strada provinciale che collega le varie località. Leggende, tradizioni e memorie si respirano ancora nell’aria, come si scoprono andando alla scoperta dei monumenti, delle vie connesse da poche e strette scalinate, del centro come delle zone limitrofe. Tra le storie aleggia quella del 1494, quando Porto Venere respinse un pesante attacco aragonese, con la difesa perfino di un manipolo di donne capitanate dal famoso corsaro locale Baldassarre Bardella. Astutamente questi consigliò di spalmare gli scogli di sego per impedire lo sbarco degli assalitori.

Suggestioni di Byron e non solo

“C’è piacere nei boschi senza sentiero, c’è rapimento nella sponda solitaria, c’è società in cui nessuno si intromette, dal mare profondo, e la musica nel suo ruggito; non amo meno l’Uomo, ma la Natura di più” poetava Lord Byron.

Portovenere era un’apprezzata meta di villeggiatura per molti artisti e letterati tra la fine Ottocento e l’inizio Novecento e continua tuttora a essere musa ispiratrice. I poeti britannici George Byron e Percy Bisshe Shelley l’adoravano. A Byron piaceva meditare nella grotta che porta ora il suo nome: una volta, nel 1822, nuotò per 7,5 chilometri, nonostante un problema al piede, per vedere l’amico Percy Shelley a Lerici. Il suo percorso ora è diventato una sfida di nuoto: la “Coppa Byron”, a luglio o agosto.

Salendo al Castello Doria, a Lerici, si ammira un panorama spettacolare che spazia pure su quel tratto di mare e che fa pensare al passato e al presente, una bellezza che fa correre il pensiero a magiche suggestioni e impressioni di paesaggio: mare azzurrissimo e cielo segnato da baffi di nuvole inseguite dal vento. Il profilo della chiesa di San Pietro, costruita intorno al 1200, pare emergere dall’acqua e rimanervi sospesa, tra cielo e roccia. È in stile gotico-genovese; al suo interno si respira un misticismo infinito, mentre all’esterno si osservano cornici di paesaggio tra le finestre quadrifore aperte sul mare della sua loggia.

La bellezza di questa chiesa è tale, che il poeta Eugenio Montale, l’ha citata come “cristiano tempio” in una delle sue poesie:

Là fuoresce il tritone
dai flutti che lambiscono
le soglie d’un cristiano
tempio, ed ogni ora prossima
è antica. Ogni dubbiezza
si conduce per mano
come una fanciulletta amica.

Là non è chi si guardi
o stia di sé in ascolto.
Quivi sei alle origini
e decidere è stolto:
ripartirai più tardi per assumere un volto”.

Di fronte alla Chiesa di San Pietro si distinguono le “perle” del Golfo dei Poeti, le isole di Palmaria, Tino e Tinetto, che paiono bellissime sirene che intonano canzoni ammalianti al mare e agli avventurieri che giungono sulle loro sponde. Dalla piazza della Chiesa di San Pietro un piccolo cancello segna l’ingresso alle rampe di scalini che scendono alle grotte, tra cui si trova pure la Grotta di Byron, e a un mare bellissimo, limpido e cristallino, dove si può tuffarsi o prendere il sole presso le sue rocce.

L’isola Palmaria, che vanta belle spiagge ed è ricoperta da una fitta macchia mediterranea, è raggiungibile a nuoto dagli scogli di Portovenere, oppure si possono utilizzare le imbarcazioni che partono da Porto Venere. Di certo, vale la pena vedere questi luoghi anche dall’acqua. Raggiungibile solo in barca è al Grotta Azzurra, famosa per i riflessi colorati delle sue acque.

L’isola di Tino è territorio militare: è concessa solo la pesca subacquea o è permesso visitarla, di solito, solo due volte l’anno, il 13 settembre, per la festività di San Venerio, durante la quale si fa una processione di barche e si trasferisce la statua del santo qui da La Spezia.

L’isoletta di Tinetto è famosa per la pesca subacquea e le sue grotte, tra cui la Grotta sommersa, che vanta spettacolari giochi di luce. Su quello che è chiamato lo “scoglio del diavolo”, presso cui c’è una pericolosa secca, è collocata la statua bianca della Stella Maris, che protegge i naviganti.

Spingendosi, invece, a piedi dalla Chiesa di San Pietro verso il lungomare si scopre una catena di vecchie case coloratissime, abbarbicate e costruite su una roccia. Di tanto in tanto dentro si sviluppano ristoranti coi tavolini all’aperto, bar, botteghe di artigianato e di prodotti tipici, qualche boutique che occhieggia al trend. Diverse scale invitano all’interno, dove si rivelano tracce di storia. Salendo per i carugi, con, talvolta, panni stesi ad asciugare al sole e al vento che oscillano sulle teste e voci di gente in festa, si arriva alla chiesa di San Lorenzo. Eretta durante il periodo della Repubblica di Genova, custodisce la pergamena della Madonna Bianca. È chiamata così per la pelle chiarissima della Vergine. Si dice sia miracolosa, perché continua a conversarsi in questo modo senza restauri. Ogni anno, il 17 agosto, si celebra la sua festa. La Madonna Bianca è considerata la protettrice di Portovenere.

Ma Portovenere non è solo un “gioiello” della storia, ma una meta vivace e vibrante, dove si fanno feste sul mare, sulla spiaggia, nei numerosi bar e locali che la costellano, con una movida irresistibile, soprattutto in estate, anche se pure in inverno è carica di suggestione. Portovenere è da vivere in tutte le sue sfaccettature, con i suoi sapori e la sua squisita gastronomia, con un’uscita in barca a vela, approfittando della compagnia dei venti, famosi in questa zona per la loro intensità, con la voglia di socializzare con i liguri, come anche credeva Ernest Hemingway, che pure amava tanto la Liguria. “Fuori dei villaggi c’erano vigneti. Il terreno era scuro e le viti scabre e fitte. Le case erano bianche e gli uomini, nei loro vestiti della domenica, giocavano a bocce in mezzo alla strada” scriveva delle zone limitrofe di La Spezia, magari lasciandosi ispirare da un buon bicchiere di vino. Abbiamo scelto alcuni indirizzi dal “sapore locale”.
 

Dove mangiare a Portovenere

Antica Osteria del Carugio
Il gestore, Alessandro, cura tutto nei minimi particolari. Vi si gusta dell’ottimo pesce come cucina ligure, e ci sono perfino delle scelte vegetariane.

Il Timone è una pizzeria e un ristorante dove si possono assaggiare pietanze tipiche, come la focaccia, il pesto, le trofie, la farinata. È gestito dalla simpatica Antonella Cheli. Vi sapranno consigliare anche il vino ideale da sposare al cibo.

Trattoria Da Iseo è un locale tipico, gestito da Federica Basso, che offre sia gastronomia locale e ligure sia qualcosa di creativo. Squisiti sono gli spaghetti alle cozze o ai frutti di mare, come tutti i piatti a base di pesce.  

Dove dormire a Portovenere

Affitti e case di vacanze locali si trovano sul sito di Firenzeand5terre. Si possono anche scegliere alloggi non direttamente a Portovenere, ma non distanti da qui, alle Cinque Terre e a La Spezia.

Il Grand Hotel Portovenere è custodito in un ex convento francescano ristrutturato. Ha una posizione spettacolare, con vista mozzafiato, con ampie terrazze che danno sul mare. Le spaziose camere sono arredate con colori rilassanti, in cui predominano il sabbia e l’azzurro, per rispecchiare il paesaggio. Il ristorante Palmaria ha sede in una veranda che si affaccia su un canale, ha un’atmosfera raffinata e il suo menù è ispirato all’epopea del “Grand Tour”, il viaggio di cultura e piacere che l’aristocrazia e gli intellettuali europei compivano, spesso in Italia, a partire dal diciassettesimo secolo. Si va da piatti tradizionali a quelli più creativi.

Villa Claudia è una villa stupenda, affittabile completamente. È gestita dalla gentilissima Paola Solari, che mette perfino a disposizione degli ospiti un gommone e un cuoco.

Tra i tanti che hanno subito la malia di Portovenere c’è pure lo scrittore Guido Piovene:

“Portovenere, presso La Spezia, è una muraglia di case addossate alla roccia ed alte come torri, quasi uno scenario di torri accostate l’una all’altra. Traforano questa muraglia, conducendo ai vicoli interni, passaggi alti come un tunnel, al centro dei quali pende una vecchia lanterna; le donne alle finestre degli ultimi piani sembrano evocazioni di un negromante. Da quell’altezza piombano e si sfasciano in terra cartocci contenenti cibo per i gatti. Ma basta salire dal porto alla chiesetta di San Pietro, esterno gotico dipinto a fasce orizzontali, una scura e una chiara, secondo l’usanza ligure, e interno siriaco, per ritrovarsi in uno splendido e solitario panorama di rocce, di qui si scorgono, di sbieco, le Cinque terre”.

Italo Calvino, a proposito della costa ligure, scriveva:

“Se allora mi avessero domandato che forma ha il mondo avrei detto che è in pendenza, con dislivelli irregolari, con sporgenze e rientranze, per cui mi trovo sempre in qualche modo come su un balcone, affacciato a una balaustra, e vedo ciò che il mondo contiene disporsi alla destra e alla sinistra a diverse distanze, su altri balconi o palchi di teatro soprastanti o sottostanti, d’un teatro il cui proscenio s’apre sul vuoto, sulla striscia di mare alta contro il cielo attraversato dai venti e dalle nuvole”.