Cinema indimenticabile: i 10 film cult da vedere almeno una volta
Courtesy of Getty Images

Cinema indimenticabile: i 10 film cult da vedere almeno una volta

di Andrea Giordano

Da “C’era una volta in America” a “Schindler’s List”, da “Arancia Meccanica” a “2001 – Odissea nello spazio”. Ecco i dieci film da vedere almeno una volta

Nelle classifiche di ogni tempo ci sono film che non mancano mai. Sono capolavori, esempi perfetti, diventati di culto, di come il cinema, certi registi e autori, abbiano da quel momento cambiato ulteriormente la storia, loro e nostra. Pellicole immortali, simboliche, uniche nel loro genere, capaci oltremodo, nei passaggi generazionali, di regalarci sempre uno sguardo moderno, riflessivo, affascinante, inventivo, su come la creatività non passi per fortuna di moda. Ecco allora 10 film indimenticabili che non smetteremmo di guardare, e magari rivedere subito.

C’era una volta in America di Sergio Leone

Courtesy of Sunset Boulevard/Corbis via Getty Images)
“C’era una volta in America” diretto da Sergio Leone

Tra le opere più belle realizzate da Sergio Leone, che degli spaghetti-western d’alto profilo (Giù la testa, C’era una volta il West e Il buono, il brutto e il cattivo), è stato in primis sommo poeta visivo e ispiratore di molti, tra cui Quentin Tarantino. L’anno è il 1984, mentre la storia si svolge tra gli anni ’20 e il 1968, quelli dei gangster, del proibizionismo, di un’America straordinariamente viva, cruenta e romantica, in cui si spara, si muore, si rinasce, tra vendette e sensi di colpa, prove d’amicizia, ma dove alla fine ci innamoriamo di ogni sfumatura e personaggio. Spicca tutto: le musiche di Morricone (i temi di ‘Deborah’ o ‘Cockeye’), i costumi di Gabriella Pescucci, e attori superbi, a partire da Robert De Niro, seguito da James Woods, Danny Aiello, Joe Pesci, Elizabeth McGovern. E quando il personaggio di Noodles/De Niro torna a casa ormai anziano, invitato dal senatore Bailey, scatta una delle frasi del film: ‘Che hai fatto in tutti questi anni?‘, gli domanda l’amico Fat Moe. ‘Sono andato a letto presto‘.

2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick

Courtesy of Metro-Goldwyn-Mayer/Getty Images)
Keir Dullea, protagonista di “2001: Odissea nello spazio” diretto nel 1968 da Stanley Kubrick

Dopo aver scoperto un misterioso artefatto sepolto sotto la superficie lunare, un’astronave viene inviata su Giove per trovarne le origini: un’astronave presidiata da due uomini e il supercomputer H.A.L. 9000. Stanley Kubrick ha sfornato capolavori, che nel tempo però si sono fortificati, risultando precursori, anticipatori, in termini di idee, temi, design, rapporti, tra uomini e macchine, tra tecnologia e natura umana. 2001: Odissea nello spazio va proprio in questa direzione. Scritto in sceneggiatura dallo stesso regista e il grande scrittore Arthur C. Clarke, sa catapultarti in un vortice di genio e invenzione, a cui altri Maestri (come Christopher Nolan) continuano a guardare. Scimmie urlanti e preistoriche (all’inizio), monoliti, ci lanciano poi nell'(iper) spazio infinito e cromatico da cui nessuno vuole sfuggire.

Blade Runner di Ridley Scott

Courtesy by Warner Bros./Archive Photos/Getty Images)
Harrison Ford, interprete principale di “Blade Runner” diretto da Ridley Scott

Fresco dei primi 40 anni compiuti l’anno scorso, la pellicola di Ridley Scott (adattamento del romanzo di Philip K. Dick scritto nel 1968, ovvero Il cacciatore di androidi), è ormai una pietra miliare nell’orizzonte cinematografico. Visionario e futuristico. Nella Los Angeles distopica, anno 2019, c’è tutto: dai rimandi alla pittura di Edward Hopper al cyber punk, in cui attraversiamo mode, stili, multirazzismo, la colonna sonora di Vangelis, e cacciatori, i Blade Runner appunto (il protagonista era Harrison Ford), contro replicanti in fuga. Uno su tutti, Roy Batty (interpretato da Rutger Hauer), che in fondo al viaggio pronunciò (improvvisando) uno dei monologhi più iconici. «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire».

Il grande dittatore di Charlie Chaplin

Courtesy of Getty Images
Charlie Chaplin, attore e regista, de “Il grande dittatore”

Pronunciare il nome di Charlie Chaplin significa raccontare cos’è il cinema nella sua essenza. É improvvisazione, ironia, voglia di meravigliare lo spettatore, far riflettere, facendo un Discorso all’Umanità, in cui parla di amore, libertà, uguaglianza e solidarietà tra gli uomini, e che solo quello vale tutto. Nel prendere in giro Adolf Hitler, con croci contrapposti alle svastiche, il monello, e qui Grande Dittatore del grande schermo, compie un miracolo narrativo unico nel suo genere. Un miracolo, che si rinnova solitamente ogni volta lo si riveda in quei panni, ogni notte di Natale, il giorno che morì (era il 25 dicembre del 1977) magari quando in tv ripassa e sembra essere sempre moderno. Risate e commozione, per una pellicola che, per temi e parole, sembra girata oggi.

Arancia Meccanica di Stanley Kubrick

Courtesy of Getty Images
Malcolm McDowell, protagonista di “Arancia Meccanica” di Stanley Kubrick

Ancora Stanley Kubrick, ma questa volta in uno dei ritratti più (ultra)violenti e sulle nature umane della cinematografia (tratto dal romanzo di Anthony Burgess), nel quale il protagonista, Alex (ex capo drugo) viene portato alla follia dallo stesso sistema in cui agiva senza limiti. Non c’è scampo alla creatività bizzarra: dai costumi di Milena Canonero, alla musica, a quel Beethoven (la Cura Ludovico) che aleggia, spiazza, rapisce, fino ad una estetica dirompente. Malcolm McDowell è mostruoso in termini di bravura, ma è il film che ormai, superati i 50 anni, non smette di far riflettere e colpisce allo stomaco. 

Ritorno al futuro di Robert Zemeckis

Courtesy of Sunset Boulevard/Corbis via Getty Images)
Michael J. Fox in “Ritorno al Futuro” di Robert Zemeckis

L’inizio di una trilogia (anno 1985) mitologica, e diventata cult assoluto per molte generazioni. Viaggiare nel tempo, conoscere i propri genitori (negli anni ’50), cambiando la loro (e propria) storia, è una di quelle esperienze indimenticabili. Lo sa bene Michael J. Fox, che grazie a quel ruolo è entrato definitivamente nella leggenda. Se poi ci mettiamo un genio come Zemeckis (futuro premio Oscar per Forrest Gump) i conti tornano tutti. Effetti speciali, musica (come The Power of Love di Frankie Goes to Hollywood), ritmo, fanno il resto, per una avventura a cui vorresti partecipare in prima persona e sempre, al volante ovviamente della DeLorean DMC-12.

Schindler’s List di Steven Spielberg

Courtesy of Mike Marsland/WireImage)

L’immagine di Steven Spielberg trasuda cinema, a metà sempre tra immaginazione e realismo. A 75 anni, dopo il remake di West Side Story, e l’ultimo gioiello semi-autobiografico, The Fabelmans, candidato a sei premi Oscar, continua a essere uno dei pochi inventori di sogni e desideri, capace di approfondire la storia e nel medesimo istante cambiandola col proprio sguardo. Nel 1993, però, decide di dipingere uno degli spaccati maggiormente dolorosi e criminali, la Shoah, la persecuzione contro gli ebrei, lo sterminio nei campi di concentramento, e la storia di un uomo, Oskar Schindler, appartenente al partito nazista, che però decise di salvarne 1100. Un assoluto capolavoro in bianconero, vincitore di ben sette statuette, tra cui miglior regia e miglior film dell’anno.

Quarto potere di Orson Welles

Courtesy of Apic/Getty Images)
Orson Welles, regista, sceneggiatore e interprete di “Quarto potere” (Citizen Kane)

Storia di un uomo, Charles Foster Kane, e della sua ascesa al potere e leggenda. Ispirato alla biografia del magnate dell’editoria, William Randolph Hearst, Orson Welles, nel 1941, a soli 25 anni, realizza il suo capolavoro più importante, che è entrato ormai nell’immaginario collettivo. Tramite flashback e frammenti di vita, angolature diverse, ogni spettatore tenta (forse invano) di comprendere quell’esistenza di lussi e collezionismo, di amori e famiglia, finita tragicamente da solo, abbandonato da tutti. Un puzzle straordinario e immortale.

Il padrino di Francis Ford Coppola

Courtesy of Silver Screen Collection/Hulton Archive/Getty Images)
Marlon Brando ne “Il padrino” di Francis Ford Coppola

Uno dei capisaldi del cinema mondiale, inizio (anche qui) di una trilogia, che trova però (unicamente) nella parte seconda, uno straordinario proseguimento. Francis Ford Coppola e Mario Puzo, l’autore del romanzo da cui è tratto, costruiscono un racconto gangster, crudo ed epico, sulla criminalità italo-americana e gli intrecci (malavitosi e non) della famiglia Corleone. Il cast è di quelli in stato di grazia: da Marlon Brando ad Al Pacino, da Robert Duvall, James Caan, Talia Shire e Diane Keaton. E poi c’è la musica di Nino Rota, che non smetteremmo di fischiettare mai, neanche adesso.

8 1/2 di Federico Fellini

Courtesy of Archivio Cicconi/Getty Images)
Federico Fellini e Marcello Mastroianni

La vita di Federico Fellini, vista attraverso lo sguardo del suo alter ego per eccellenza (e attore feticcio), Marcello Mastroianni. Una cosa sola insieme, che nel 1963 (quest’anno compie 60 anni) danno forma probabilmente alla pellicola più affascinante, onirica, personale, della storia del cinema. Un regista, Guido, in totale confusione esistenziale, prova, cerca, di finire il proprio di film, ma nel frattempo riflette su cosa è stato e riguardo alle tante fasi vissute. Ci sono i genitori, le donne, mogli e amanti, la religione, personaggi reali e della fantasia. Tutti uniti, nel girotondo finale, che ogni cosa abbraccia e ci fa sembrare meravigliosa. Perché, come dice Mastroianni, ‘è una festa la vita, viviamola insieme’.