Non solo Harry Styles, le popstar al cinema tra successi e flop
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Non solo Harry Styles, le popstar al cinema tra successi e flop

di Simona Santoni

Da Mick Jagger a Madonna a Prince, ecco i cantanti che si sono lasciati tentare dal set. A volte travolti dalla critica, altre volte sorprendenti in talento e carisma

Anche Michael Jackson, così cinematografico nei suoi videoclip, non è riuscito a stare alla larga dalla settima arte. Quando ancora era un ventenne non famoso, frontman dei Jacksons, interpretò accanto a Diana Ross lo Spaventapasseri di I’m Magic (1978) di Sidney Lumet, all’epoca il musical più costoso nella storia del cinema, eppure di gran lunga inferiore al celebre Il mago di Oz (1939) con Judy Garland.
Oggi è Harry Styles, l’ex bad boy degli One Direction e ormai solista incantatore di masse, a lasciarsi sedurre dal cinema. Dopo le piccole parti in Dunkirk ed Eternals, si cimenta con la prova da protagonista addirittura alla Mostra del cinema di Venezia, fuori concorso, con il film Don’t worry darling della sua compagna Olivia Wilde (l’amore scattò sul set). Ai critici del Lido il primo giudizio sul suo talento – o meno – da attore (proiezione del film in programma il 5 settembre).

Don't worry darling
Foto: Warner Bros
Harry Style nel film “Don’t worry darling”

Qui ripercorriamo, da Madonna a Prince a Mick Jagger, le celebrità della musica che si sono lasciate tentare dalle opportunità cinematografiche. Tra nomination all’Oscar, Razzie Award e sonori flop.

David Bowie, fascino alieno anche sul set

Per l’intrigante Duca bianco pollice su. Grazie al suo luminoso talento, il padre fondatore del “glam rock’ è stato anche attore di successo, che ha lavorato con registi come Martin Scorsese e David Lynch.
L’esordio nel cinema per David Bowie è stato con L’uomo che cadde sulla Terra (1976) di Nicolas Roeg, dove è magnetico e misterioso come alieno arrivato sulla Terra in cerca di acqua per salvare il suo pianeta. Eccolo poi perfettamente dark come emaciato vampiro di Miriam si sveglia a mezzanotte (1983) di Tony Scott, accanto alle divine Catherine Deneuve e Susan Sarandon. Labyrinth (1986), pietra miliare del fantasy firmata Jim Henson? Non sarebbe così iconico senza il demoniaco re degli gnomi Jareth, un David Bowie affilato e capellone dallo sguardo feroce. 
E poi L’ultima tentazione di Cristo (1988) di Martin Scorsese, Fuoco cammina con me (1992) di David Lynch, Basquiat (1996) di Julian Schnabel… Dal palco al set, il fascino è lo stesso.

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David Bowie e Rip Torn in una scena del film “L’uomo che cadde sulla Terra”, 1976

Prince tra luci e molte ombre

Provocatorio, eccentrico, mutevole, Prince aveva un carisma totale come cantante. Che però non è riuscito a trasferire completamente sul set. Ciononostante Purple Rain (1984) fu un improbabile successo al botteghino e contribuì a far dell’artista di Minneapolis una superstar. Film musicale low budget e vagamente autobiografico ambientato per lo più nella sua città e nei suoi luoghi, tra la Crystal Court dell’IDS Center e il nightclub First Avenue, ha per protagonista Prince nei panni di The Kid, giovane cantante silenzioso tormentato da una situazione famigliare di violenza e abusi. Diretto dal debuttante Albert Magnoli, poi diventato manager di Prince, si muove tra dialoghi maldestri e cliché; ha il meglio di sé nelle sequenze dei concerti dal vivo, quando Prince fa quello che sa fare meglio: cantare.
Un Oscar in bacheca! Per la recitazione? Ovviamente no, per la colonna sonora.
Sempre più spuntati i tentativi successivi, dal disastroso Under the Cherry Moon (1986), in cui Prince si è erto a regista attore accanto a Kristin Scott Thomas, all’ancor peggiore Graffiti Bridge (1990), quasi sequel Purple Rain.

Madonna, travolta dalla critica

Che ci sia una sorta di accanimento da critici in occhialetti contro la Madonna attrice? Probabilmente sì. Ma è pur vero che solo occhi innamorati da fan possono non percepire la rigidità che Miss Ciccone fatica a sciogliere sul set. Tra tanti buchi nell’acqua e qualche titolo degno di nota, la perla della sua carriera cinematografica è senz’altro Evita (1996) di Alan Parker, ritratto intenso di Evita Duarte Peron, personaggio ambiguo tragico e carismatico che più di altri le è rimasto addosso. Per lei Golden Globe come migliore attrice. Gli Oscar? La snobbarono e non le concedettero neanche una nomination.

Per i nostalgici vale la pena guardare il vivace Cercasi Susan disperatamente (1985), con una giovane Madonna scanzonata all’inizio della sua carriera, poi mossasi tra piccoli e grandi flop cinematografici come Shanghai Surprise (1986) accanto all’allora marito Sean Penn (Razzie Award come peggiore attrice) o Body of Evidence (1993), thriller erotico alla Basic Instinct con Willem Dafoe, fino a Travolti dal destino, remake del cult di Lina Wertmüller diretto dal marito Guy Ritchie, un altro Razzie Award, un assalto di stroncature e poco più di un milione di dollari di incasso contro i 10 di budget. A picco.

Madonna e Alan Parker, Evita
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Madonna e il regista Alan Parker sul set del film “Evita”, 17 gennaio 1997

Ed Sheeran goffo anche interpretando se stesso

Il cantautore inglese che mescola con disinvoltura pop, contemporary R&B e folk finora si è messo alla prova con piccole parti attoriali, per lo più impegnato a interpretare se stesso. Ma Ed Sheeran è sembrato in difficoltà anche a fare Ed Sheeran. Come nella commedia musicale Yesterday di Danny Boyle in cui, in un lungo cameo, è sembrato robotico e senza emozioni.
“Darling, you look perfect tonight”, quando imbracci una chitarra acustica su un palco, lontano dai set.

Mick Jagger, istrionico al cinema

Mick Jagger, iconico frontman dei Rolling Stones, sinonimo di sex appeal e sfrontatezza, ha mostrato il suo talento istrionico anche lontano dal rock and roll, nelle sue poche e convincenti performance cinematografiche.
Il suo debutto da attore è superlativo nel cult movie di Nicolas Roeg e Donald Cammell Sadismo (1970), prima accolto in maniera controversa e censurato, quindi rivalutato dalla critica degli anni Novanta. Come capita spesso a cantanti prestati al cinema, Jagger interpreta una quasi versione di sé: è una rockstar in declino, sessualmente promiscua, demoniaca, tra atmosferiche psichedeliche e droghe. Seducente.

Poi eccolo ancora come antieroe, con barbetta alla Lincoln, nel western I fratelli Kelly (1970) di Tony Richardson, nei panni del criminale australiano realmente esistito Ned Kelly, da alcuni venerato come un novello Robin Hood.
Ne L’ultimo gigolò (2001) gestisce una lussuosa agenzia di escort maschili, mentre nel recentissimo La tela dell’inganno, film di chiusura di Venezia 2019, è un enigmatico collezionista d’arte.
Una curiosità? Gli è stato rifiutato il ruolo delle scienziato bisessuale Frank-N-Furter, reso memorabile da Tim Curry, in The Rocky Horror Picture Show (1974).

Mick Jagger, I fratelli Kelly
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Mick Jagger e Clarissa Kaye-Mason in una scena del film “I fratelli Kelly”, 1970

Lady Gaga, è nata una star? 

Quando sgrana quegli occhioni nocciola sul suo viso quasi struccato irregolare, da donna qualunque, Lady Gaga sprigiona un senso di naturalezza non comune. Prime prove da attrice superate per Germanotta! E non è stata certo generosa la prima nomination all’Oscar come migliore attrice ricevuta per A star is born (2018) di Bradley Cooper: tutta meritata.

La popstar ha provato a ripetersi come spudorata mandante di killer in House of Gucci al servizio di Ridley Scott e, se il film narrativamente è un goffo naufragio (si è invece difeso al botteghino), lei ne ha poche colpe.
Lady G, sarà divertente riscoprirti come psicopatica Harley Quinn al fianco di Joaquin Phoenix in Joker 2.

Pete Doherty nell’oblio del cinema

Faccia da cinema ma dubbie qualità da attore. È Pete Doherty, il cantautore tra i frontman dei Libertines. Il musicista ha recitato accanto a niente meno che Charlotte Gainsbourg nel dramma storico Confessions d’un enfant du siècle di Sylvie Verheyde, presentato nella sezione Un certain regard del festival di Cannes 2012. Doherty è protagonista, nostro e suo malgrado, come libertino maledetto, ruolo che sembrerebbe perfetto per lui, ma saper recitare non è dote di tutti. Un pesce fuor d’acqua, causa principale dell’oblio caduto sul film. Da dimenticare.

Pete Doherty
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Pete Doherty alla prima di “Confessions d’un enfant du siècle” a Parigi, 28 agosto 2012

Whitney Houston, il successo e le critiche

Meraviglia vocale, diva fragile morta troppo presto, negli anni ‘90 Whitney Houston ha voluto aprirsi alla nuova avventura del cinema, anche se non è stata mai troppo rispettata come attrice, ingiustamente. Per lanciare la sua nuova impresa trovò il dramma romantico The Bodyguard (1992), che si rivelò un grande successo al botteghino, sostenuto da una colonna sonora appassionante capeggiata dalla magnifica cover di I will always Love you, resa indimenticabile da Whitney: rimase al numero uno della classifica Billboard Hot 100 per 14 settimane. La critica invece fu fredda e severa forse perché, nei panni di una diva della musica, Whitney Houston non si scostava molto dall’interpretare se stessa. Ebbe anche una candidatura ai Razzie Awards come peggiore attrice protagonista.
Ha comunque continuato a recitare, in Donne – Waiting to Exhale (1995), The Preacher’s Wife (1995) e Uno sguardo dal cielo (1996).

Whitney Houston
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Whitney Houston nel film “The Bodyguard”, 1992

Justin Timberlake, cantante e attore

Justin ci sa fare e ormai sembra assolutamente normale la sua presenza sui set. È cantante, sì, ma anche attore. Ha ricevuto solide recensioni nei panni del fondatore di Napster Sean Parker in The Social Network (2010) di David Fincher e come partner romantico di Mila Kunis nella commedia Amici di letto (2011). Ha meritato il ruolo da protagonista nel thriller fantascientifico distopico In time (2011) accanto ad Amanda Seyfried. E poi cinema d’autore con A proposito di Davis (2013) dei fratelli Coen e La ruota delle meraviglie – Wonder Wheel (2017) di Woody Allen. Quando è in scena ci dimentichiamo che è Justin Timberlake, la popstar che ha venduto più di 150 milioni di dischi. Vediamo solo un bravo attore.