Russell Crowe, da gladiatore a giocatore d’azzardo
Courtesy of Universal/Getty Images)

Russell Crowe, da gladiatore a giocatore d’azzardo

di Andrea Giordano

Russell Crowe, protagonista all’ultima Festa del Cinema di Roma, torna in sala con “Poker Face”, da lui anche diretto, un thriller sul gioco d’azzardo

Il gladiatore per eccellenza del cinema internazionale, per il cui ruolo di Massimo Decimo Meridio vinse l’Oscar come miglior attore nel 2001, è ormai però da oltre 30 anni un navigato performer del grande schermo, multiforme, dinamico. Un attore capace, com’è successo all’ultima Festa del Cinema di Roma, di scombinare letteralmente le carte in tavola, fare spettacolo, prima in un incontro-evento da lui improvvisato, un vero “One man show” sul senso della vita, sul cinema, sulla musica, sulla condivisione. E poi presentando Poker Face, il suo ultimo film, co-sceneggiato, diretto ed interpretato (lo vedremo in sala dal 24 novembre distribuito da Vertice 360) sul gioco d’azzardo. Una pellicola ambientata nel mondo del poker high stakes, dove Crowe interpreta un miliardario nel settore della tecnologia e giocatore d’azzardo, che decide di offrire ai suoi migliori amici una serata indimenticabile, con la possibilità di vincere più soldi in realtà di quanti ne abbiano mai sognati. Ma per stare al gioco dovranno scoprire l’unica cosa che vorrebbero mantenere, i loro segreti. 

Storia di un trasformista, nella vita, come al cinema, che fin da bambino (i genitori erano gestori di catering sui set cinematografici) non ha mai smesso di mettersi a nudo, lavorando in primis a teatro. «Ora vi racconto chi sono» ha detto. «Il mio viaggio è cominciato a 6 anni, ora ne ho 58. Sono nato a Wellington, in Nuova Zelanda, ma molti pensano sia australiano, non è così, ci vivo e basta. Al di là di alcuni testi classici, interpretando pure Shakespeare, non ho mai frequentato una scuola di recitazione, tutto quello che so l’ho imparato lavorando. Allora suonavo musica, componevo, ma lo faccio ancora, amo farlo insieme alla mia band (i 30 Odd Foot of Grunts, ndr). Scrivere canzoni è una passione profonda, lo è esibirmi dal vivo, ma non mi faceva guadagnare al punto da pagare le bollette. Recitavo a teatro, a 25 anni avevo già alle spalle parecchi musical e ben 415 repliche di The Rocky Horror Picture Show. Facevo il dj, il barman, ed ero fottutamente bravo come cameriere. Il coraggio alla fine non bussa alla porta, lo devi cercare».

Carriera cinematografica, la sua, che poi si è gradualmente formata e consolidata, a partire dal 1992. I primi ruoli significativi arrivano da Skinheads di Geoffrey Wright, tra le frange estremiste di Melbourne, nel western Pronti a morire (accanto a Sharon Stone e a un giovanissimo Leonardo DiCaprio) come pistolero infallibile, diretto da Sam Raimi, e soprattutto in L.A. Confidential, tratto dall’omonimo romanzo di James Ellroy, in cui è un agente di polizia violento (e amante delle donne) nella Los Angeles anni ’50. «La bellezza del mio lavoro è anche la cosa più brutta», dice.«Preferisco avere due battute, magari una piccola parte, basta che sia io il primo a farla, che sia un ruolo nuovo. Per me conta la storia, i dialoghi, sono innamorato dei dialoghi, mi devono intrigare: il cinema d’altronde è un mezzo di narrazione. Cosa fa la differenza? Talvolta un po’ di ego e arroganza. Io sono fatto così».

Il resto racconta di un cammino artistico unico, pieno di interpretazioni uniche, da Insider – Dietro la verità di Michael Mann (per cui ricevette la prima nomination all’Oscar) incentrato sulle aziende di tabacco statunitense, passando per A Beautiful Mind di Ron Howard (altra nomination-performance straordinaria) nei panni del matematico John Nash. Nel mezzo di questi due titoli, c’è Il gladiatore di Ridley Scott, il successo planetario del personaggio, del film, eletto migliore dell’anno, dell’amore per Roma, la città dove quando può torna (tifa Lazio, attenzione però), come visto nei giorni scorsi, e nella quale sta girando un’altra pellicola particolarmente attesa, The Pope’s Exorcist, interpretando la figura di Padre Gabriele Amorth, scrittore, presbitero, che fu soprattutto esorcista al servizio della diocesi di Roma. 

Crowe si divide tra passato e presente, tra cinema e tv, tra adrenalina e sacre scritture, ma è impossibile di fatto classificarlo, senza ricordarlo in altri titoli. Come in American Gangster o nei panni di Robin Hood (entrambi ancora per Scott), nei panni biblici di Noè in Noah, e dell’ottimo pugile in Cinderella Man, o addirittura come Zeus, il Re dell’Olimpo, anche nell’ultimo Thor: Love and Thunder del geniale Taika Waititi. «Da ragazzo mi dicevano che fare insieme molte cose era impossibile, ma non era vero, tutto è possibile. Se hai passione, sei pronto a perseguire la tua strada». Il futuro? Sarà il pittore Mark Rothko nel biopic Rothko