Tenet, il nuovo rompicapo visionario di Christopher Nolan
Courtesy of Melinda Sue Gordon

Tenet, il nuovo rompicapo visionario di Christopher Nolan

di Andrea Giordano

Christopher Nolan e il suo ultimo lavoro da regista, “Tenet”, da oggi in sala, segna la ripartenza del settore con uno dei titoli della stagione. Un viaggio all’inverso, tra Passato, Presente e Futuro, in cui, oltre al suo genio creativo, brillano i due attori protagonisti, John David Washington e Robert Pattinson.

Può un film valere, nella sua essenza come ripartenza, sia rinascita (da grande schermo e non solo), che suggestione creativa, riflessione e snodo? Sì, dipende dalla mano che lo plasma, e quando arriva un evento così atteso il meccanismo riparte, travolgendoci nella maniera più inaspettata e spettacolare, esaltando anche chi in fondo, al primo sguardo, potrebbe non cogliere tutto.

Le (attuali) sorelle Wachowski, nel definire Matrix, risposero parlando di controllo, un mondo virtuale elaborato al computer, al fine di convertire l’essere umano in energia. Ora, lo stesso desiderio di conoscere (e in fondo perdersi) se lo pone invece Christopher Nolan, capace grazie al suo nuovo rompicapo visionario, Tenet, in sala a partire da oggi (distribuito da Warner Bros) di scombinare ulteriormente le nostre certezze, e farci pensare. Un labirinto fatto di inversioni temporali, ritorno all’archetipo puro, di persone e cose, una magia palindroma (il titolo) nata citando il Quadrato del Sator, composto dalle parole Sator, Arepo, Tenet appunto, Opera e Rotas, in cui provare a mettere in luce significati e simbolismi.

Ma Tenet è soprattutto un universo in cui ritrovare il cinema di Nolan, scandito dalle metafore spazio-tempo, quelle di Inception, il più vicino d’atmosfera, Interstellar, oltrepassando l’immaginario della memoria e renderla tangibile (Memento), l’epica e l’eroismo di contenuti (Dunkirk), la trilogia de Il Cavaliere Oscuro, per poi provare a osare, adesso, attraverso pure il montaggio straordinario, ponendoci di fatto sull’uscio di uno stargate complesso e (ir)risolto. Lì, là, dentro a quella geometria crepuscolare da comporre e ricomporre, troviamo il Protagonista senza nome e senza storia personale (un bravissimo John David Washington, figlio di Denzel, già visto in BlacKkKlansman), un agente della CIA chiamato (in)consapevolmente a dover superare una prova di coraggio: sarà il pass d’ingresso per entrare nella missione, salvare (lo ripeterà, poi) il mondo dalla minaccia di una possibile Terza Guerra Mondiale, o da qualcosa che avverrà.

Nel suo viaggio a ritroso, o in avanti (a seconda delle prospettive) incontra e si scontra con un mentore (Michael Caine), un oligarca assetato di potere, il villain Kenneth Branagh, la donna in pericolo e da proteggere, interpretata da Elizabeth Debicki (prossima Lady D nella quarta stagione di The Crown), affiancandosi in simbiosi a un Robert Pattinson pregevolissimo, e ormai di assoluto valore (sarà The Batman nel 2021) nello scalare ora palazzi, schivare munizioni invertite, e provare in fondo a vincere il gioco.

Nolan, dunque, è pronto a (ri)conquistare il pubblico, o meglio, a confonderlo, lasciandolo attonito di fronte a ciò che potrebbe vedere, e forse non comprendere pienamente, per lasciarsi letteralmente, invece, scivolare tra ellissi cronologiche e giochi di fisica. Ordine e disordine, caos e quiete, in cui “il destino è realtà”, “l’ignoranza è l’arma più potente”, e dove l’entropia ci fa da guida, Tenet brilla a distanza, irrompe grazie alla potente colonna sonora di Ludwig Göransson, ragiona, è vero, più di testa che di cuore, eppure sembra davvero arrivare al momento giusto in termini di concetto e tendenza.

Strizza l’occhio in diverse direzioni, al noir, al thriller tradizionalista, dalla spy story alla fantascienza antropologica, nella quale James Bond sembra imitare l’Ethan Hunt di Mission Impossible, ma è solo un attimo. Perché il congegno ‘nolaniano’ vira subito, cambia, ti spiazza, portandoti a credere seriamente all’illusione, perdendosi in un modo di raccontare sofisticato, autoriale e portatore sano di spettacolo. «Non è il tempo il problema. È uscirne vivi», dice Pattinson.

E alla fine, dopo aver abbandonato ogni remora di decifrazione, si ha ancora voglia di rivederlo, perché si potranno sempre scoprire cose nuove, sapendo che la mente, “disturbata” da certe invenzioni, avrà bisogno di ritrovarle, e probabilmente di rimetterle in discussione.

L’orologio scandisce i minuti, l’ossessione e il paradosso sono serviti, libero arbitrio, godimento, dinamica, attenzione ai dettagli. Una parola: Tenet. È quella che aprirà le porte giuste, e, forse, anche alcune sbagliate.