Viggo Mortensen figlio gay votato alla santità
Photo by Carlos Alvarez/Getty Images

Viggo Mortensen figlio gay votato alla santità

di Simona Santoni

L’eroico Aragorn de “Il Signore degli Anelli” debutta alla regia con “Falling”. Di cui è anche attore, nei panni di un pilota omosessuale che sopporta pazientemente gli improperi del padre bisbetico che sputa odio, sull’orlo della demenza senile. Con quel suo savoir-faire pacato e dignitoso, esplora asprezze famigliari e pregiudizi sulla mascolinità

Innanzitutto attore, e poi fotografo, pittore, poeta, musicista, poliglotta che parla 9 lingue (tra cui l’italiano). E ora anche regista. Viggo Mortensen è vorace di conoscenze e avventure, che affronta con la stessa classe e naturalezza con cui si spoglia integralmente davanti alla telecamera (come nei film La promessa dell’assassino e Captain Fantastic) o si batte contro lo spirito guerraiolo americano (come quando indossò pubblicamente magliette ‘No Blood for Oil’ contro la guerra in Iraq). Con quella spontaneità dignitosa e frontale che gli conosciamo, ora Viggo Mortensen a 62 anni debutta alle regia e alla sceneggiatura con il film Falling – Storia di un padre, dal 26 agosto al cinema, in cui è anche attore.

Il divo, che è stato uno dei volti più intriganti di noir e action, magnetico Aragorn de Il Signore degli Anelli e ora punta di diamante del cinema d’autore, interpreta un figlio omosessuale che sopporta gli sproloqui del padre (Lance Henriksen) sull’orlo della demenza senile, anziano sempre arrabbiato e denigrante, legato a un modello di mascolinità arcaico alla John Wayne.

Viggo Mortensen
Foto: Bim Distribuzione
Viggo Mortensen regista e attore sul set di “Falling” insieme a Lance Henriksen

Anche Viggo cacciatore di anatre a 4 anni

Falling è un film molto personale, anche se non autobiografico. «L’idea di Falling – Storia di un padre mi è venuta in mente in aereo mentre attraversavo l’Atlantico dopo il funerale di mia madre (morta nel 2015 a 86 anni, ndr)» racconta Viggo Mortensen. «Non riuscivo a dormire, la mia mente era invasa da echi e immagini di lei e della nostra famiglia in diverse fasi delle nostre vite insieme. Sentendo il bisogno di descriverli, iniziai ad annotare una serie di incidenti e frammenti di dialogo della mia infanzia che ricordavo. Più scrivevo di mia madre, più pensavo a mio padre». Al momento dell’atterraggio, l’attore statunitense di sangue anche europeo (suo padre, morto nel 2017, era danese) ha trasformato le impressioni che si era appuntato in un racconto fatto essenzialmente di conversazioni e momenti che in realtà non erano mai avvenuti.

«L’impressione era che quelle sequenze inventate mi permettessero di avvicinarmi alla verità dei miei sentimenti nei confronti di mia madre e di mio padre più di quanto mi avrebbe consentito di fare una semplice enumerazione lineare di specifici ricordi» spiega Viggo. «E così mi sono ritrovato con la storia di un padre e di un figlio intitolata Falling – Storia di un padre, che parla di una famiglia di fantasia che ha alcuni tratti in comune con la mia».
Benché non siano specificamente riferiti all’infanzia e all’adolescenza di Mortensen, alcuni dettagli di Falling si basano su avvenimenti e dialoghi reali.

La tenera scena in cui il figlio da piccolo, appena bimbetto (lì interpretato da Grady McKenzie), spara a un’anatra la prima volta che va a caccia con suo padre (che da giovane ha il volto enigmatico dello svedese Sverrir Gudnason) e poi vuole tenere l’animale morto con sé come fosse un giocattolo, in vasca da bagno, e dormirci insieme come fosse un peluche, è un bizzarro flashback di Viggo: Mortensen Jr l’ha fatto quando aveva 4 anni.

Viggo Mortensen
Foto: Bim Distribuzione
Viggo Mortensen sul set del suo film “Falling” dà indicazioni agli attori Sverrir Gudnason, Grady McKenzie e Hannah Gross

La burrascosa sequenza in cui da adolescente (interpretato da William Healy) viene buttato giù da cavallo dal padre, ferendosi al labbro? Quella è immaginaria. Viggo ha davvero una cicatrice sopra il labbro, ma se l’è fatta mentre frequentava il college alla St. Lawrence University a New York, a 18 anni, la sera di Halloween mentre era fuori a festeggiare con gli amici: fu spinto contro un recinto di filo spinato e si procurò il taglio.

Il rapporto tra Viggo Mortensen e suo padre

Il padre che inquadra Viggo nel suo esordio di regia è un uomo d’altri tempi, conservatore, un brontolone incontenibile e incontentabile, omofobo che assale tutti con infinite e orribili sentenze che vomitano odio. Quando è costretto a lasciare la fattoria dove vive per trasferirsi in California a casa del figlio John (Viggo, appunto), pilota d’aerei che vive con il suo compagno Eric (Terry Chen) e loro figlia Mónica (Gabby Velis), diventa una mitragliatrice di giudizi logori e insulti. Per il figlio è una prova di pazienza, incassa senza reagire. Lo è anche per lo spettatore, tentato – se potesse – di mandare avanti il nastro. Infastidito ma anche annoiato.

La forza e il bisogno universale di perdonare, colmando i divari generazionali, si concentrano tutti sulla faccia distesa di Viggo, che sa spuntare ogni pallottola paterna con il suo savoir-faire votato al contenimento. E quando arrivano le botte, allora sa schivare e replicare. Come fece del resto nella vita vera, nel 2006 a Madrid, quando fu scambiato per un tifoso del Barcellona e aggredito da supporter del Real: Viggo, che ha passato l’infanzia tra Danimarca e Argentina, è un grande tifoso del club argentino di calcio San Lorenzo, che ha gli stessi colori del Barça. Ebbene, quando fu assalito e picchiato da sostenitori madridisti, riuscì a divincolarsi rompendo in testa a un aggressore una bottiglia di vino che aveva in borsa.

La demenza senile esplorata in Falling, che è stata appena affrontata anche nel film Father che ha fatto guadagnare a Anthony Hopkins un Oscar, è purtroppo una fragilità ben nota a Viggo. «Circa nello stesso periodo della morte di mia madre, mio padre iniziò a manifestare i primi sintomi di demenza e a confondermi occasionalmente con suo padre, scivolando ogni tanto nel passato remoto della sua infanzia e adolescenza in Danimarca», ricorda. 

E il rapporto dell’attore con il padre Viggo Peter Mortensen Sr? «Mio padre era stato una presenza incontenibile nella vita di mia madre e la loro astiosa separazione quando io avevo 11 anni e i miei fratelli 8 e 6 ha profondamente cambiato tutti e tre noi bambini. L’ombra di nostro padre ha continuato a incombere nella nuova casa che abbiamo creato con nostra madre anni dopo che entrambi si erano rifatti una vita accanto a nuovi partner».

Viggo ha comunque ereditato da lui un certo spirito avventuroso e audace, come ha raccontato presentando Falling. «Era un po’ ribelle e testardo, ma era tipico di quella generazione nata durante la Grande Depressione, per certi versi autoritaria». Viggo aveva una certa ammirazione verso di lui. Gli ha insegnato a pescare, a fare campeggio, ad andare a cavallo quando era molto piccolo. «Credo che fosse la tipica modellazione per un ragazzo eterosessuale. Poi, negli anni ’60 e ’70, le cose hanno iniziato ad aprirsi. Mio padre non si è adattato molto bene ai cambiamenti».

Dopo la separazione dei genitori, visto che Mortensen Sr era distante, Viggo ha iniziato a idealizzarlo, anche se poi, a conti fatti, riguardando indietro, si è accorto che suo padre non ha speso così tanto tempo per andare a trovare lui e i fratelli. «Questo mi ha reso probabilmente ancora più indipendente. Era una specie di modello: essere avventurosi, essere audaci».

Viggo Mortensen
Foto: Bim Distribuzione
Viggo Mortensen regista e attore sul set di “Falling”

La svolta col Signore degli Anelli? Merito del figlio

Viggo cerca di essere un padre diverso con suo figlio Henry, oggi 33enne, nato dalla relazione con la sua ex, la cantante Exene Cervenka (attualmente è legato all’attrice spagnola Ariadna Gil). Ha voluto improntare con lui un dialogo franco, spiegando i motivi di eventuali dinieghi, pronto comunque anche a cambiare egli stesso idea. Ed è stato proprio Henry, poi, a fargli cambiare idea, a livello professionale, e a fargli cogliere la grande occasione che l’ha lanciato nell’Olimpo di Hollywood. Viggo infatti era dubbioso se accettare o meno il ruolo dell’eroico Aragorn nella trilogia cinematografica de Il Signore degli Anelli, perché le riprese sarebbero state in Nuova Zelanda, tenendolo quindi a lungo lontano dal figlio, allora tredicenne. Ma fu proprio Henry, grande fan della saga di Tolkien, a convincerlo ad accettare.

Una prova dell’estro poliedrico di Viggo? Con una parte del compenso ottenuto da Il Signore degli Anelli, nel 2002, ha fondato la casa editrice Perceval Press, con l’intento di dare visibilità ai lavori di giovani artisti. 

Il futuro tra Ron Howard e David Cronenberg

Al momento Viggo è impegnato su più progetti. Presto lo vedremo nel nuovo film di Ron Howard in post-produzione Thirteen lives, che porta sul grande schermo il miracoloso fatto di cronaca del 2018, il salvataggio nella grotta di Tham Luang in Thailandia di 12 ragazzini di una squadra di calcio e del loro allenatore, lì intrappolati, in seguito ad allagamenti, per 18 giorni. Viggo interpreta il subacqueo britannico specializzato in salvataggi Rick Stanton. Nel cast anche Joel Edgerton e Colin Farrell.

Ora invece è sul set del nuovo film di David Cronenberg, Crimes of the future, omonimo dello sci-fi del 1970 dello stesso regista canadese. Con lui anche Kristen Stewart e Léa Seydoux.

Cronenberg e Mortensen sono amici, finora hanno lavorato insieme a tre film, A history of violence, La promessa dell’assassino e A dangerous method. E Cronenberg ha fatto anche un piccolo ruolo nell’esordio registico di Viggo: in Falling è il medico che armeggia nel fondoschiena del padre bisbetico. Una curiosità? Lance Henriksen non lo aveva riconosciuto. Su di lui si era limitato a dire: «È molto metodico. Abbastanza bravo. Mette un po’ paura». Quando due mesi più tardi ha visto su YouTube un’intervista con Cronenberg e Viggo, ha chiamato subito quest’ultimo dicendogli: «Ho visto un video con te e il dottor Klausner. Che diavolo? Quello è Cronenberg!».