Orange wine, cosa sono e quali sono i migliori
(Credits: GianlucaPiccin/iStock) – 24 aprile 2018

Orange wine, cosa sono e quali sono i migliori

di Aldo Fresia

Quella dei vini arancioni è una moda ormai conclamata, che si rifà a una tecnica di vinificazione antichissima

La moda dei cosiddetti orange wine è affermata da qualche anno. Non si tratta però di una novità assoluta, perché queste bottiglie nascono da tecniche di vinificazioni antiche, quasi del tutto abbandonate fino a una ventina di anni fa e recuperate da un manipolo di esperti vinificatori.

Orange wine, macerazione lunga e colore ambrato

Il nome orange wine deriva dal colore di questi particolari vini, che hanno sfumature ambrate e giallo/arancioni che derivano dalla particolare tecnica di vinificazione adottata. L’arancione può essere così classificato come il quarto colore del vino, insieme a rosso, bianco e rosè.

Ma come nasce un orange wine? Senza entrare nei dettagli, si parte da uve bianche e si lascia che il mosto in fermentazione rimanga a contatto con le bucce per un tempo notevolmente più lungo di quanto si farebbe per ottenere un vino bianco: come minimo qualche giorno, talvolta alcuni mesi. Proprio la prolungata presenza delle bucce determina la colorazione e ovviamente influisce anche sul sapore e sul profumo dei vini arancioni.

Come sono nati gli orange wine?

Ma perché adottare questa particolare tecnica di produzione? In linea di massima i vitigni bianchi producono vini freschi, beverini e poco strutturati. Proprio il desiderio di ottenere un bouquet più ampio e vinoso ha motivato il recupero della vinificazione con macerazione prolungata. Una soluzione che, tra le altre cose, consente di conferire una spiccata personalità a vitigni che altrimenti rischiano di restare un po’ anonimi: esistono certo uve bianche particolarmente ricche, ma in generale quelle italiane sono relativamente neutre.

Dove vengono prodotti gli orange wine: dalla Georgia al Friuli-Venezia Giulia

In Italia uno dei pionieri di questo metodo è stata l’azienda agricola Gravner, di Oslavia, in provincia di Gorizia. Un giorno Josko Gravner scopre di essersi stufato della produzione vinicola mondiale che va per la maggiore e decide di tornare alle origini: nello specifico di andare in Georgia, dove si produce vino da 5.000 anni, mettendolo a macerare in grosse anfore che rimangono sepolte nella terra per mesi o anni. Si porta a casa un po’ di quelle anfore e inizia a utilizzarle per lavorare la Ribolla Gialla. Nasce in questo modo un vino che poi ha influenzato tutto il successivo movimento degli orange wine e che a detta di molti resta insuperato.

Avvicinarsi all’orange wine: cosa assaggiare?

Ma come approcciarsi a questa tipologia di vino? Quale orange wine assaggiare? Va premesso innanzitutto che se il vantaggio degli orange wine è evidente (bere un bianco di personalità e struttura), lo svantaggio si nasconde dietro l’angolo. Il processo di vinificazione è infatti complesso e non sono molti coloro che lo padroneggiano. Insomma, la moda ha portato con sé anche bottiglie non esattamente ben fatte. Per andare sul sicuro basta puntare sulla Ribolla Gialla di Gravner, ma hanno grande fascino e qualità anche altri prodotti friulani: ad esempio le tre Ribolla Gialla di Terpin, Radikon e Podversic, oppure il Solo di Vodopivec (vinificato con uve Vitovska). Sa il fatto suo pure il sardo Dettori Bianco.

In un caso come nell’altro, urge un’avvertenza: la complessità della vinificazione e i tempi della lavorazione comportano prezzi che possono sembrare fuori scala, per un vino bianco (anche intorno ai 50 euro). Ma se ci pensate, non lo sono affatto.