Earl Cave

Earl Cave

A 22 anni l’attore britannico ha già dato prove convincenti. Per lui la recitazione non è solo interpretare una parte, ma ispirazione, passione, ricerca. E succede lo stesso per la musica: «È tutto per me»

di Leonardo Clausi

Earl Cave è ad Atene, sta girando un film e acchiapparlo non è facile. Ma quando ci riusciamo non è possibile restare indifferenti alla sua squisita gentilezza. Una qualità forse nemmeno troppo sorprendente, visti i suoi natali – il padre è l’ex arcidiavolo ora pensoso e mai vacuo intellettuale Nick,la madre l’attrice e designer Susie Bick – ma che crea un piacevole spaesamento rispetto alla sua immagine. Perché questo ventiduenne – sottile, flessibile e orgogliosamente alternativo come il genitore – leggendario membro dei Birthday Party e poi fondatore di Bad Seeds e Grinderman – ha l’aspetto di un punk rocker che ha rimpiazzato l’istinto iconoclasta per il caos con una spiazzante e riflessiva consapevolezza. Insomma, è un adorabile interlocutore, che però sa mettere i paletti dove necessario. «Non posso dirti cosa sto girando», si abbottona quasi a malincuore. C’è da crederci sulla parola che sarà una cosa interessante, come i film piccoli ma sapidi da lui girati finora, tra cui il duro True History of the Kelly Gang di Justin Kurzel (2019). Nick è un artista a 360 gradi, musicista, scrittore, sceneggiatore, attore, e tra queste arti Earl ha abbracciato la recitazione. Che lo ispira e lo forma. «La performance in sé è qualcosa che mi prende completamente. Mi piace l’intero processo del diventare un personaggio e lavorarci sopra. Cerco nel personaggio, scavo, e a volte trovo piccole complessità che posso aggiungergli. Allo stesso tempo, ne assimilo piccoli frammenti». Interpretare ruoli diversi, mentre è ancora in piena fioritura, lo destabilizza? «Come persona, cambio di continuo. Penso di non essere mai davvero quello dell’anno prima, specialmente in questo momento della mia vita». E in tutto questo la musica, niente paura, vuole la sua parte. «È tutto per me. Anche nel cinema, la musica è il 50%. Mi piace quando un determinato ascolto ti riporta a quel particolare momento della tua vita passata», riflette proustianamente. «È quasi come il teletrasporto, o qualcosa del genere». Le preferenze sono per l’età aurea: «Mi piacciono i Sessanta, i Settanta e gli Ottanta. Quei tre decenni sono molto importanti, la progressione è stata incredibile e non può essere ricreata». 


Celine Homme

E va fruita comme il faut: «È molto facile trasmettere musica in streaming, ma mi sforzo di ascoltare il vinile: è un apprezzamento per qualcosa che esiste lì, di fronte a te, non sono solo zeri e uno. Capisco l’intero concetto di playlist, è fantastico, ma mi affascina la creazione di un album, il motivo per cui le canzoni sono messe in quell’ordine. Quel tipo di curatela si è un po’ persa».

Al momento sta leggendo la storia della storica punk band anarchica Crass. «Grandissimi. Mi piace l’idea della loro Dial House, una comune per l’artista girovago. Gente che va, gente che viene. Fare jam e sperimentare. Chiunque voleva poteva suonare con loro. Per me è l’essenza di tutto. Comunità e accettazione». Social media ovviamente sì – dopotutto è un nativo digitale – ma con moderazione: «È molto facile essere coinvolti dalla versione digitale delle cose. Dobbiamo ambire a qualcosa di più. Ci vuole tempo per leggere un libro, per ascoltare un disco, per riprodurlo o trovarlo. È così facile ascoltare una canzone via web, da farla sembrare quasi un’azione senza cervello. Bisogna dare tempo a cose del genere, mentre la soglia di attenzione del mondo si riduce in modo preoccupante. Dobbiamo alzare lo sguardo, smettere di guardare in basso». A questo punto diventa quasi scontato che conosca – e prediliga – il cinema di Dario Argento. E naturalmente i Goblin. «Sono fantastici. Quello che fanno in Suspiria mi conferma che il cinema è per il 50% musica. È la colonna sonora più inquietante che abbia mai sentito. E naturalmente sono un vero fanatico di Dario Argento». Tanto che ci siamo permessi di suggerirgli l’ascolto di Area e PFM, certi che il ragazzo apprezzerà.

Hair: Ken O’Rourke. Make up: Christabel Draffin. Styling assistant: Valentina Volpe