Vincent Cassel

Vincent Cassel

È diventato una star del cinema internazionale interpretando personaggi spesso tosti e ribelli «ma non sono come loro» dice.«I veri ribelli? Quelli che nella vita di tutti i giorni pensano con la loro testa e dicono quello che pensano, anche se sanno che le loro parole potranno metterli nei guai»

di Federico Bernocchi

«Non ricordo qual è il primo film che ho visto in sala. Da bambino praticamente vivevo al cinema, ne ho visti tantissimi». Normale, per un figlio d’arte. Vincent Cassel, una delle facce più interessanti degli ultimi 30 anni di cinema, è infatti figlio di Jean-Pierre Cassel: ballerino di tip tap, controfigura di Gene Kelly e attore per registi del calibro di Jean Renoir, Claude Chabrol, Luis Buñuel o Robert Altman. Facile immaginarsi il piccolo Vincent, cresciuto nei primi anni Settanta a Montmartre a Parigi, passare le sue giornate al buio di una sala cinematografica. «Forse quello che mi ha segnato di più è Taxi Driver. Cos’era, 1976? Avevo 10 anni». Piuttosto ironico, no? Per molti di noi Vincent Cassel è infatti Vince de L’odio di Mathieu Kassovitz, film manifesto della ribellione anni Novanta. Vince è un ragazzo della banlieue che, dopo aver rubato la pistola di un poliziotto, gioca a imitare Travis Bickle, il personaggio di De Niro proprio in Taxi Driver. Quello che davanti allo specchio diceva: «Ce l’hai con me? No, dico: ce l’hai con me?». Ecco, quello. «Ti giuro che non volevo imitare De Niro! È stata una cosa inconscia! Avevo poche battute e per riempire quella scena mi sono messo a improvvisare a ruota libera. Solo alla fine mi sono reso conto di quello che avevo fatto. Ma non stavo imitando, è una cosa più complessa: interpretavo un ragazzo ossessionato da De Niro!».


Camicia Sandro, pantaloni Berwich,
anelli Joyà

Wow, si potrebbe quasi parlare di “metodo”. E pensare invece che negli anni mi ero fatto l’idea che Vincent fosse realmente così. Immaginavo una totale sovrapposizione tra uomo e attore. «Il pubblico mi vede in Mon roi – Il mio re e pensa io sia un narcisista manipolatore, se faccio La promessa dell’assassino sono un violento. Ovviamente non è così: sono personaggi. Quelli cattivi davvero, quei pochi che ho conosciuto, di sicuro non si mettono a fare i film. Gli attori, come me, sono a posto, si guadagnano da vivere creando delle illusioni. Penso di avere la capacità di capire i personaggi che interpreto, ma non sono come loro. Li trovo interessanti proprio perché difficili. Per me il lavoro dell’attore è rivelare il non detto.


Tutti noi abbiamo un lato oscuro, aspetti di noi di cui ci vergogniamo, che vogliamo nascondere agli altri. Come quando vedi un film con Marcello Mastroianni e magari in una scena si comporta da vigliacco! Ed è lì che pensi, “oddio, ma anche io sono così?”. Quello è il momento in cui un personaggio ti tocca davvero. Molto di più che la semplice immedesimazione con il buono del film. Penso sia troppo facile pensare che, “sì, anch’io avrei salvato il mondo da quel meteorite!”».


Camicia The Paradise,
pantaloni Berwich, anelli
e bracciali Joyà

Per creare un grande personaggio, però, non basta un attore, anche se eccezionale come lui. Serve anche un buon regista. E Cassel, nel corso della sua carriera tra Francia e Hollywood, ha lavorato con una serie di nomi che hanno tentato di cambiare il mondo del cinema. Il già citato Kassovitz, ma anche David Cronenberg, Gaspar Noé, Darren Aronofsky, Romain Gavras, Steven Soderbergh. «Sì, tutta gente che ha tentato di piegare il sistema al loro cinema. Ma, se ci pensi, hanno pagato caro il loro coraggio. Qualcuno è scomparso, altri si sono dovuti ammorbidire. La tendenza oggi è quella di accontentare il pubblico facendo dei film che, in qualche modo, rispondano a un format sempre uguale. Penso sia anche colpa del fatto che viviamo in tempi di crisi. Se ci fai caso, quando le cose vanno male, in America preferiscono non pensare e allora spuntano film con della gente bellissima che balla il tip tap. Quando poi le cose vanno leggermente meglio, ecco arrivare i Francis Ford Coppola, gli Scorsese».


Camicia Brunello Cucinelli, pantaloni Boss

Cassel ha appena finito di girare una nuova versione cinematografica, in due film, de I tre moschettieri dove, al fianco di attori come Eva Green e Louis Garrel, interpreterà Athos. «Un personaggio religioso, che risponde agli ordini del re, distrutto dal senso di colpa. Un uomo che, con un suo tradimento, ha causato la morte della persona che amava. Per cui è tormentato, è come se vivesse sempre con un fantasma sulle spalle». Messa così, sembra essere il personaggio perfetto per lui: un antieroe, quasi una vittima. «Sì, c’è stato un momento in cui essere un eroe significava battersi contro un sistema. Nel nostro mondo vuol dire avere degli attori o dei registi coraggiosi abbastanza per fare quello che piaceva a loro, non quello che pensavano potesse piacere al mercato. Erano veramente dei ribelli. Come quelli che nella vita di tutti i giorni pensano con la loro testa e dicono quello che pensano, anche se sanno che le loro parole potranno metterli nei guai. Oggi in pochissimi se lo possono permettere. Ci sono delle eccezioni, certo, ma questo è il periodo delle vittime. Non importa di cosa: ti puoi anche inventare un motivo per passare da vittima con cui esigere poi rispetto. Spero non duri a lungo, perché è molto deprimente. Penso che la cosa più ribelle che si possa fare oggi sia farsi una propria vita, liberi da una morale comune, da questa incessante giuria popolare».

In apertura Vincent Cassel indossa camicia Brioni

Photos by Fe Pinheiro, Styling by Gabi Werden, Grooming: Claudio Belizario. Syling assistant: Giselle Wittmann. Executive Producer: Romulo Pires @sevenseasfilms.

Si ringrazia Mama Ruisa Hotel