David LaChapelle: 60 anni di mito tra glitter, sacralità ed eros
David LaChapelle (Photo by Dave M. Benett/Getty Images)

David LaChapelle: 60 anni di mito tra glitter, sacralità ed eros

di Digital Team

Fotografo di icone, egli stesso iconico, ha ideato un nuovo linguaggio artistico tra favola e kitsch, tra colori acidi, iconografia religiosa e audacia queer. Sempre alla ribalta, anche ora che è lontano dalle luci e ha scelto una vita zen

Era il 1991 quando il New York Times scriveva di David LaChapelle: «Influenzerà il lavoro di una nuova generazione nella stessa misura in cui Avedon è stato un pioniere di quello che oggi è considerato normale». Predizione più che profetica visto che David LaChapelle, a 60 anni scoccanti l’11 marzo, è ormai icona riconosciuta e luccicante della cultura pop, egli stesso mito, artefice di un nuovo linguaggio fotografico che fonde eros, glitter, sacralità e mitologia.

David LaChapelle
Photo by Stephen Lovekin/FFR/Getty Images for FFR
David LaChapelle in passerella alla sfilata di moda Fashion For Relief Haiti NYC 2010 di Naomi Campbell durante la Mercedes-Benz Fashion Week, 12 febbraio 2010, New York City

LaChapelle pittore di immagini

Con la fotocamera dipinge quadri. La fotografia per David LaChapelle è tramutare in immagine i suoi sogni, tramite l’uso della fantasia, come ha detto egli stesso.

«Mi piace molto la sensualità. Amo il corpo umano»

Ecco allora un giovane Leonardo DiCaprio steso sopra un cumulo di frutta mentre tiene in mano tre banane; Eminem ignudo in posa vivace e radiosa, contrariamente alla sua figura da rapper arrabbiato, con un candelotto di dinamite in fiamme dinnanzi alle parti intime; Madonna in estasi mistica. E poi un’Ultima cena con tovaglia di plastica sgargiante, bottiglie di birra, tatuaggi e felpa Adidas; Gesù giovane hippie con sulle ginocchia il corpo esanime di Michael Jackson; Maria Maddalena versione Kim Kardashian piangente glitter. «Mi piace molto la sensualità», ha ammesso LaChapelle. «Amo il corpo umano».

David LaChapelle
Photo by Alexander Tamargo/Getty Images for Maybach
David LaChapelle in conferenza stampa presenta “Bliss Amongst Chaos” al Raleigh Hotel, 5 dicembre 2009, Miami Beach

Maestro del surrealismo pop, David LaChapelle ha creato alcune delle immagini più archetipiche e inconfondibili dell’ultimo quarantennio, fondendo spiritualità e provocazione, favola e kitsch, tra Botticelli e Michelangelo, tra Salvador Dalí e Jeff Koons, tra colori traslucidi, immagini patinate tendenti all’iperbolico, soggetti della cultura cristiana riletti con giocosità, vocazione e blasfemia. 

Illuminante fu nei suoi esordi, a inizio anni ’80, l’incontro con Andy Warhol, per cui iniziò a lavorare come fotografo all’Interview Magazine. Scappato dal bullismo subito da adolescente queer nel natale Connecticut, a New York LaChapelle ha trovato il suo percorso artistico.
Seguendo le orme del suo mentore, ha costruito una carriera infarcita di voracità espressiva, consumismo, celebrità, fondendo richiami e pose classiche e simboli e slanci delle società bulimica contemporanea. Con composizioni folgoranti di rivista in rivista, di pubblicità in pubblicità, ha scolpito la cultura pop di fine Novecento.

David LaChapelle
Photo by Cindy Ord/FilmMagic
Dettaglio dell’installazione artistica alla mostra “From Darkness To Light” di David LaChapelle, Lever House, 2 giugno 2011, New York City

Tra messaggi queer e celebrities

Nel 1991, quando LaChapelle era ancora poco conosciuto, fa clamore e storia la sua foto per la campagna della Diesel: due marinai dell’equipaggio di un sottomarino statunitense celebrano la fine della Seconda guerra mondiale baciandosi. Fu uno dei primi annunci pubblicitari con una coppia gay che si bacia.

Caroselli di star si sono fatti fotografare da David LaChapelle, immaginifico e sfavillante: da Angelina Jolie a Benicio del Toro, da Marilyn Manson a Elizabeth Taylor, da Valeria Marini a Björk, e poi Whitney Houston, David Beckham, Uma Thurman, Lady Gaga, Britney Spears, Rihanna, Hillary Clinton, Lance Armstrong…
Con LaChapelle la fotografia di celebrities, inizialmente pensata per illustrare riviste di moda, è stata pienamente riconosciuta come forma d’arte.

E poi, oltre la fotografia, è arrivata anche la regia di videoclip musicali, eventi teatrali e documentari, sempre con il suo stile di abbacinante estetica dei contrasti. Eccolo quindi, in un immancabile incontro di icone luccicanti, curare scene e regia dello spettacolo di Elton John realizzato per il Caesars Palace di Las Vegas nel 2004: fu lo show di maggiori incassi dell’anno nella Città del vizio.

«Federico Fellini, Andy Warhol e Gesù. Ognuno a modo suo ha cambiato la mia vita»: ha detto David LaChapelle, non a caso definito il Fellini della fotografia.

Pamela Anderson e David LaChapelle
Photo by John Shearer/WireImage
L’attrice Pamela Anderson e il fotografo David LaChapelle posano per un ritratto agli Annual Hollywood Style Awards, 11 ottobre 2009, Los Angeles

Il ritiro intimista alle Hawaii

Dal 2006 la svolta intimista ed ecologista. David LaChapelle si è ritirato dalle luci della ribalta per stabilirsi alle Hawaii, dove ha rifondato una vita nuova, senza frenesia, lontano dal complesso industriale dei media che aveva definito la sua carriera. Si è reinventato come agricoltore, ha costituito una fattoria biologica a Maui, in un’ex colonia di nudisti appartata, a stretto contatto con la natura e senza tracce di modernità, senza energia elettrica ma solo solare e idrica.

«Amo glamour, moda e bellezza. Ma avevo bisogno di allontanarmi»

«Amo il glamour, la moda e la bellezza. È il segno della civiltà», ha spiegato. «Ma avevo bisogno di allontanarmi dalla propaganda di tutto ciò».
L’industria delle celebrità? Un posto in cui non invecchiare, secondo il fotografo ora zen. La felicità? Ben distante da un nuovo sgargiante acquisto esortato da un’immagine pubblicitaria.

La sua ricerca di un’esperienza esistenziale più profonda e pregnante si è riflessa anche nel suo lavoro più recente. Eccolo allora prestare i suoi colori acidi pop a paesaggi esotici e figure che richiamano l’iconografia religiosa, tra apocalisse e paradiso, come nel suo libro Good News del 2017. Ecco i ritratti, scattati negli anni ’80, ad amici morti di Aids in posa come angeli, lui che si è sempre sentito un miracolato per non esser stato contagiato.
«Non sto cercando di fare merchandise», ha affermato il nuovo LaChapelle. «Non sto cercando di fare foto per compiacere le persone. Sto cercando di emozionarle».

David LaChapelle
Photo by Monica Schipper/Getty Images
David LaChapelle firma le copie dei suoi libri “Good News Part I” e “Lost + Found Part II”, 14 dicembre 2017, New York City

Da questa svolta riflessiva nasce anche la nuova fotografia di David LaChapelle visibile fino al 23 novembre 2023 a Brescia presso la Pinacoteca Tosio Martinengo nella mostra David LaChapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a Beautiful Land: il fotografo americano omaggia il pittore lombardo settecentesco che seppe raccontare i poveri e le classi umili. LaChapelle fornisce una sua interpretazione della marginalità, in un’ode alla decadenza sociale: in Gated Community, scattata a Los Angeles nel dicembre 2022, esibisce una lunga fila di tende, rifugio dei senzatetto, firmate con i brand della moda. Accanto c’è poi la serie Jesus is my homeboy del 2003, sei fotografie che ritraggono scene della vita di Gesù rilette nell’ambientazione anonima di una metropoli contemporanea.

«Preferirei morire piuttosto che essere un artista serio e un finto artista». Parola di LaChapelle.