Martin Scorsese, 80 anni per il poeta del lato oscuro
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Martin Scorsese, 80 anni per il poeta del lato oscuro

di Simona Santoni

Gangster o prete mancato, narratore implacabile degli inferi e dell’espiazione, ha fatto del cinema la sua ricerca spirituale. Puntando la luce sugli angoli più bui di Manhattan

Martin Scorsese è il cinema. Narratore implacabile degli inferi e dell’espiazione, delle abissali contraddizioni, il 17 novembre compie 80 anni. Se per Woody Allen fare film è come una psicoterapia, per Martin è un atto spirituale. Cresciuto nella Little Italy di Manhattan, tra la carriera da gangster e quella da prete, ha scelto quella da regista. Per nostra fortuna.

Il lato oscuro di Manhattan

Sommo protagonista del Rinascimento hollywoodiano, con i suoi film Scorsese punta la luce sugli angoli più bui della violenza e dell’avidità, mondi sottotraccia, invisibili. I suoi antieroi di potenza ancestrale hanno spesso il volto di Robert De Niro e Leonardo DiCaprio. Criminalità organizzata, dialoghi incalzanti, tensione: da Quei bravi ragazzi a Casinò, da The Departed – Il bene e il male a Gangs of New York, fino a The Irishman, poderoso film fiume. Ed ecco anche gli ossessivi e i problematici della giungla urbana, da Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno a Taxi driver e Fuori orario. Dietro ogni eruzione feroce, però, si leva un respiro così umano, di vita vera.

Sul set di Taxi Driver
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Gli attori Jodie Foster e Robert De Niro con il regista Martin Scorsese sul set di Taxi Driver

Newyorchese di italiche origini, da ragazzo di Elizabeth Street Scorsese vedeva di fronte a sé solo due possibilità: diventare gangster o farsi prete. Provò a entrare in una gang, ma la piccola stazza e problemi di salute glielo impedirono. Fece un anno di seminario quando capì che era il cinema la sua redenzione. Decise di affrontare i temi della colpa, della fede e del riscatto tramite una macchina da presa.

New York, livida, le sue strade catramose, spesso da sfondo. Una New York così diversa da quella di un altro newyorchese doc, Woody Allen. Al Guardian, che ha definito Scorsese «il più grande regista vivente», Allen ha spiegato così il loro sguardo diverso sulla City: «Marty è un poeta del lato oscuro di Manhattan, io qualcuno che ha visto la città in modo molto più romantico. Immagino che la differenza stia nel fatto che Marty ha maturato le sue impressioni su Manhattan crescendo in centro, io dai film di Hollywood».

Martin Scorsese
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Martin Scorsese, 1993

Non solo gangster movie

Ma la filmografia di Scorsese è molto più di soli gangster movie o storie urbane crude. Con una voce narrativa sempre lucida e chiara, Martin sfida se stesso continuamente con nuovi generi e oltre le definizioni dei generi.

Eccolo raccontare le traversie di una mamma frustrata che sogna di fare la cantante in Alice non abita più qui (1974), il suo primo film di successo, con Oscar come migliore attrice a Ellen Burstyn. È alle prese con un pugile arrabbiato e ambizioso in Toro scatenato (1980): anche per il ringhioso De Niro un Oscar. Ne L’età dell’innocenza (1993), uno dei film più originali nel suo curriculum, il romanticismo inchioda una società newyorkese del XIX secolo di convenzioni soffocanti. In The Aviator è tempo di biopic e rivisita il Sogno americano seguendo le ossessioni dell’imprenditore e produttore cinematografico Howard Hughes, avido di potere e talentuoso, vittima delle sue ossessioni. Echi che risuonano nella commedia spietata di soldi ed eccessi The Wolf of Wall Street.

Martin Scorsese
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Martin Scorsese siede in un caffè di Mulberry Street a Little Italy, durante la realizzazione del suo film, “Mean Streets”, New York City, 16 ottobre 1973

E poi i film di ispirazione religiosa, certo: il prete mancato risuona in lui. Ne L’ultima tentazione di Cristo esamina le agonie di un Gesù Cristo, interpretato da Willem Dafoe, molto umano. In Silence, scortando Andrew Garfield, compie un lungo viaggio spirituale tra argomenti complessi ed eterni, tra dubbio e fede

Nella sua ricerca spirituale, elaborando sceneggiature, dirigendo grandi attori, è il montaggio per lui il momento in cui il film prende davvero vita, in un’esperienza quasi mistica: «Puoi allungare il tempo. Mi stupisco sempre quando sono in sala montaggio. Lavoro a stretto contatto con Thelma (Schoonmaker, ndr) e… provo ancora un brivido quando tagli un’inquadratura accanto all’altra e c’è un movimento (…). È il movimento che ti viene evocato in testa dal taglio. È come un movimento spirituale».
Una curiosità? La montatrice sua collaboratrice assidua Thelma Schoonmaker ha vinto tre Oscar, tutti e tre per film di Martin (Toro scatenato, The Aviator, The Departed). E il piccoletto gigante del cinema? Solo uno. Per The Departed.

Martin Scorsese
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Martin Scorsese alla premiazione annuale della Directors Guild of America al Beverly Hilton Hotel, Beverly Hills, marzo 1977

Scorsese il conservatore di film

Oltre ad essere un superbo creatore di film, Martin Scorsese è anche un appassionato di storia del cinema, un collezionista di stampe cinematografiche e manifesti, un conservatore di film che accende l’attenzione su registi dimenticati, un sostenitore dei diritti degli artisti. È il cinema, appunto.

«I film ci portano in altri posti. Aprono porte e menti»

«I film toccano i nostri cuori, risvegliano il nostro sguardo e cambiano il modo in cui vediamo le cose. Ci portano in altri posti. Aprono porte e menti. I film sono i ricordi della nostra vita. Dobbiamo tenerli in vita», accoratamente Martin.
Hugo Cabret, la storia dell’orfanello che vive nella stazione di Parigi che si intreccia a quella di Georges Méliès, il secondo pioniere del cinema dopo i Lumière? La lettera d’amore di Scorsese al cinema.

Martin Scorsese
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Martin Scorsese, 3 novembre 1993

DiCaprio e De Niro insieme per il primo western

A ottant’anni, è giunta l’ora del western, il primo per Scorsese. È atteso per il 2023 il suo nuovo film Killers of the Flower Moon, dal budget fastoso di circa 200 milioni di dollari, con i suoi attori di fiducia, Robert De Niro alla decima collaborazione e Leonardo DiCaprio alla sesta. Ambientato nell’Oklahoma degli anni ’20, racconta la storia dell’assassinio di numerosi nativi americani membri della Osage Nation, una zona ricca di insediamenti petroliferi; una misteriosa serie di crimini brutali che divennero noti come “il regno del terrore di Osage”. Il co-sceneggiatore Eric Roth promette: «Sarà qualcosa di mai visto prima. Un film che, secondo me, resterà per i tempi a venire». Come dubitarne?