Musei come (memorabili) set cinematografici
Robert Redford

Musei come (memorabili) set cinematografici

di Elena Bordignon

Fanno sognare, ci danno i brividi, ci immergono in una grande felicità oppure nel dramma più buio. Parliamo di due spazi, uno immaginario e l’altro splendidamente reale: il cinema e i musei.

Entrambi sono luoghi di incontri e relazioni, dove sguardi ed emozioni si intrecciano e si perdono. Siamo andati a scovare i musei che hanno fatto da location per scene cinematografiche memorabili. Il nostro viaggio inizia con una tra le corse più coinvolgenti della storia del cinema, quella ripresa dal padre della Nouvelle Vague, Jean-Luc Godard, nel lungometraggio del 1964 Bande à part. Il film presenta il classico triangolo amoroso: due ragazzi si innamorano delle stessa ragazza, Odile, convinta dai due giovanotti a derubare sua zia per poi scappare con i soldi. I tre personaggi, nell’attesa di dare avvio al colpo, si recano nel museo del Louvre e, mossi dalla noia, per superare il record di un americano che era riuscito ad attraversarlo in 9 minuti e 45 secondi, lo percorrono in corsa in 9 minuti e 43 secondi. Emblematica è la sequenza della macchina da presa sull’opera Il Giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David (1784). La scena della corsa è stata così iconica, che Bernardo Bertolucci le ha reso omaggio nel suo The Dreamers del 2003, ambientando una scena simile sempre al Louvre. 

L’importante museo parigino è il protagonista anche di altri due film da ricordare: L’età dell’innocenza di Martin Scorsese (1993) e Gli amanti del Pont-Neuf di Leos Carax (1991): indimenticabile la scena notturna in cui Hans e Michèle, interpretata da Juliette Binoche, si introducono illegalmente nel Louvre per permettere alla donna di osservare di nuovo da vicino un quadro che ha tanto amato. Dalla Francia all’Italia, citiamo la scena che vede la bellissima Ingrid Bergman passeggiare con aria inquieta tra le statue antiche del Museo Archeologico Nazionale di Napoli nel film Viaggio in Italia di Roberto Rossellini (1954). Nel film si racconta la fine dell’amore di una coppia che decide di fare un viaggio a Napoli per distrarsi un po’ dalla crisi coniugale. Coppie che ammirano opere d’arte si ritrovano anche in alcune mitiche riprese di Manhattan di Woody Allen (1979), un vero concentrato di musei o, dello stesso regista, Match Point (2005), con l’incontro casuale dei protagonisti alla Tate Modern di Londra. 

Senza dimenticare il classico Harry ti presento Sally, di Rob Reiner (1989) in cui Meg Ryan e Billy Crystal scherzano e ridacchiano imitando la voce di paperino nel padiglione egizio del Metropolitan Museum di New York. Restiamo ancora a NYC, sempre al Metropolitan Museum (anche se, nella realtà, si tratta del Philadelphia Museum of Art) come luogo di incontri nel film Vestito per uccidere di Brian De Palma (1980), con la lunga scena in cui Angie Dickinson, sola, guarda le opere e guarda i visitatori, aggirandosi non senza inquietudine tra le sale. Uno sconosciuto si siede accanto a lei, si alza e si allontana, lei lo segue quasi rincorrendolo dentro ad un labirinto fatto di stanze e corridoi.  Il museo, come abbiamo visto in De Palma, può diventare luogo di mistero e, senza esagerazioni, di malvagità. E’ il caso dell’horror psicologico di Dario Argento La Sindrome di Stendhal (1996), dove la protagonista, Asia Argento, quasi ipnotizzata dalle opere d’arte, sviene in una sala degli Uffizi. 

Nel Batman di Tim Burton (1989), il museo Guggenheim è preso come ispirazione per il suo Flugelheim Museum a Gotham. Si ricorda la scena in cui Joker compie una danza devastatrice fra opere ben scelte di Vermeer, Rembrandt e Renoir. Unica risparmiata dalla furia distruttrice di Joker è la Figura con carne (1954) di Francis Bacon, dissacrante rivisitazione del ritratto di Innocenzo X di Velázquez. Il Museo può fungere anche da rifugio, come avviene nell’intenso film di Sydney Pollack I tre giorni del Condor (1975), dove Robert Redford si nasconde all’interno del Guggenheim, mentre in The International di Tom Tykwer (2009), le rampe a spirale dello stesso museo, ricostruite in un’ex fabbrica di locomotive, fanno da scenario all’inseguimento e alla sparatoria dei protagonisti. Cambiamo decisamente registro nelle sequenze di un vero successo cinematografico:  Una notte al museo di Shawn Levy (2006), capostipite della serie, in cui gli oggetti esposti all’American Museum of Natural History di New York di notte, si animano. 

Ma le sale espositive non sono solo lo sfondo di avventure, misfatti e fughe. I musei possono anche diventare luoghi onirici e visionari. Pensiamo all’episodio Corvi tratto dal film Sogni di Akira Kurosawa (1990), in cui un giovane pittore, in visita a un museo, si ritrova proiettato dentro alle opere di Van Gogh e corre alla ricerca dell’artista.  Tra i film osannati dalla critica per virtuosismo tecnico sicuramente è da citare Arca Russa di Aleksandr Sokurov (2002), girato in un unico piano sequenza di 90 minuti, attraverso le sale dell’Ermitage. Un altro memorabile film di Sokurov da citare è Francofonia (2015), ambientato al Louvre durante la Seconda guerra mondiale, in un intreccio fra arte e potere.