Richard Avedon. Palazzo Reale celebra il fotografo che ha rivoluzionato il modo di guardare la moda

Richard Avedon. Palazzo Reale celebra il fotografo che ha rivoluzionato il modo di guardare la moda

di Digital Team

La mostra Richard Avedon: Relationships ripercorre la lunga carriera del grande fotografo americano tra foto di moda e ritratti che hanno fatto epoca

Era da tempo che il calendario milanese delle mostre di fotografie non era così ricco e sostanzioso. Prima Giovanni Gastel, poi Oliviero Toscani (fino al 25 c.m.); ora, sempre a Palazzo Reale, Richard Avedon. Tre autentici innovatori dell’immagine di moda (e non solo): la mostra Richard Avedon: Relationships con ben centosei immagini, che dal 22 settembre al 29 gennaio 2023 raccontano oltre sessant’anni di carriera del fotografo americano, consente infatti, in certo modo, in questo rapido  succedersi, di comprendere, accostata alle precedenti, come – sempre con uno sguardo innovativo – si possa vedere e raccontare una storia, un abito, un personaggio anonimo o famoso  che sia. Le dieci sezioni del percorso espositivo sono costruite intorno ai due temi cui Avedon ha dedicato di fatto la sua ricerca: la moda e i ritratti. Alla prima arriva prestissimo, nel ’44 a 21 anni, quando comincia la sua collaborazione con Harper’s Bazaar ed è subito innovativo togliendo la modella (e l’abito) dalle solite pose statuarie per metterle invece, vive e in movimento, al centro di un mondo di glamour e divertimento – immagini che sembrano frame cinematografici di film in cui il lettore vorrebbe essere protagonista. E se negli anni passa poi a scatti più “minimalisti”, il dinamismo delle pose non viene mai meno né quel tocco di glam così attraente e inconfondibile..


E a proposito di moda, una sezione è giustamente dedicata al sodalizio lungo e ricchissimo che ha unito Avedon e Gianni Versace – come dire, l’incontro di due rivoluzionari. Il sodalizio parte nel 1980, quando Versace in pratica esordisce, e prosegue fino dopo la scomparsa (sono 25 anni ormai) dello stilista, con gli scatti della collezione p/e1998, la prima firmata da Donatella Versace. Sono passati non gli anni, ma i decenni; le collezioni e le tendenze si sono succedute instancabilmente, eppure quegli scatti restano vivissimi, indifferenti alla stagionalità della moda.

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«Il linguaggio astratto di Avedon», sottolineano dall’organizzazione, « agisce in uno spazio compresso che esalta le figure rendendole assolute e facendo esplodere le coreografie dei corpi di alcune delle top model più celebrate dell’epoca, in movimenti convulsi, sincopati, che mettono in evidenza la forma e la materialità degli abiti che indossano, come nel caso della campagna per la collezione p/e 1993, con Linda Evangelista, Christy Turlington, Kate Moss, Aya Thorgren, Shalom Harlow». Se forti, impattanti sono le immagini di moda, altrettanto lo sono i ritratti, le altre “relationships” coltivate da Avedon. Davanti al suo obiettivo sono passati, come si suol dire, “tutti”: celebrità del mondo dello spettacolo, attori, ballerini, musicisti, attivisti per i diritti civili, politici e scrittori: dai Beatles, a Dylan; da Michelangelo Antonioni, a Sofia Loren; da Allen Ginsberg, al Dalai Lama, a Andy Warhol. In questi scatti non c’è spazio per altro che il volto, l’espressione e poco più. 


Sono ritratti fortemente descrittivi il cui fascino non è legato solo alla composizione, ma anche al senso di intimità che stabiliscono tra il soggetto e l’osservatore. La lunga carriera ha permesso ad Avedon di ritrarre più volte, a distanza di anni, gli stessi personaggi e anche questo sapere cogliere con la medesima attenzione il passare del tempo diventa per il visitatore un motivo di interesse: qualche esempio: il pittore Jasper Johns, ritratto nel 1965 e nel 1976; la scrittrice Carson McCullers nel 1956 e nel 1958; il politico George Wallace nel 1963 e nel 1976; il poeta Allen Ginsberg nel 1963 e nel 1970. Ma il caso più singolare è la serie di ritratti fatti all’amico scrittore Truman Capote, quasi un diario per immagini della parabola discendente del grande autore, da giovane prodigio della letteratura a stanco cinquantenne che ha perso il dono della scrittura.