Scorsese riunisce De Niro e DiCaprio, e fa un altro capolavoro
Courtesy of 01 Distribution

Scorsese riunisce De Niro e DiCaprio, e fa un altro capolavoro

di Andrea Giordano

Martin Scorsese, protagonista a Cannes con Killers of the Flower Moon, riunisce i suoi due attori simbolo, Robert De Niro e Leonardo DiCaprio

Martin Scorsese lo ha fatto ancora. A quasi 81 anni, il regista cult di film memorabili, da Taxi Driver a Quei bravi ragazzi, ha realizzato uno dei suoi lavori più belli, spaccati e intensi, Killers of the Flower Moon, che al Festival di Cannes ha letteralmente ‘stravolto’ addetti ai lavori, e i tanti fan assipati sulla Croisette, che attendevano lui, e i suoi due attori per eccellenza, Robert De Niro e Leonardo DiCaprio. Una reunion imperdibile, visto che che le due leggende americane tornano a lavorare insieme a distanza di 27 anni, era il 1996 in La stanza di Marvin, ma perché è la prima volta (incredibile a dirsi) che sono entrambi, nel medesimo progetto, diretti proprio dal loro mentore.

Serviva ovviamente la storia giusta, ed eccola, l’adattamento (insieme a Eric Roth, lo sceneggiatore di Forrest Gump) del libro di David Grann, “Gli assassini della terra rossa”, in inglese appunto Killers of the Flower Moon, prodotto da Apple Studios, che in Italia vedremo dal 19 ottobre in sala, distribuito da 01 Distribution, e poco dopo su Apple+. Nove minuti di applausi alla première ufficiale sono il primo tassello legato ad un’opera monumentale e senza tempo.

Avidità e sete di potere

Parliamo di un thriller a tinte western, in grado però di sconfinare oltremodo in un ritratto arido, cinico, a tratti un po’ grottesco, a tratti verso il gangster movie, brutale e bello nella stessa misura. La storia, ispirata da ciò che davvero accadde negli anni ‘20 negli Stati Uniti, narra di alcuni appartenenti alla Nazione Osage, popolo deportato in Oklahoma alla fine dell’Ottocento, nativi americani, che vennero assassinati in circostanze misteriose. Uomini e donne (soprattutto), appartenenti alla tribù Osage, che da un momento all’altro si arricchirono grazie al petrolio, ereditando una fortuna, ma che dovettero confrontarsi con l’avidità e la sete di potere dei bianchi, intenti a sottrargli terre, risorse, futuro, speranza, dignità.

Vittime e carnefici di un sistema sordido, di logiche capitalistiche, fatto di bugie, omicidi seriali, genocidi, speculazioni, razzismo, ambizione, corruzione, in cui DiCaprio e De Niro (“chiamami pure Re” dice il secondo al primo) diventano i rappresentanti principali di questa lucida follia e disumanità, di questo ricatto morale, tra sangue e controllo del petrolio. Di Caprio interpreta Ernest Burkhart, un uomo tornato dalla Prima Guerra Mondiale, desideroso di rifarsi infatti un’esistenza in Oklahoma, ma apparentemente fuori luogo, “stupido”, docile, manovrabile. Ottenendo un lavoro presso lo zio, William Hale (De Niro), lo sceriffo di Osage County, entra inconsapevole così nel circuito, si innamora (e si sposa) con una donna nativa, Mollie (la straordinaria Lily Gladstone), con lo scopo anche di arricchirsi, ma semplicemente per ritrovare una stabilità, perché la ama. Nel frattempo, però quell’armonia viene sconvolta dalle perdite delle sorelle di lei, della madre, di strani accadimenti e accurate manovre, di lupi e sciacalli maschili, pronti a tutto. Ernest scopre così il marcio dietro ad ogni gesto, ne diventa complice, vittima lui stesso, artefice. Ne nasce un caso in cui all’epoca intervenne l’F.B.I., dando il via ad un’indagine voluta da J. Edgar Hoover. 

Ma Killers of the Flower Moon, che ritroveremo agli Oscar 2024 con una pioggia di nomination, è anche un grande romanzo visivo, da vivere, sfogliare, e ascoltare attentamente, con cura, senza fretta, fino all’ultima sequenza, in cui ci guida, ci invita a riflettere, ci fa capire quanto il cinema possa essere lo strumento per veicolare le proprie esperienze del passato, portandole nell’oggi. Scorsese lo sa, e per noi, esserne testimoni, è un regalo.