Porto, la guida essenziale al vino liquoroso
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Porto, la guida essenziale al vino liquoroso

di Aldo Fresia

Come riconoscere quello buono, le caratteristiche, la storia, i produttori da seguire e i cocktail da provare

Il Porto è un vino liquoroso e, pur essendo il portabandiera del Portogallo, è in realtà nato grazie agli inglesi: sono stati loro, all’inizio del XVIII secolo, a iniziare una massiccia importazione di vino che non fosse francese (i due paesi all’epoca si facevano la guerra). E siccome il trasporto via mare fino alle scogliere di Dover tendeva a rovinare la bevanda, i portoghesi decisero di renderlo più stabile aggiungendo alcol: così facendo diedero vita a un commercio ancora più fortunato e destinato a durare secoli. Ecco dunque una breve guida pratica per capire cos’è il Porto, come viene fatto, come riconoscere quello di qualità, quali produttori seguire e quali cocktail degustare.

Cos’è il Porto e come si fa

Il punto di partenza sono le uve coltivate sulle colline della regione del Duoro, nella zona nordorientale del Portogallo: vitigni che vanno sotto i nomi di Tinta Barroca, Tinta Cão, Tempranillo, Touriga Francesa e Touriga Nacional.

Dopo la spremitura si avvia la fermentazione per trasformare il mosto in vino, che viene però fermata a un certo punto con l’aggiunta di acquavite locale a 77 gradi. Il Porto è tendenzialmente dolce proprio perché i lieviti non hanno trasformato interamente in alcol il residuo zuccherino dell’uva.

Il passaggio successivo prevede l’assemblaggio di vini e annate differenti e l’affinamento in botti di legno. Esistono però eccezioni, a seconda del tipo di Porto che abbiamo di fronte. Ecco le varie tipologie:

  • il Porto bianco, che non fa botte
  • il Porto rosato, di recente invenzione per cavalcare la moda dei pink wine (in generale, non è granché)
  • il Porto ruby, che invecchia in botti grandi e rappresenta il grosso del mercato
  • il Porto riserva, che è un ruby di qualità superiore
  • il Porto LBV, che sta per Late Bottled Vintage: non è un blend di annate differenti, ma è ottenuto da un’unica annata considerata eccezionale. L’invecchiamento in botte è più lungo, circa 4-5 anni
  • il Porto singola quinta, che si ottiene con uve provenienti da un singolo vigneto (la quinta, appunto)
  • il Porto Crusted, che è un blend di vini pregiati e non filtrati (da qui le incrostazioni che si formano sul fondo della bottiglia e che danno il nome a questo tipo di prodotto). Invecchia circa tre anni in botti grandi
  • il Porto vintage, prodotto solo in annate eccezionali, con uve di una singola vendemmia: affina in legno per due anni e mezzo e poi in bottiglia per almeno dieci anni
  • il Porto tawny, che dopo un passaggio di tre anni in botti grandi continua l’affinamento in botti più piccole, dove può restare anche per quarant’anni
  • il Porto colheita, che è un tawny, ma è fatto con uve di una singola annata e riposa in barrique per almeno sette anni.

Come riconoscere un buon Porto

La parola chiave è armonia: un grande Porto è quello che bilancia le note dolci con una bella sapidità e, così facendo, acquista una struttura ampia e ricca. Volendo poi concedersi una bottiglia sopraffina, il consiglio è quello di rivolgersi alla tipologia vintage, che non a caso è quella che fa da barometro per il prestigio dei grandi produttori.

I marchi di Porto da tenere d’occhio

Forse il nome più celebre è Sandeman e, se puntiamo ai vintage, la fama è giustificata. Altri marchi importanti sono Fonseca, Taylor’s, Warre’s, Kopke, Graham’s e Quinta Do Naval.

2 cocktail essenziali fatti con il Porto

  • Il Bar Drake Manhattan, inventato presso il Sir Francis Drake Hotel di San Francisco e fatto con bourbon, Porto, una spruzzatina di sciroppo d’acero e due gocce di angostura.
  • Il Portugal, che omaggia la patria del Porto miscelandolo con succo d’arancia, triple sec e una spruzzata di angostura.