Charles Leclerc – Giorgio Armani: lo stile e il futuro

Charles Leclerc – Giorgio Armani: lo stile e il futuro

Su Icon n.60, una doppia ed esclusiva intervista al grande stilista italiano, che ha scelto il pilota monegasco come icona della propria nuova campagna del Made to Measure, e al giovane talento della Formula 1, simbolo di una generazione che è pronta a prendersi il futuro.

Foto: John Balsom
di Digital Team

GIORGIO ARMANI

Perché Charles Leclerc per dare un volto e un nome al Made to Measure, progetto così importante visto il dna di Armani?
Perché Leclerc è il giovane uomo di successo del momento, promettente e determinato. Ha un volto fresco e la fisicità scattante e atletica dello sportivo, ma possiede l’innata qualità della disinvoltura. Mi è sembrato perfetto per rappresentare lo spirito della mia moda maschile su misura. Perché per me Made to Measure è un modo diverso di interpretare la formalità, non legato, com’era una volta, solo a certe occasioni o a una certa fascia di età. Significa qualità e comfort, cura e personalizzazione, ma soprattutto eleganza sciolta, adatta a tutti.

Lo sport e Armani, un connubio vincente ormai da tempo. In cosa pensa che lo sport professionistico e i suoi campioni e il suo modo di vedere la moda e lo stile trovino un terreno comune di dialogo?
Lo sport come la moda è una straordinaria forma di rappresentazione e di comunicazione della contemporaneità, e offre, allo stesso modo, l’opportunità di esprimere a pieno la propria personalità. Gli atleti sono portatori di valori positivi – disciplina, abnegazione, impegno costante e determinazione – e hanno un grande seguito. La loro immagine, anche quando non indossano la divisa, deve essere coerente e curata. E qui i due mondi necessariamente si incontrano. Ho sempre trovato stimolante lavorare con gli sportivi. Certo, il loro fisico allenato rappresenta sempre una sfida per un designer, ma la continua ricerca di soluzioni che fondono comfort, eleganza e praticità d’uso è ogni volta stimolante.

Ferrari vuol dire Italia nel mondo, Armani vuol dire Italia nel mondo. Forse è proprio dalle eccellenze che dovremmo ripartire, dal nostro modo speciale di declinare la qualità. Non trova? Cosa pensa che ci renda ancora così attraenti per un pubblico globale?
Ferrari è un simbolo di cui essere orgogliosi, uno dei migliori esempi di eccellenza riconosciuta nel mondo. Ma nel nostro Paese abbiamo moltissime altre realtà delle quali essere fieri, che testimoniano la nostra innata capacità di declinare il senso estetico in ogni ambito, e di saperlo fare bene, con competenza. È su questa capacità che dobbiamo puntare per ripartire, riaffermando i valori di qualità e identità, per differenziarci nel grande mercato globale. Più volte in questo periodo ho sottolineato quanto sia importante rallentare, facendo meno ma meglio. Il Made in Italy è una prospettiva autentica di business, fatto di prodotti eccellenti, servizio, concretezza, e credo che lavorare in questo senso sia la chiave per renderlo ancora più speciale e desiderato.

Questo numero di Icon è dedicato alla fashion community, al rapporto che si è creato fra le case di moda e gli appassionati, con un occhio speciale al Made In Italy. Lei che messaggio si sente di mandare in questo senso?
Le difficoltà mettono a dura prova e per superarle occorre resilienza e determinazione, ma soprattutto solidarietà e un forte senso di appartenenza. L’Italia ha dimostrato di possedere tutte queste risorse ed è andata avanti, dando grande prova di perseveranza e coraggio. Ora più che mai dobbiamo fare appello a quello stesso coraggio, per fare le giuste scelte, all’orgoglio di mantenere alta la nostra reputazione nel mondo, con il nostro Made in Italy inteso come bello e fatto bene, ma soprattutto a quel senso di comunità che è l’unica via per costruire un futuro migliore.

Sono tempi di ripartenza, che seguono tempi difficili e di riflessioni. A proposito di tutto questo: che cosa ci portiamo dietro e che cosa si aspetta dal prossimo futuro?
Questa profonda crisi, che ci ha colti di sorpresa, ci ha insegnato innanzitutto l’importanza della solidarietà e dello slancio verso chi soffre, invitandoci a rallentare. Perché una dimensione più umana necessita di tempi meno frenetici e distratti, tempi più lenti che ci consentano di accorgerci degli altri. Ora, dopo molte riflessioni e considerazioni, mi aspetto un comune e concreto impegno a ripartire con presupposti differenti, rivedendo le priorità con un approccio responsabile, in ogni ambito. Osservo che nel settore della moda le cose stanno andando nella giusta direzione e il mio appello a rivedere i ritmi di produzione e delle sfilate è stato accolto. Sono fiducioso.

Un aggettivo, motivandolo, per definire Charles Leclerc.
Difficile sceglierne uno. Leclerc rappresenta l’atleta contemporaneo capace di catalizzare l’attenzione in ogni momento, anche fuori dalle piste automobilistiche. È giovane e ambizioso, ha talento e la vivace curiosità di cimentarsi anche in altri ambiti oltre lo sport. Ha lo sguardo e i tratti del volto che non si dimenticano, così come il modo di muoversi e porgersi. È elegante e molto promettente.

CHARLES LECLERC

Se le diciamo Armani cosa le viene in mente? Come e perché si ritrova in questa collaborazione?
La prima parola che mi viene in mente è “eleganza”. Per me è lo stilista che rappresenta al meglio questo concetto. Tutto è nato grazie a comuni conoscenti. Un giorno ho ricevuto un messaggio in cui mi dicevano che gli era piaciuto il mio profilo. Sono da sempre un appassionato di moda e per me è stato incredibile. Sono davvero onorato di questa collaborazione.

Questo numero di Icon è dedicato alla fashion community, al rapporto che si è creato fra le case di moda e gli appassionati. Lei che rapporto ha con la moda?
La moda mi ha sempre appassionato ed è molto importante per me perché mi piace esprimere la mia personalità anche attraverso il modo di vestire.

Veniamo da un momento difficile per il mondo intero in cui anche lo sport agonistico, che sembra sempre invincibile, ha dovuto fermarsi. Che mesi sono stati per lei? Quale insegnamento trae per il presente e per il futuro?
Sono stati mesi lunghi che mi sono serviti. Come pilota non avevo un attimo di tregua. Una gara dopo l’altra, senza riposo e senza tempo per pensare. Con questa pausa forzata ho avuto l’opportunità di riflettere sulla mia carriera, che è andata forse un po’ troppo veloce. Ho avuto anche il tempo per analizzare il mio lavoro, individuare gli errori anche delle stagioni passate per migliorare in futuro. E non solo, ho cercato di dedicare più tempo alle mie passioni, che sono la moda, la musica e anche il motor sport, però virtualmente… Penso di aver utilizzato bene il tempo a disposizione e non potevo certo annoiarmi, il che è molto positivo.

Qual è l’insegnamento?
Non so, è una domanda difficile. Penso di aver imparato l’importanza di aiutare gli altri e del sostegno reciproco. Perché in situazioni di questo genere, emerge tutta la nostra fragilità. Da un giorno all’altro tutto è improvvisamente cambiato…

Ha scelto di fare il pilota di vetture da corsa. Cosa significa per lei competere? Cosa si prova nell’abitacolo al momento della partenza? E l’emozione di un sorpasso? E quella della vittoria?
Le auto, soprattutto quelle da corsa, sono la mia vita. Ho iniziato il motor sport a tre anni e mezzo girando in kart e da quel momento tutto ha iniziato a ruotare intorno alle gare. Ho capito presto che era la mia strada. Mi piace la sfida, cercare di fare meglio degli altri, lavorare e poi vedere i risultati e ancora migliorare, perché da ogni giro si impara sempre qualcosa. E poi mi piace la velocità, l’adrenalina quando sei al volante, una sensazione che non si prova da nessun’altra parte. E ancora l’emozione del sorpasso – la parte della gara che preferisco – che non dipende solo da te ma anche dagli avversari, di cui devi conoscere, analizzandoli prima, i diversi stili di guida. Il momento più bello è quello della vittoria, che non è solo del singolo pilota, ma dell’intera squadra che lavora dietro le quinte. Quando si vince, si vince tutti insieme, e vedere le espressioni di gioia sui volti di tutte le persone che compongono il team è una cosa davvero molto bella.

Quanto è importante per lei rimanere sintonizzato con i trend dei giovani della sua età?
È una buona domanda. La fascia d’età del pubblico che guardava la Formula 1 è sempre stata quella tra i 25 e i 45/50 anni, ma ora sta cambiando. E una delle ragioni è la presenza sui social. Personalmente amo e seguo i social, lo trovo un modo diretto e semplice di comunicare con i miei amici e con le persone che conosco, ed è così per tanti giovani. Penso quindi che la presenza sulle varie piattaforme faccia molto bene a questo sport. Ho trovato molto positiva anche la serie di Netflix che ha fatto conoscere a moltissime persone questo mondo. Negli ultimi mesi ho scoperto anche l’esistenza di un tool molto importante: il simulatore. Ci sono tantissimi giovani che giocano virtualmente da casa e che non hanno mai guardato una gara reale. Creare la connessione tra questi due mondi penso sia una grande opportunità.

In un mondo in cui il modo di intendere la mobilità, soprattutto nelle città, sta cambiando, cosa pensa che debba fare il mondo dei motori per avvicinare i più giovani?
Penso che i motor sport abbiamo fatto grandi passi in avanti per avvicinarsi ai giovani. La Formula1 è molto più presente sui social, e lo è anche la nuova generazione di piloti, me compreso. Vedo che i miei amici, ma anche mio fratello più piccolo e i suoi amici, seguono molto i social media e penso che questa sia la strada da percorrere. E poi ci sono i videogiochi con il nuovo mondo delle competizioni che offrono un grande potenziale per creare la connessione. Siamo solo all’inizio.

Un aggettivo, motivandolo, per definire Giorgio Armani.
Iconico! Da sportivo so perfettamente quanto lavoro e quanta determinazione sono necessarie per raggiungere grandi risultati, dunque immagino quanta passione e quanto quotidiano impegno ci siano sempre stati dietro al lavoro di Giorgio Armani.

Articolo pubblicato su Icon 60.