Il Coachella è ancora cool?
(Photo by Arturo Holmes/Getty Images for Coachella)

Il Coachella è ancora cool?

di Tiziana Molinu

Il Coachella Valley Music Festival, un evento che per anni ha attirato a sè migliaia di persone e di celebrities, sta forse perdendo il forte appeal che lo contraddistingueva. Un festival che tra poca moda e tanto esibizionismo, un calendario debole e prezzi a dir poco vertiginosi è diventato la caricatura di sè stesso. Ecco le nostre impressioni.

Alle porte del secondo, e ultimo, weekend del Coachella 2024 vogliamo fare il punto sull’edizione di quest’anno del Festival. Un’edizione che già in molti si sono azzardati a definire la peggiore di tutti i tempi. E forse non hanno tutti i torti. Quella che è nata nel 1999 come manifestazione musicale libera, hippie, anticonformista, creata per essere una sorta di successore/erede di Woodstock, si è trasformata nell’esatta antitesi. Una festa in maschera devota al consumismo e all’apparenza che fa leva su un superficiale desiderio di partecipazione ad un evento ritenuto “esclusivo”.

La “moda” al Coachella 2024

Coachella festival 2024
(Photo by Arturo Holmes/Getty Images for Coachella)

Onestamente? Ma quale moda. Se da un lato le celebrities hanno preferito mantenere un profilo basso, la maggior parte dei partecipanti ha optato per look che definire sopra le righe è riduttivo. Il confine tra creatività, libertà e cattivo gusto non è mai stato così sottile come in questi giorni. A risollevare il morale fashion sono stati gli artisti sul palco: menzione d’onore, per Tyler, The Creator (che non ha tradito il suo stile da eclettico nonnino golfista) e Saint Levant (moderno ed elegante senza gli eccessi che contraddistinguono molti dei suoi colleghi).

Coachella festival 2024

Ma la nostra menzione d’onore non è relativa solamente ai loro look on point. Entrambi infatti hanno usato i loro abiti (e non solo) anche per mandare messaggi politici e solidali. Nello specifico, Tyler ha sfoggiato delle spille rappresentanti la bandiera palestinese e quella del Congo nel tentativo di dare visibilità su un palcoscenico risonanza mondiale ai disastri umanitari che stanno accadendo in entrambi i paesi. Saint Levant, artista di origini palestinesi, oltre ad esprimersi fortemente con la musica e con parole, ha indossato una cintura a forma di anguria (simbolo che per i suoi colori rimanda alla Palestina).

I trend più gettonati del Coachella 2024

La cosa dell’estetica western sta sicuramente sfuggendo di mano. Sembra che se non indossi un cappello da cowboy ormai non sei nessuno. Onestamente? Anche meno. Per carità ok cappelli, stivali da cowboy e via dicendo, nulla contro i singoli capi, ma quello che abbiamo visto in questi giorni è davvero too much. Stampe cavalline, improbabili cut off, accostamenti veramente fuori luogo. Quello che è palese è invece una totale mancanza di lucidità nel tracciare un confine tra moda e carnevale a tema western senza precedenti. Il cowboy core è una tendenza talmente inflazionata da essere già diventata noiosa.

Coachella festival 2024
(Christina House / Los Angeles Times)

L’abbigliamento bohémien che da sempre caratterizzava il Coachella è ormai un lontano ricordo. Alle volte abbiamo avuto la sensazione di essere ad un Comicon piuttosto che ad un festival musicale, per il semplice fatto che alcuni abiti ricordavano più dei cosplay che vestiti da festa. Tra i trend emersi infatti abbiamo notato: una sorta di fairy tale vibe, un po’ Winx club un po’ manga style, il tutto in chiave kinky, condito dunque da una buona dose di malizia e hypersexuality.

Coachella festival 2024
(Photo by Frazer Harrison/Getty Images for Coachella)

Ma non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio. La libertà nel vestirsi, anche male, sottintende una libertà di vestirsi anche con una semplice t-shirt e pantaloncino. O in qualsiasi modo si voglia. Ed è pur sempre libertà. Il vero dress code è che non c’è più un dress code. In primis, come anticipato, lo hanno capito le celebrities, che hanno abbandonato vestiti sfarzosi e appariscenti per votarsi al casual chic, e talvolta anche minimal.

L’hype è finito, l’inizio del declino è reale

Per quanto riguarda il Festival, siamo onesti, eccetto un paio di nomi, la line-up di quest’anno si è rivelata un tantino scarsa, per non dire deludente, soprattutto in relazione all’alto prezzo dei biglietti, che si aggira (per un weekend) intorno ai 500 dollari di base. Già l’anno scorso si erano visti i primi segni di un cedimento nella vendita dei pass, il sold out non era stato proprio immediato come di solito, ma quest’anno il declino è stato palese.

Per la prima volta negli ultimi 10 anni, il sold out dei biglietti del primo weekend è arrivato a distanza di settimane dal loro rilascio, mentre quelli per il secondo sono ancora disponibili. Una cosa mai vista prima (se non proprio agli esordi del festival, quando ancora non era conosciuto come lo è oggi). Niente contro Lana Del Rey, Tyler, The Creator, Doja Cat e J Balvin, che hanno fatto il loro meglio per sollevare le sorti di un Festival cui il declino era già nell’aria. Senza però riuscire nell’arduo compito.

Per fare un paragone e rendere meglio l’idea, il Rolling Loud di Vienna (in scena a luglio) vanta come headliner nomi del calibro di Travis Scott, Nicky Minaj e Plaboi Carti. Ospiti che non hanno niente da invidiare a quelli del Coachella, eppure il biglietto costa esattamente la metà. E allora possiamo dire che l’hype, che in fondo era ciò che alimentava il festival californiano, si sta spostando verso altri – più comodi ed economici – orizzonti.