Turismo responsabile: 8 viaggi per essere parte del cambiamento
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Turismo responsabile: 8 viaggi per essere parte del cambiamento

di Carolina Saporiti

Cosa vuol dire essere un turista responsabile? E dove è possibile esserlo? Otto idee per viaggiare e fare del bene all’ambiente e non solo

Dobbiamo essere turisti responsabili e vogliamo esserlo. Il cambiamento climatico è diventato una preoccupazione globale che ha portato a una profonda trasformazione della mente delle persone, che oggi sono consapevoli come non mai. 

Il 2022 è quindi l’anno ideale per cominciare ed essere parte di questo cambiamento e ad abbracciare il turismo responsabile. Perché se è vero che l’industria dei viaggi non è la maggiore responsabile delle emissioni totali di gas a effetto serra, resta alta la percentuale del suo impatto (compresa tra l’8 e l’11%). I problemi ambientali come incendi, inondazioni, tempeste e innalzamento del livello dei mari, sono quelli più gravi e visibili, ma esiste anche il problema dell’over-tourism che sta distruggendo molte destinazioni, non solo a livello ambientale, ma anche comunitario. Il turismo responsabile si sta diffondendo sempre di più perché è evidente che i viaggiatori possono essere parte della soluzione

Dall’isola della Grecia da preservare alle zone agricole dell’Alentejo in Portogallo da tutelare per la mancanza di acqua, abbiamo selezionato 8 viaggi dove poter essere parte del cambiamento, in fatto di sostenibilità ambientale e non solo, prendendo spunto dall’annuale lista “52 Places” del “The New York Times” che proprio quest’anno ha deciso di dedicarla a quei luoghi dove gli sforzi della comunità spingono alla trasformazione, rendendo migliore il loro angolo di mondo di fronte a tutto ciò che è sbagliato.

Northumberland, Inghilterra

Le diverse coste della Gran Bretagna, dalle scogliere di Dover ai sentieri di Brighton, saranno presto unificate da un unico lungo sentiero (4.500 km). Il percorso è in parte sviluppato dall’organizzazione governativa Natural England e mira ad aumentare l’accesso pubblico alla costa, ripristinando al contempo i paesaggi, migliorando i collegamenti tra le comunità e promuovendo gli spostamenti sostenibili. I segmenti del sentiero che sono già stati inaugurati includono un tratto di 70 km nel nord-est, dal fiume Tyne alla costa del Northumberland, che è rappresentativa di buona parte dell’Inghilterra con le sue dune nebbiose, i promontori rocciosi e le spiagge selvagge. Ma il vero spettacolo va in scena di notte: il Northumberland International Dark Sky Park ha un inquinamento luminoso tra i più bassi del Paese e presenta una delle più grandi aree di cielo notturno protetto d’Europa. 

Alentejo, Portogallo

L’Alentejo è una delle zone del Portogallo naturalmente vocate alla produzione di vino (soprattutto rossi) grazie al clima prevalentemente soleggiato, al terreno, ai vitigni autoctoni e a una tradizione vinicola secolare. Manca però la pioggia, in maniera sempre maggiore. Il riscaldamento globale minaccia sempre di più questa regione arida, così nel 2015 la regione ha creato il Programma di Sostenibilità dei Vini dell’Alentejo. Dando priorità alla conservazione dell’acqua, con misure come lo sviluppo di colture di copertura per la ritenzione idrica e la creazione di stagni per raccogliere l’acqua piovana, il programma ha aiutato le aziende vinicole a ridurre il loro consumo medio di acqua del 20%; alcune cantine, addirittura, sono passate dall’utilizzo di 14 l di acqua per produrne uno di vino a 6 l. I progetti futuri includono un calcolatore online gratuito per tutti i membri del programma per misurare le loro impronte di carbonio e acqua che si aggiungerà al già in atto processo di certificazione che verifica che le aziende vinicole stiano seguendo iniziative verdi. 

Arcipelago delle Lucayan, Bahamas

Negli ultimi 50 anni la popolazione globale di squali è calata drasticamente, diminuendo di oltre il 70%. I motivi principali sono due: la pesca industriale che li cattura per caso e il fatto che per alcune popolazioni è un pasto piuttosto comune. Eppure gli squali,come dice la scienza, sono i ‘globuli bianchi’ dei mari, in grado di ripulire le acque da animali malati, morenti e morti. La buona notizia è che sono in corso sforzi per preservare questi predatori. Nel 2011 le Bahamas hanno istituito il Bahamas Shark Sanctuary, il primo nell’Oceano Atlantico. Ora si definiscono la ‘capitale mondiale delle immersioni con gli squali’. Durante la pandemia, Turks e Caicos – che, insieme alle Bahamas, fanno parte dell’arcipelago delle Lucayan, un importante habitat per gli squali e che hanno già vietato la pesca degli squali – hanno iniziato una collaborazione con la Caribbean Shark Coalition per raccogliere dati che serviranno a stabilire ulteriori misure di protezioni.

Evia, Grecia

La cucina sociale Other Human è stata fondata più di 10 anni fa, servendo Atene, Salonicco e l’isola di Evia dopo la crisi finanziaria della Grecia. Mentre il Paese si sta riprendendo dagli incendi e dalle inondazioni dello scorso anno, Other Human si è ampliata per aiutare coloro che hanno perso i loro mezzi di sostentamento e accoglie i viaggiatori che vogliono partecipare. Durante le raccolte settimanali di cibo che si tengono nella capitale dell’isola Evia, Chalkida, i pasti vengono cucinati e consumati insieme con le persone bisognose per creare senso di comunità. I volontari sono invitati ad aiutare a cucinare, a preparare le ceste con cibo e beni di prima necessità e a contribuire con fondi per ricostruire le scuole e aiutare la gente del posto con il pagamento delle bollette. Gli incendi hanno distrutto case, aziende, uliveti e un terzo della foresta di pini di Evia, che era fonte preziosa di materie prime quali resina e miele. L’incremento del turismo, a differenza che in molti altri posti, è importante per la ripresa economica di quest’isola, facilmente raggiungibile da Atene. 

Riserva della biosfera di Dana, Giordania

Arroccate su una scogliera che domina la valle centrale della più grande riserva naturale della Giordania, si trovano le pittoresche case in pietra di epoca ottomana del villaggio di Dana. Un tempo abbandonato dalla tribù degli Ata’ta, l’insediamento è stato riportato in vita grazie a un progetto di ecoturismo che mira a preservare la biodiversità dell’area e a rafforzare le comunità locali. Molte delle case del XV secolo sono state convertite in eco-alloggi con giardini terrazzati e frutteti, creando un’oasi sopra le pianure desertiche sottostanti. Lungo le strade acciottolate del villaggio, le donne del posto vendono gioielli artigianali e marmellate fatte in casa e prodotte con i frutti coltivati in loco. Il villaggio di Dana segna l’inizio del sentiero escursionistico di Wadi Dana, lungo nove miglia, che attraversa la riserva, uno spettacolo naturale stupendo. La riserva ospita 833 specie di piante e diverse specie di uccelli in via di estinzione, oltre a rovine archeologiche di epoca bizantina, nabatea e romana, tra cui le antiche miniere di rame di Wadi Faynan.

Marrakech Marocco

Sebbene qualche traguardo, in materia di parità di genere, sia stato recentemente raggiunto in Marocco, il Paese resta al 144° posto (su 156 Paesi) in uno studio del World Economic Forum. Fortunatamente alcuni imprenditori stanno creando fondazioni, cooperative, negozi e ristoranti per dare lavoro, istruzione e potere alle donne marocchine. Poiché molti di essi si trovano a Marrakech, un viaggio in questa splendida città offre ai visitatori l’opportunità di dare il proprio contributo. La boutique Al Kawtar, fornita di abiti, borse e altri tessuti cuciti da donne disabili, gestisce anche una casa dove le donne vivono e ricevono assistenza. Per i tappeti, si può visitare l’atelier di Salam Hello, che si impegna a pagare un salario equo alle tessitrici, per lo più donne che vivono in campagna e a utilizzare i profitti per aiutarle ulteriormente. Il viaggio “responsabile” può continuare anche a tavola, prenotando un pasto tradizionale marocchin da Amal, un ristorante che fornisce assistenza diretta alle donne svantaggiate e contribuisce a finanziare un’associazione no-profit che si occupa di formare le donne in ambito culinario. Infine è consigliato il Peacock Pavilions, un resort di lusso, situato in un uliveto fuori Marrakech, di proprietà dei creatori del Project Soar, che fornisce istruzione e formazione alla leadership alle ragazze adolescenti.

Vanuatu

Probabilmente per molti è la prima volta che sentono nominare questo piccolo Paese dell’Oceania, ma chi ha avuto la fortuna di visitarlo racconta entusiasta delle incredibili piscine di Vanuatu, ognuna delle quali con una tonalità di blu leggermente diversa. I viaggiatori non possono più nuotare in queste piscine naturali d’acqua dolce da marzo 2020. Durante la pandemia, infatti, questo insieme di circa 80 isole, sparse in un arco di 800 miglia del Pacifico meridionale, ha chiuso le sue frontiere ma ha anche dovuto fare i conti con la fragilità della sua bellezza. Oltre a essere costantemente tra le nazioni più felici del mondo, Vanuatu è il Paese più a rischio di disastri al mondo e il cambiamento climatico sta contribuendo a questi disastri, tra cui i cicloni e l’innalzamento del livello del mare. Questo piccolo Paese di circa 300.000 abitanti è per questo ora impegnato  per ottenere dalla Corte Internazionale di Giustizia un parere legale sugli obblighi reciproci dei Paesi ad agire per rallentare il cambiamento climatico. Affrontare quest’area attualmente irrisolta del diritto internazionale potrebbe influenzare le politiche non solo a Vanuatu, ma ovunque si viaggi.

Foresta pluviale di Daintree, Australia

La foresta pluviale di Daintree, risalente a 180 milioni di anni fa e situata nel Queensland settentrionale, è uno degli ecosistemi più complessi al mondo. Parte di un sito Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, l’area ospita una ricca fauna selvatica e una lussureggiante flora tropicale e fiumi di acqua cristallina, che scorrono fino alle spiagge di sabbia bianca che si affacciano sulla Grande Barriera Corallina. La regione è sempre stata molto apprezzata dai turisti. Ma nel 2021 è diventata una destinazione ancora più interessante, dopo che quasi 400.000 acri di terra, tra cui Daintree, sono stati restituiti agli Eastern Kuku Yalanji, un popolo aborigeno che si ritiene abbia vissuto nella zona per oltre 50.000 anni. La speranza è che il trasferimento di proprietà incoraggi i visitatori a conoscere meglio la cultura e la gestione ecologica degli Eastern Kuku Yalanji, oltre a offrire opportunità di carriera ai membri della tribù. È un esempio del ruolo sempre più vitale che gli indigeni australiani stanno assumendo nell’industria turistica del Paese.