Gianmarco Franchini

Gianmarco Franchini

Gianmarco Franchini è passato dal rifare il monologo del “Gladiatore” davanti allo specchio del bagno, all’esordio da protagonista nell’ultimo film di Stefano Sollima, “Adagio”, accanto a star come Favino e Servillo, dai quali ha imparato un paio di cosette che non dimenticherà

di Natascha Lusenti

«Non voglio annoiarmi». Perciò ha scelto di fare l’attore e se l’è tenuto dentro per 18 anni, senza dirlo a nessuno, «poi quando l’ho detto a casa, la mia paura – che qualcuno o il destino mi dicesse non puoi farlo, non sei portato – era niente in confronto alla paura di mamma». Che, infatti, lì per lì non capisce – «qui in paese mi dicevano “Non è gente come noi che ce la fa”» – e i due non si parlano per un po’.

Intanto, lui frequenta la casa del nonno, «l’unico che mi diceva “Vai!”», si mette a fare il cameriere, prova a entrare in Accademia (la YD’Actors di Yvonne D’Abbraccio, «la mia mamma artistica, una che crede nei sogni dei ragazzi»), finché non ci riesce e le cose vanno a posto e i genitori – il papà è guardia carceraria – gli pagano gli studi e ora ha come sfondo del cellulare la foto più famosa di De Niro in Taxi Driver – «il mio idolo, se dovessi vederlo piangerei» – ma era pronto a fare da solo: «Ci sono stati anche 32 giorni con 30 euro in tasca, a Roma, senza una casa, dormivo da qualche amico, però lo rifarei».


Giacca Moschino, camicia e cravatta Paul Smith, pantaloni PT Torino, stivali Saint Laurent by Anthony Vaccarello

Gianmarco Franchini è stato scelto per interpretare Manuel, il giovane protagonista di Adagio – una produzione The Apartment Pictures (società del gruppo Fremantle), Vision Distribution (società del gruppo Sky), AlterEgo, in collaborazione con Sky e con Netflix, musiche originali dei Subsonica – quando «non sapevo neanche come funzionasse un provino» e ha scoperto che può durare «cinque mesi. È stato tosto, andavo e mi dicevano “Okay, vieni la prossima volta” e aggiungevano scene», ma per lui, che era appena al primo anno di Accademia, era più una cosa tipo «facciamo questo provino così tanto per» che non «oh, cavolo, magari lo vinco anche».

Ha conquistato la fiducia di Stefano Sollima quando «neanche sapevo come potesse essere un regista, come si comportava con gli altri», benché sia «cresciuto con Romanzo criminale – La serie, so le battute a memoria, e ho visto Suburra e la serie Gomorra». E comunque Sollima – che oltre a dirigere il film, un noir crepuscolare, ha scritto soggetto e sceneggiatura con l’amico Stefano Bises – «di persona è meglio di come me l’aspettavo». Si è trovato a girare una scena con Pierfrancesco Favino senza avere idea dell’inquadratura: «Mi stavo sistemando la canottiera e lui mi fa “Ma tanto non si vede”, io faccio “In che senso?”» e, da quel momento, Favino l’ha interrogato sulle lenti utilizzate: «Dovevo indovinare guardando la distanza tra la macchina da presa e ciò che inquadrava. Era divertente, ma non facile».

Gianmarco Franchini
Giacca Moschino, camicia e cravatta Paul Smith, pantaloni PT Torino, stivali Saint Laurent by Anthony Vaccarello

Sul set ha scoperto che gente come Valerio Mastandrea (nel film, Polniuman) o Adriano Giannini (Vasco) «studiano ancora, dopo tutta la carriera che hanno fatto», e che uno come Toni Servillo, due volte Best European Actor – nel film è Daytona, un vecchio ex criminale, padre di Manuel – «era dispiaciuto», perché tre mesi per preparare il suo personaggio non gli sembravano abbastanza e, invece, «ragazzi come me credono di riuscire a fare un personaggio in qualche giorno».

Beata gioventù, e per fortuna, perché se al primo provino uno fosse consapevole di quante cose dovrà imparare gli tremerebbero le gambe conoscendo i nomi degli attori con cui dovrà recitare. Meglio affrontarli come personaggi. Prendi uno come Favino, nel film è Cammello – testa calva, canotta scura, borsello a cintura, libero dopo dieci anni di carcere e due di manicomio criminale – e quasi irriconoscibile: «Sì, infatti a me faceva paura», e in effetti è parecchio brutto, ma «con il trucco non ti veniva da dire “Ah, Pierfrancesco Favino, ora facciamo la scena insieme”» e, al contrario, «è capitato che l’ho visto due o tre volte senza il trucco e mi metteva più soggezione, dicevi “Ah, è lui, vedi, è proprio lui”», quello che l’avrebbe anche interrogato su qual era la lente montata sull’obiettivo. E un membro dell’Academy Awards dal luglio 2020.

Gianmarco Franchini
Giacca, top, pantaloni e stivali Saint Laurent by Anthony Vaccarello

Franchini è arrivato a 20 anni – compiuti l’ottobre scorso – provando in bagno le sue scene preferite dei film: «Quella di Russell Crowe nel Gladiatore, “Mi chiamo Massimo Decimo Meridio”, lo specchio del mio bagno l’ha vista talmente tante volte, perché dicevo “Sì, è bellissimo come l’hanno fatta loro, però io l’avrei fatta in modo diverso”, quindi mi mettevo lì a rifarla, sempre di nascosto perché mi vergognavo», perché a Paliano, provincia di Frosinone, «7.900 abitanti… un bel paese», se dici «che vuoi fare l’attore, ti prendono un po’ in giro» e invece lui pensava che «le emozioni che provavano loro, nei film, questi personaggi, nella vita reale non potevo provarle», quindi «mi piacerebbe fare l’attore per spaziare da un’emozione all’altra».

E che emozione dev’essere stato vincere il Nuovo Imaie Talent Award 2023, all’ultima Mostra del cinema di Venezia, per il modo in cui, sullo schermo e sulla scena, come si legge nelle motivazioni, “si muove con sicurezza” e per la “purezza del suo sguardo che brilla”. Come le stelle: «Mi piacciono molto, la mia materia preferita al liceo era Fisica, che secondo me è simile alla recitazione». Questo, però, ce lo facciamo spiegare al prossimo film.

In apertura Gianmarco Franchini indossa camicia e cravatta Paul Smith, pantaloni PT Torino. Photos by Giampaolo Sgura, styling by Edoardo Caniglia. Grooming: Kiril Vasilev @Green Apple. Styling assistants: Valentina Volpe, Emily Cervi, Jacopo Ungarelli.