I jeans Levi’s in mostra a Milano: dentro le storie di un fenomeno culturale
Marlon Brando nel film "Il selvaggio" (Photo by John Springer Collection/Corbis via Getty Images)

I jeans Levi’s in mostra a Milano: dentro le storie di un fenomeno culturale

di Simona Santoni

Dalla giacca di Albert Einstein ai pantaloni dipinti da Damien Hirst, al Mudec l’archivio del brand che ha vestito e costruito icone. «Attraverso i nostri jeans esploriamo i cambiamenti culturali nel corso del tempo»

Dici Levi’s e balena in mente una folla di immagini cult: Marlon Brando ribelle e ombroso ne Il selvaggio, Marilyn Monroe ammiccante in posa, stuoli di giovani pacifisti nei cortei anni ’60 e ’70, il Time che nel 1999 proclama il blue jeans “abbigliamento del XX secolo”, Barack Obama presidente in denim…

Levi’s è la storia di un vero e proprio fenomeno culturale. Che ora rivive a Milano, presso lo Spazio delle Culture al Mudec, nella mostra Icons, Innovations & Firsts. Stories of Heritage and Progress from the Levi’s® Archives. In occasione della Milano Design Week, fino al 26 aprile, è possibile esplorare il ricco patrimonio del marchio, ripercorrendo la sua evoluzione in 150 anni di vita, dalla sua invenzione nel 1873 a oggi. Da quando il jeans era indumento di lavoro, nato per minatori e cowboy, a quando è diventato capo amato dalle star di Hollywood, simbolo della controcultura, indumento immancabile in ogni guardaroba, tessuto iconico ora alla sfida della sostenibilità.

Steve Jobs in jeans Levi's
Photo by Justin Sullivan/Getty Images
Steve Jobs in jeans Levi’s a Macworld Expo, San Francisco, 11 gennaio 2005

Jeans Levi’s: Steve Jobs e i minatori a confronto

«Abbiamo portato 31 pezzi dagli archivi Levi’s di San Francisco e li abbiamo divisi in tre diverse sezioni: Icons, Innovations & Firsts», ci spiega Tracey Panek, curatrice della mostra e Historian Levi’s, che ci illustra in prima persona la sala espositiva al Mudec. «Ecco, vedi le gocce di cera delle candele sul tessuto? Questo Levi’s è del 1900 circa ed era indossato da un minatore: era un lavoratore che svolgeva un duro impiego manuale, con addosso i suoi pantaloni da lavoro che hanno anche un paio di bretelle. E poi, ecco, 100 anni dopo, un altro lavoratore: Steve Jobs», sorride Panek.

Dopo aver ammirato sotto la sezione Firsts uno dei più vecchi denim, un Lot 201 Jean, lo sguardo viene catapultato al Levi’s 501 indossato dal fondatore di Apple, nella sezione Icons. Due tipi di pantaloni da lavoro molto diversi tra loro, ovviamente, anche se a livello estetico non così differenti. È soprattutto il loro significato ad essersi trasformato nel tempo.
«La mostra vuole esplorare questo cambiamento: come la cultura e la storia sono mutate nel corso dei decenni», chiosa la storica della Levi’s.

Mostra Levi's al Mudec
Credits: Leonardo Malé
I jeans più vecchi degli Archivi Levi’s

In mostra il jeans Levi’s più vecchio

Il capo più importante in mostra è però il primo jeans 9Rivet, così chiamato perché ha solo nove rivetti: è il primo jeans “moderno”. Risale al 1873-1874, il periodo in cui Levi Strauss & Co. ricevette il brevetto per rivettare le tasche.

Il lavoro di stabilizzazione e conservazione di questo jeans ultracentenario è stato certosino ed è durato tre settimane. «Prima dell’opera di conservazione il jeans era in rovina. Era un insieme di tanti piccoli pezzi», ci racconta Paul Dillinger, vice presidente della Global Design Innovation di Levi Strauss & Co.. «È stato un onore come designer essere invitato a questo compito. Abbiamo creato una sorta di jeans fantasma, che abbiamo inserito con molta attenzione all’interno del 9Rivet, ricucendo quindi tutti i piccoli pezzi al loro posto. Essendo un vecchio indumento, così malridotto, ti aspetteresti che sarebbe stato facile cucire le parti e invece… i filati avevano fibre di cotone così lunghe e così strettamente attorcigliate che, anche dopo 150 anni, era davvero difficile cucirlo. Per infilarci l’ago spingevo forte con il pollice: è un denim incredibilmente forte e robusto».

Marilyn Monroe in jeans Levi's
Photo by Sunset Boulevard/Corbis via Getty Images
Marilyn Monroe in jeans Levi’s sul set del film “The Misfits” di John Huston

Levi’s, due storie affascinanti in mostra

Sempre sotto la sezione Firsts della mostra ci sono due capi dalla storia molto affascinante. Il Viola 401 Jean è il più antico paio di Levi’s da donna negli Archivi. «All’inizio degli anni ’30 l’azienda introdusse un blue jeans per donne», riprende Panek. «Questo pantalone prende il nome dalla donna che lo indossava, Viola Longacre di Fresno, California: aveva scritto il suo nome all’interno della tasca interiore. Lo acquistò mentre andava all’università per diventare insegnante: le lezioni si tenevano all’aperto in montagna, così comprò un paio di blue jeans. Oggi abbiamo la linea di abbigliamento Levi’s Vintage Clothing che ha appena riprodotto i Viola: così è possibile avere con sé un po’ di Viola. Una delle cose che amo di questa mostra è che dà la possibilità di condividere le storie che ci sono dietro ai vari capi».

Mostra Levi's al Mudec
Credits: Leonardo Malé
Il Viola 401 Jean e Levi’s Koveralls del 1915

Sa un po’ d’Italia, invece, la storia dietro al Levi’s Koveralls del 1915, una tutina per bambini in denim prodotta presso la fabbrica Levi Strauss & Co. di Valencia Street a San Francisco. È qui che trovavano spesso lavoro immigrati italiani come Masilia Foppiano Giusti. Masilia potrebbe essere stata selezionata per cucire Koveralls presso la sala espositiva di LS&Co. alla Panama Pacific International Exposition, dove l’azienda ottenne il primo premio per essere stata la prima a creare un processo di produzione industriale nel settore dell’abbigliamento.

«Questo è il mio capo preferito: amo la sua storia», ci dice Panek entusiasta. «Masilia era un’immigrata italiana. Nata a Genova nel 1891, emigrò negli Stati Uniti quando aveva 17 anni e trovò lavoro presso la nostra fabbrica a San Francisco. La sua famiglia mi ha dato una foto che la ritrae fuori dalla nostra fabbrica insieme ad altri operai: allora stavano realizzando le tute 501. L’anno prima che Henry Ford creasse la prima catena di montaggio per automobili, noi la utilizzavamo per i vestiti. La pronipote di Masilia oggi lavora come impiegata per Levi’s. È una storia sull’immigrazione e sul legame multigenerazionale con Levi’s».

Il jeans tela d’artista per Damien Hirst

È un’esplosione di colori in spin painting, da spiaggia tropicale, il Levi’s in mostra by Damien Hirst. Ovviamente siamo sotto la sezione Icons. «Qui esponiamo pezzi d’artista. Per Hirst i blue jeans sono diventati una tela su cui dipingere», racconta Panek.

Ed ecco quindi i jeans realizzati in collaborazione con la Warhol Factory, con schizzi dell’opera di Andy Warhol ispirati a L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Li rende ancor più unici il fatto che i disegni sono visibili solo se illuminati con una specifica luce.
«Sono schizzi che Warhol creò su commissione per una mostra a Milano, che si tenne nel 1987 di fronte alla chiesa di Santa Maria della Grazie, dove si trova l’Ultima Cena originale. Sono visibili solo sotto la luce, il che è piuttosto simbolico: Warhol era cristiano cattolico ma anche omosessuale, c’era quindi una tensione tra la sua religione e la sua sessualità, che esplorò mentre lavorava a The Last Supper».

Mostra Levi's al Mudec
Credits: Leonardo Malé
Il Levi’s by Damien Hirst in mostra al Mudec di Milano

La giacca di pelle di Albert Einstein

Ecco poi in mostra un Levi’s creato per l’attore e cantante Bing Crosby e l’iconica giacca in pelle “Menlo Cossack” di Albert Einstein. «Negli anni ’30 Einstein arrivava in America, scappando dalla Germania e dai nazisti. Comprò la giacca di un’iconica azienda americana mentre stava per avere la cittadinanza americana; fu fotografato con questa addosso per la copertina del Time del 1938. È stato probabilmente il pezzo più delicato da portare qui perché, a differenza del denim, è molto fragile nel tempo». La cosa più incredibile? Conserva ancora l’odore del fumo di tabacco che ha annusato lo stesso Einstein.

«E sì, Einstein era un fumatore di pipa incessante e, anche sessant’anni dopo la sua morte, la sua giacca conserva un debole profumo di tabacco da pipa dolce», ci rivela Dillinger. «Abbiamo quindi pensato di riprodurre questo profumo: una calda miscela di tabacco da pipa, manoscritti e libri, pelle vintage. Chi acquista la riproduzione della giacca Menlo Cossack di Levi’s Vintage Clothing ha anche questo speciale olio essenziale».

La sostenibilità secondo Levi’s

Sotto la sezione Innovations della mostra al Mudec, tra i pezzi Levi’s futuristici, c’è un capo che oggi fa sorridere: il RedWire DLX Jeans del 2006. Il jeans integra la tecnologia plug and play dell’iPod e ha lo speciale joystick incorporato nel taschino dell’orologio. «Una delle nostre prime avventure nella tecnologia indossabile. Ma indumenti destinati a durare 150 anni non riescono a tenere il passo con la tecnologia, che si muove così velocemente», dice Dillinger in un sorriso. La Levi’s x Google Jacquard Trucker invece è una giacca che si connette allo smartphone tramite uno smart tag Bluetooth presente nella manica.

Mostra Levi's al Mudec
Credits: Leonardo Malé
Sullo sfondo Plant-Based 501e Circular 501 Jeans, i due pantaloni Levi’s sostenibili

Ma la vera innovazione oggi è altrove. Plant-Based 501 e Circular 501 Jeans sono lo sforzo di Levi’s a una moda sostenibile. «Ci si può chiedere cosa ci sia di nuovo oggi per uno stilista nel progettare un Levi’s, visto che il 501 è già così buono. In realtà c’è tanto da fare. Ma la sfida è: quanto si può cambiare e migliorare senza che nessuno se ne accorga? I designer solitamente vogliono farsi notare; quando lavori con un 501, invece, la missione è essere silenziosi. Il cambiamento deve valere la pena». E vale la pena nel caso dei due jeans del futuro.

Plant-Based 501è realizzato con almeno il 97% di materiali di origine vegetale, con cotone organico certificato, coloranti naturali, back patch a base vegetale e inchiostro ricavato dagli scarti del legno. I Circular 501 sono per il 40% in fibre riciclate e per il 60% di cotone organico, materiali che possono a loro volta essere riciclati.
«La sostenibilità è una sfida difficile, non esiste una risposta unica. Varie sono le problematiche, molteplici le soluzioni su larga scala che l’industria deve intraprendere in un futuro molto prossimo». Parola del vice presidente della Global Design Innovation di Levi’s.